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Intelligenza artificiale, cambia il mondo della musica

Un'intesa fra Google e Universal Music Group potrebbe consentire in futuro di creare canzoni col supporto dell'IA

L’Intelligenza artificiale sta trasformando il mondo della musica. Google e Universal Music Group sarebbero sul punto di finalizzare un accordo epocale. Secondo alcune fonti del Financial Times, Google, una volta finalizzata la partnership, sarebbe pronta a rilasciare in via definitiva la sua piattaforma di IA che permetterebbe a chiunque di basarsi su brani e voci di artisti famosi per creare le proprie canzoni.

L’accordo, sottolinea la rivista Forbes, consentirebbe ai detentori del copyright di ottenere ricavi per l’addestramento degli algoritmi con i brani licenziati. Gli artisti avrebbero la possibilità di aderire al progetto, eventualmente utilizzando i contenuti che l’Intelligenza artificiale può generare per i loro lavori. Si tratta, soprattutto per Universal Music, di un cambio di passo netto rispetto al passato.

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Si moltiplicano le applicazioni dell’Intelligenza Artificiale. Foto Ansa/Jessica Pasqualon

Intelligenza pervasiva

Lo scorso mese di aprile il gruppo aveva inviato una lettera ai principali servizi di streaming per chiedere ai programmi di intelligenza artificiale di non allenarsi su testi e melodie protetti da copyright. Il consigliere generale della Universal Music, Jeffrey Harleston, durante un’udienza al Senato americano a giugno aveva dichiarato. “La voce di un artista è spesso la parte più preziosa del suo lavoro e del riconoscimento verso il pubblico“.

Anche Warner Music, sempre secondo il Financial Times, starebbe trattando con Google una soluzione simile. Non a caso, l’amministratore delegato aveva parlato della possibilità di sviluppare software capaci di trarre ispirazione da musica già prodotta: “Questo porterebbe l’intelligenza artificiale a creare un nuovo livello di interazione tra artisti e fan“. Ma non sono mancate le critiche. Drake, che è tra le punte di diamante della Universal Music, ha deciso di opporsi all’intelligenza artificiale a causa di una canzone ispirata alla sua voce e melodie, pubblicata su Spotify e rimossa poco dopo.

Non solo musica

Negli Usa, tuttavia, i software di intelligenza artificiale servono soprattutto per ben altri scopi. La catena di cliniche statunitensi Carbon Health ha per esempio introdotto uno strumento di intelligenza artificiale in grado di generare automaticamente fascicoli sanitari, sulla base delle conversazioni fra medici e pazienti. Come scrive il sito di news tech The Register, se un paziente acconsente alla registrazione e alla trascrizione di una visita medica, la registrazione audio viene trasmessa al servizio cloud AWS Transcribe Medical di Amazon, che converte il discorso in un testo. La trascrizione, insieme ai dati della cartella clinica del paziente, inclusi i risultati delle analisi recenti, giunge a un modello di machine learning che produce note che riassumono le informazioni importanti emerse durante la consultazione.

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I robot di Intelligenza Artificiale saranno una presenza costante nel futuro. Foto Ansa/Epa Rungroj Yongrit

Il software, chiamato Carby, include nel fascicolo virtuale le informazioni e le misurazioni vitali del paziente, nonché un riepilogo delle cartelle cliniche e delle diagnosi. L’amministratore delegato di Carbon Health, Eren Bali, ha affermato che il software di intelligenza artificiale è direttamente integrato nel sistema di cartelle cliniche elettroniche (EHR) dell’azienda ed è alimentato dall’ultimo modello linguistico di OpenAI, GPT-4. Carbon Health ha affermato che lo strumento produce riepiloghi delle consultazioni in 4 minuti, rispetto ai 16 necessari a un medico che lavora da solo. Il software è già in uso in 130 cliniche, dove oltre 600 dipendenti hanno accesso allo strumento. Una clinica che ha testato lo strumento a San Francisco ha verificato un aumento del 30% nel numero di pazienti di cui si poteva occupare.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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