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Migranti, 10 anni di naufragi nel Mediterraneo: è cambiato qualcosa?

Il 3 ottobre 2013 affondarono 523 persone. Oggi non esiste un sistema europeo di salvataggi. In un decennio si contano almeno 25mila morti

Nel 10° anniversario della strage dei migranti affondati a poche miglia dalle coste di Lampedusa, il 3 ottobre 2013, si è celebrata ancora una volta la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione. Cosa è cambiato da allora? Un’imbarcazione con 523 persone a bordo – uomini, donne e bambini – prese fuoco e si inabissò. Furono 368 le vittime e 155 i sopravvissuti. È stata un’ecatombe, la peggiore che si conosca nel nostro mare, salvo forse quella di Pylos, in Grecia, lo scorso 14 giugno.  

Pochi giorni più tardi, l’11 ottobre 2013, un altro barcone stracolmo di migranti s’inabissò a sua volta, non lontano dall’Italia. Perirono nel naufragio 268 siriani, di cui almeno 60 erano bambini. I superstiti furono 212.

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Un’installazione a 10 anni dalla strage di Lampedusa. Foto Ansa/Mourad Balti Touati

L’operazione Mare Nostrum

Alcuni di essi raccontarono il dramma vissuto, quando una motovedetta libica sparò loro contro danneggiando il peschereccio che cominciò a imbarcare acqua. Furono vani i tentativi di chiedere soccorso alle autorità italiane, con responsabilità acclarate di Marina militare e Guardia costiera italiane. E un processo finito in prescrizione lo scorso dicembre. Non di naufragio si parla in questo caso, infatti, ma di strage, la ‘strage dei bambini’.

In seguito al naufragio di Lampedusa, il Governo italiano, guidato dall’allora presidente del consiglio, Enrico Letta, decise di rafforzare il pattugliamento del Canale di Sicilia. E autorizzò l’Operazione Mare Nostrum: una missione militare e umanitaria la cui finalità era di prestare soccorso ai migranti prima che potessero ripetersi altri tragici naufragi nel Mediterraneo. L’operazione Mare Nostrum salvò 160mila vite umane in mare ma durò solo un anno.

Il Mediterraneo è un cimitero

L’allora ministro degli Interni, Angelino Alfano, sostenne la necessità di far terminare Mare Nostrum per sostituirla con un’operazione europea, Frontex plus, dal novembre 2014. Col passare degli anni, però, l’attività di ricerca e soccorso (Search and Rescue) si è tradotta essenzialmente nel tentativo di controllare i confini: le cosiddette frontiere esterne dell’Unione europea. A 10 anni dalla tragedia dei migranti a Lampedusa gli sbarchi, i naufragi e i morti in mare non sono cessati e neppure diminuiti di numero. Si stimano almeno 25mila persone morte ingoiate dal Mar Mediterraneo. Non a caso lo stesso papa Francesco ha definito il Mediterraneo un “cimitero“.

Migranti, nessun sistema europeo

Non esiste, a oggi, un sistema coordinato a livello europeo per salvare le vite dei migranti in mare. Tutto è rimesso alla buona volontà della Guardia costiera del paese di turno. I governi di vari paesi, Italia per prima, criminalizzano le attività delle navi delle organizzazioni non governative che salvano i naufraghi e ne penalizzano il funzionamento. Rispetto all’afflato umanitario di 10 anni fa oggi prevalgono xenofobia e razzismo, e la volontà del Governo Meloni di respingere i migranti e “dissuadere i salvataggi in mare“, secondo le parole del presidente della Commissione cultura della Camera, Federico Mollicone (Fratelli d’Italia).

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Croci sul luogo del naufragio a Steccato di Cutro. Foto Ansa/Carmelo Imbesi

Il naufragio di Cutro

Ma non basta, perché lo scorso 26 febbraio si è verificato uno dei più gravi disastri in acque italiane che riguardino migranti, dopo quello del 2013: il naufragio di Cutro (Crotone), in Calabria. Almeno 94 le vittime e un numero sconosciuto di dispersi, forse 11, mentre furono 80 i sopravvissuti. Quel naufragio è passato alla storia perché i soccorsi italiani sarebbero arrivati consapevolmente in ritardo (c’è un’inchesta della magistratura in corso). E anche a causa delle dichiarazioni del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. Il capo del Viminale affermò infatti che la disperazione non potevamai giustificare viaggi che mettono in pericolo i propri figli” così addossando parte della colpa di quelle morti ai migranti stessi.

