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Caso Orlandi, la Commissione parlamentare non decolla

Il fango su papa Wojtyla e l'avvio di una nuova indagine dei pm di Roma mettono in crisi i senatori malgrado il via libera della Camera

L’apertura di una nuova indagine da parte della procura di Roma sul caso di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana di 15 anni sequestrata e scomparsa a Roma, al centro di un giallo irrisolto da 40 anni, sembra avere spiazzato il Centrodestra. È a rischio l’approvazione del disegno di legge che dovrebbe istituire la Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Orlandi-Gregori.

Si è già ipotizzato di stralciare dal lavoro della Commissione il caso di Simonetta Cesaroni, la giovane brutalmente assassinata a coltellate in un ufficio di via Poma a Roma, nel 1990. E adesso verità e giustizia su Emanuela Orlandi e su Mirella Gregori – la coetanea romana di Emanuela sequestrata un mese e mezzo prima della Orlandi – sembrano allontanarsi dalle aule parlamentari.

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Un’immagine di Emanuela Orlandi

Pietro Orlandi su Wojtyla

Perlomeno da quelle del Senato. Dopo il voto all’unanimità della Camera dei Deputati, lo scorso 23 marzo, il disegno di legge sulla nascita di un organismo parlamentare con poteri inquirenti sul mistero delle ragazze sparite nel 1983 si è infatti arenato a Palazzo Madama. A riportare la notizia è Fabrizio Peronaci sul Corriere della Sera.

Le dichiarazioni delle scorse settimane di Pietro Orlandi su papa Wojtyla (“usciva la sera con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case“) hanno, come è noto, suscitato la secca replica di papa Francesco. E hanno fatto seguito alla clamorosa apertura in Vaticano di una formale inchiesta del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, per fare luce sul caso di Emanuela. Su input del Pontefice. Qualcosa che in 4 decenni non era mai accaduto.

Il nastro di Neroni

A monte delle dichiarazioni di Pietro Orlandi anche il nastro registrato dal giornalista Alessandro Ambrosini nel 2009 – ma reso noto soltanto nel 2022 – con la voce di Marcello Neroni. Un personaggio considerato vicino alla Banda della Magliana. Il quale fece affermazioni sconvolgenti su presunti comportamenti di natura pedofila di San Giovanni Paolo II, tutti da provare. E sui quali grava l’ombra di una credibilità, quella del Neroni, minata alla radice dal suo curriculum non certo limpido.

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Papa Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi ad Agrigento nel 1993. Foto Ansa/Vatican Media

La bufera di polemiche che ne è seguita sta rischiando di minare la credibilità delle affermazioni della stessa famiglia Orlandi. Sebbene Pietro abbia chiesto direttamente al Promotore Diddi di ascoltare Neroni prima possibile per verificare quanto abbia detto. Il pm vaticano ha risposto che lo farà. Ma può darsi che occorra anche sotto questo profilo la collaborazione della procura di Roma. In questi giorni però i pm capitolini, guidati di Francesco Lo Voi, hanno aperto a loro volta un’inchiesta e scambiato già diverso materiale con i colleghi della Sante Sede.

Lupacchini: “Chi indusse Neroni a parlare?

Sulle affermazioni dell’ex della Banda della Magliana Marcello Neroni quello che mi interessa capire è quale scopo si proponeva chi lo mandò a fare quelle dichiarazioni” ha dichiarato intanto all’Adnkronos l’ex magistrato Otello Lupacchini. L’ex pm ha indagato a lungo sulla malavita romana. “Neroni era un soggetto ‘border line’ rispetto alla criminalità e ai Servizi (segreti, ndr.), quindi il vero problema è capire chi e perché lo abbia indotto, 14 anni fa, a fare quelle dichiarazioni a ruota libera. Cosa si voleva far succedere?“. “Oggi tutto è ‘Banda della Magliana’, ma occorre parlarne per fatti accertati. Per i fatti in cui invece non ci sono prove lì ognuno può raccontare ciò che vuole“.

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Il senatore di Fratelli d’Italia, Marco Lisei. Foto Ansa/Riccardo Antimiani

Caso Orlandi, la paura dei senatori

Tutto quanto avvenuto dall’inizio di quest’anno, dall’apertura del caso in Vaticano in poi, sembra aver impaurito i senatori della Repubblica e anche il Governo. Soprattutto quelli di Fratelli d’Italia, il partito di maggioranza relativa, il cui capo è la premier Giorgia Meloni. Due settimane fa, ricorda il Corriere, il senatore Costanzo Della Pace (FdI) ha presentato un emendamento per accorciare a soli 2 anni la durata della Commissione. Adesso il senatore Marco Lisei, durante la seduta del 16 maggio, ha proposto di svolgere alcune audizioniper ulteriori chiarimenti.

Lisei ha ipotizzato una sorta di “convocazione preventiva sia “dei magistrati che seguono l’indagine“, sia “dei legali della famiglia Orlandi.” E ciò in quanto “rispetto al testo approvato, non si può non tener conto delle novità di cui si è avuta notizia nelle ultime ore. In particolare sulla riapertura del fascicolo da parte della procura di Roma e sulla decisione della Santa Sede di collaborare inviando gli atti richiesti.

“Una pausa per riflettere”

Una pausa “per riflettere l’ha chiamata il senatore. Una pausa per riflettere? Dopo 40 anni di misteri, depistaggi, inchieste giornalistiche e indagini della magistratura? E col Parlamento che mai ha istituito una Commissione d’inchiesta sul più grande cold case italiano dell’ultimo mezzo secolo? Le opposizioni, in particolare Pd e M5S, sono sulle barricate. Ma a questo punto è serio il rischio che l’istituzione della Commissione sul caso Orlandi-Gregori, depennato del caso Cesaroni, rischi di entrare nel porto delle nebbie. Che, per una volta, non è quello della procura di Roma.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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