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Fallisce Evergrande: la bolla immobiliare in Cina pesa sulle relazioni con gli Usa

La società di Pechino ha fatto appello a un tribunale di New York per non vedersi sequestrati dai creditori i propri beni che si trovano negli Stati Uniti

China Evergrande, il promotore immobiliare cinese più indebitato al mondo e diventato il simbolo della crisi del settore in Cina, ha presentato istanza di fallimento. Evergrande ha inoltre chiesto la protezione dai creditori in un tribunale a New York.

La società ha invocato il capitolo 15 del codice fallimentare degli Stati Uniti. Tale normativa protegge le società non statunitensi in fase di ristrutturazione dai creditori che puntano a fare causa. O a bloccarne i beni aziendali negli Stati Uniti. Evergrande chiede dunque il riconoscimento dei colloqui di ristrutturazione in corso a Hong Kong, nelle Isole Cayman e nelle Isole Vergini britanniche.

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Foto Twitter @formichenews

Cina, l’immobiliare in crisi

L’istanza di Evergrande arriva tra i crescenti timori che i problemi nel settore immobiliare cinese possano diffondersi ad altre parti dell’economia del paese. Il tutto mentre sta rallentando la crescita del Pil. Dall’inizio della crisi del settore immobiliare in Cina, alla metà del 2021, le società che rappresentano il 40% delle vendite di case cinesi sono fallite. Nell’arco di appena due anni.

Anche la salute di Country Garden, il più grande promotore immobiliare privato della Cina, sta preoccupando gli investitori. L’azienda comincia a non riuscire a pagare gli interessi. Dal canto suo Evergrande recentemente aveva 330 miliardi di dollari di passività.

La mossa di Evergrande

L’iniziativa di Evergrande sulla bancarotta protetta negli Usa (ex capitolo15) rappresenta una svolta nei due anni di crisi del colosso cinese. La mossa, relativa a oneri offshore per 31,7 miliardi di dollari tra bond, garanzie e obblighi di riacquisto, è maturata un po’ a sorpresa. Il 16 agosto il gruppo aveva annunciato il rinvio dal 23 al 28 agosto della riunione dei creditori sulla ristrutturazione del debito. Un aggiustamento al piano che era apparso tecnico. Con l’obiettivo di affinare i dettagli in vista dei negoziati.

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Il presidente della Cina, Xi Jinping. Foto Twitter @GaoFalin

La controllata di veicoli elettrici

Ma anche per dare ai creditoritempo per considerare” l’ultima proposta di vendita di nuove azioni della controllata di veicoli elettrici quotata a Hong Kong, China Evergrande New Energy Vehicle Group (-8% a Hong Kong), a NWTN (Zhejiang) Automobile. Ovvero alla società di prodotti per la mobilità con sede a Dubai e quotata al Nasdaq, che fa capo all’imprenditore cinese Alan Nan Wu. In base alla proposta, NWTN acquisirà il 27,5% del capitale azionario – con uno sconto unitario del 63% – dell’unità EV di Evergrande. Per quasi 500 milioni di dollari (3,88 miliardi di dollari di Hk) al fine di “sostenere la ripresa e la crescita aziendale” di Evergrande.

Evergrande e le relazioni Cina-Usa

Sul gruppo, finito nella stretta ai prestiti bancari decisa dalla leadership comunista della Cina circa 2 anni fa per abbattere l’impennata del debito, è caduta anche un’altra tegola. Quella della controllata al 63% Hengda Real Estate: il suo core business immobiliare. La compagnia è finita nel mirino della China Securities Regulatory Commission (l’autorità di vigilanza e regolamentazione sui titoli) per la sospetta manipolazione dei dati finanziari. Pur non essendo quotata, Hengda ha continuato ad emettere bond e a raccogliere finanziamenti a dispetto delle difficoltà della holding. Ora resta da capire, in merito alla procedura della protezione del capitolo 15 che Evergrande ha attivato, quanto la vicenda peserà sulle pessime relazioni tra Washington e Pechino, malgrado un recente tentativo di disgelo. E, soprattutto, quanto peserà sull’economia cinese in affanno e alle prese con turbolenze finanziarie con rischi crescenti di contagio.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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