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Turchia, fine di un’era? Il Sultano rischia contro il Gandhi turco

Alle presidenziali del 14 maggio, nel centenario della Repubblica di Ataturk, il presidente uscente arriva stanco. Può approfittarne Kemal Kilicdaroglu

A meno di venti giorni dalle elezioni presidenziali la Turchia è sull’orlo di un possibile cambiamento epocale. Il potere ventennale di Recep Tayyip Erdogan, conservatore e islamista, in Occidente detto il ‘Sultano’, potrebbe crollare. Lo stesso Erdogan ha dovuto annullare un’altra giornata di apparizioni in pubblico a causa di un malore in diretta Tv

Aveva già cancellato tre comizi. La preoccupazione serpeggia fra i suoi fedelissimi, come Erkan Kandemir, vicepresidente del partito al Governo, la formazione politica conservatrice Akp (Partito della Giustizia e dello Sviluppo).

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Da sin., Recep Tayyip Erdogan e il suo sfidante Kemal Kilicdaroglu. Foto Ansa/Epa

Erdogan e il terremoto

Il presidente uscente della Turchia, Erdogan, 69 anni, ha annullato “su consiglio dei medici” i tre comizi che aveva in programma il 26 aprile. Ha accusato un malore durante un’intervista televisiva, il 25 aprile. La diretta del programma era stata interrotta. Dopo 20 minuti circa Erdogan, visibilmente provato, era tornato brevemente davanti alle telecamere. “Se Dio vuole, da domani riprenderemo con il nostro programma“, aveva cercato di rassicurare.

Cosa che invece non è avvenuta. Da settimane Erdogan tiene due o tre comizi al giorno. In particolar modo nelle zone del sud est anatolico della Turchia, dove si è abbattuto il devastante terremoto dello scorso 6 febbraio che ha provocato la morte di almeno 51mila persone. Si è trattato di uno dei peggiori terremoti mai avvenuti nella storia della Turchia e non sono mancate forti contestazioni a Erdogan e ai politici di Governo, perché sono emersi giri di corruzione, speculazioni edilizie e raggiri sulla pelle di molti turchi, le cui abitazioni sono crollate in men che non si dica.

Istanbul e Ankara gli voltano le spalle

Al potere da vent’anni in Turchia, come primo ministro e poi come presidente, Erdogan si trova ad affrontare elezioni cruciali. Lo sfiderà un’alleanza di quasi tutti i partiti di opposizione, nell’anno in cui si celebra il centenario della Repubblica laica fondata da Mustafa Kemal Ataturk. Dopo aver trionfato in tutti gli appuntamenti elettorali dal 2002, anno in cui il suo partito Akp vinse per la prima volta le elezioni, nel 2019 Erdogan, presidente conservatore e islamista, ha perso per la prima volta alle elezioni locali nella capitale Ankara e a Istanbul, la più grande metropoli turca.

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Sostenitrici del CHP, il Partito Popolare Repubblicano, davanti alle foto del fondatore della Repubblica di Turchia, Mustafa Kemal Ataturk (a sinistra) e del candidato presidenziale delle opposizioni Kemal Kilicdaroglu. Foto Ansa/Epa Sedat Suna

Secondo i sondaggi, spiega sull’Ansa Filippo Cicciù, il sostegno per Erdogan è per ora in linea con quello dello sfidante Kemal Kilicdaroglu: tra il 46% e il 47%. Comunque non abbastanza per superare la soglia del 50%, necessaria per poter vincere le elezioni al primo turno. Potrebbe così scattare il secondo turno di ballottaggio.

Le forze di opposizione in Turchia

A guidare la coalizione di opposizione è Kemal Kilicdaroglu, detto il ‘Gandhi’ turco. I 6 partiti che lo sostengono come candidato presidente della Turchia sono di orientamento molto diverso fra loro ma uniti contro il Sultano. E vogliono il ritorno del parlamentarismo, dopo che nel 2017 il sistema politico è diventato presidenziale grazie a un referendum voluto da Erdogan.

Il filocurdo Hdp, partito di opposizione di sinistra e terza forza più rappresentata nel parlamento turco, ha scelto di non presentare un proprio candidato, dando implicitamente sostegno a Kilicdaroglu. L’Hdp è al centro di un procedimento che potrebbe portare alla sua chiusura, dopo retate di arresti a raffica. Ma anche questo è in ultima analisi un elemento di debolezza per Erdogan, il cui regime appare sempre più rigido e dittatoriale.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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