Meloni, la Tunisia e Dublino

La premier Meloni parla anche di “fermare le partenze” e ha tentato di lanciare un’iniziativa all’ONU, lo scorso 20 settembre, per “una guerra globale ai trafficanti di esseri umani“. Ha quindi rilanciato il suo Piano Mattei per l’Africa, dopo aver organizzato a Roma, lo scorso luglio, una conferenza sulle migrazioni e aver stretto un patto con la Tunisia – firmato anche dal premier olandese Rutte e dalla presidente dell’esecutivo Ue, von der Leyenche però non sta funzionando.

Di pochi giorni fa è invece il nuovo Piano della Commissione europea in 10 punti per far fronte al problema migranti. Ma non c’è traccia in tutta l’Unione di una riforma del trattato di Dublino, vecchio di trent’anni, che impone maggiori oneri ai paesi di primo ingresso dei migranti, come l’Italia. Il regolamento obbliga i paesi di primo ingresso all’esame delle domande di asilo di chi varca i loro confini. Un accordo, quello di Dublino, di cui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha invocato il superamento, definendolo “preistoria“.

Migranti, sbarchi raddoppiati

Manca inoltre una nuova intesa fra gli Stati membri della Ue sulla redistribuzione dei migranti che sbarcano sulle coste italiane e non solo. I quali sono una parte di coloro che entrano in Italia illegalmente. Secondo i dati del ministero dell’Interno, accessibili dal sito del Viminale, fra il 1 gennaio e il 2 ottobre 2023 sono sbarcati sulle coste italiane 134.162 migranti. Nello stesso periodo dello scorso anno erano stati 72.209, e nello stesso periodo del 2021 erano stati 47.020. Un boom, in particolare, si è verificato in settembre a Lampedusa, con 7mila persone sbarcate in poche ore, tanto da superare il numero di abitanti presenti sull’isola.

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Tre donne arrivate su una barca dalla Tunisia: due tetraplegiche e una paraplegica. Foto Twitter @AngiKappa

Non mancano invece meccanismi tesi a favorire l’immigrazione legale dai paesi in via di sviluppo per assunzione con regolare contratto da parte di un’azienda. E ogni anno, in Italia, il Governo stabilisce il numero di immigrati extracomunitari che possono legittimamente risiedere nel nostro paese per lavorare, tramite il cosiddetto decreto flussi. Si tratta di 82.705 persone per l’anno 2023. Un numero che tuttavia resta ancora insoddisfacente per molti imprenditori, soprattutto delle regioni del Nord, che faticano sempre di più a trovare manodopera qualificata fra i lavoratori italiani.

Migranti ed elezioni europee

La salvezza delle vite dei migranti, l’accoglienza e, in termini più generali, le gestione dei flussi, sono infine complicati dal fatto che i partiti politici di tutta Europa sono adesso in campagna elettorale. Dal 6 al 9 giugno 2024 si svolgeranno infatti le elezioni del Parlamento europeo. Così da un lato il Governo di Giorgia Meloni decide un’ulteriore stretta con i nuovi Centri di frontiera per le espulsioni accelerate e la cosiddetta ‘cauzione di Stato‘. E polemizza con i giudici di Catania.

Bimbi muoiono e nascono in mare

Dall’altro la Germania finanzia navi delle ong che effettuano operazioni di salvataggio dei profughi nel Mediterraneo. Salvo stringere sui controlli alle proprie frontiere. Come fa anche la Francia alla frontiera di Ventimiglia. Così come al Monginevro e zone limitrofe, respingendo a Oulx, in Val di Susa, i migranti irregolari che tentano di attraversare le Alpi. Intanto in mare i bambini continuano a morire a bordo di barconi non soccorsi che si inabissano, come avvenuto di recente in Grecia, a Pylos. In altri casi muoiono di fame e di sete, come nel 2022 al largo di Malta. In altri ancora per una bimba che muore un’altra nasce a bordo delle motovedette di soccorso.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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