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Intelligenza artificiale, gli stipendi dei manager schizzano alle stelle

Negli Usa Netflix offre 900mila dollari per una posizione di gestione della sua piattaforma di apprendimento automatico

Chi è in grado di comprendere come usare al meglio l’intelligenza artificiale riceverà stipendi d’oro. Negli Stati Uniti alcune aziende sono disposte a pagare cifre esorbitanti, fin quasi a un milione di dollari all’anno.

Il Wall Street Journal riporta la notizia secondo cui i datori di lavoro stanno inseguendo i lavoratori cosiddetti data scientist ed esperti di machine learning con stipendi a sei cifreNetflix, ad esempio, ha recentemente suscitato scalpore sui social media quando ha pubblicizzato una posizione da 900mila dollari all’anno per la sua piattaforma di apprendimento automatico.

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Un ingegnere alle prese con un robot di Intelligenza Artificiale. Foto Ansa/Epa Rungroj Yongrit

Intelligenza Artificiale: un fiume di denaro

E ancora. La piattaforma di incontri online Hinge (parte di Match Group), sta pubblicizzando un ruolo di vicepresidente per l’Intelligenza Artificiale con uno stipendio base che va dai 332mila ai 398mila dollari all’anno. Il colosso della grande distribuzione alimentare, Walmart, offre un lavoro ai manager in grado di comprende al meglio come sfruttare l’Intelligenza Artificiale in azienda da 252mila dollari all’anno.

E Upwork, che gestisce un mercato per lavoratori freelance e altri professionisti, propone una posizione di vice presidente per l’Intelligenza Artificiale con uno stipendio da 260mila a 437mila dollari all’anno. Un senior manager di scienze applicate e intelligenza artificiale generativa ad Amazon può guadagnare uno stipendio massimo di 340.300 dollari.

Il mondo della musica

In questi mesi l’uso dell’Intelligenza Artificiale è esploso negli Stati Uniti. Di pochi giorni fa è la notizia che l’IA sta trasformando il mondo della musica. Google e Universal Music Group sarebbero infatti sul punto di finalizzare un accordo epocale. Secondo alcune fonti del Financial Times, Google, una volta finalizzata la partnership, sarebbe pronta a rilasciare in via definitiva la sua piattaforma di IA. Una piattaforma che permetterebbe a chiunque di basarsi su brani e voci di artisti famosi per creare le proprie canzoni.

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Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha parlato più volte dell’AI. Foto Ansa/Epa Yuri Gripas

Il problema del copyright

L’accordo, sottolinea la rivista Forbes, consentirebbe ai detentori del copyright di ottenere ricavi per l’addestramento degli algoritmi con i brani licenziati. Gli artisti avrebbero la possibilità di aderire al progetto, eventualmente utilizzando i contenuti che l’Intelligenza artificiale può generare per i loro lavori. Si tratta, soprattutto per Universal Music, di un cambio di passo netto rispetto al passato. Lo scorso mese di aprile il gruppo aveva inviato una lettera ai principali servizi di streaming per chiedere ai programmi di intelligenza artificiale di non allenarsi su testi e melodie protetti da copyright. Il consigliere generale della Universal Music, Jeffrey Harleston, durante un’udienza al Senato americano a giugno aveva dichiarato che “la voce di un artista è spesso la parte più preziosa del suo lavoro“.

Intelligenza Artificiale in Medicina

Negli Usa, tuttavia, i software di intelligenza artificiale servono soprattutto per ben altri scopi. La catena di cliniche statunitensi Carbon Health ha per esempio introdotto uno strumento di intelligenza artificiale in grado di generare automaticamente fascicoli sanitari. Tutto sulla base delle conversazioni fra medici e pazienti.

Come scrive il sito di news tech The Register, se un paziente acconsente alla registrazione e alla trascrizione di una visita medica, la registrazione audio arriva al servizio cloud AWS Transcribe Medical di Amazon. Quest’ultimo converte il discorso in un testo. La trascrizione, insieme ai dati della cartella clinica del paziente, giunge a un modello di machine learning che produce note che riassumono le informazioni importanti emerse durante la consultazione.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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