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Addio a Carlo Mazzone, allenatore e maestro di calcio

A 86 anni è morto il decano dei tecnici italiani, padre calcistico di tanti talenti: da Baggio a Totti e a Guardiola

È morto il 19 agosto ad Ascoli Piceno Carlo Mazzone, storico allenatore romano dell’Ascoli e di tante altre squadre, come la Roma stessa. Maestro di calcio di talenti assoluti, da Roberto Baggio e Francesco Totti, Mazzone aveva 86 anni.

Conosciuto come Sor Carletto, era il detentore di record di panchine in Serie A: 792 quelle ufficiali, 797 considerando anche i cinque spareggi. Nel 2019 gli avevano intitolato la nuova tribuna Est dello stadio Del Duca di Ascoli e nello stesso anno è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano.

Carlo Mazzone ai tempi in cui allenava il Brescia
Carlo Mazzone. Foto Ansa/Giorgio Benvenuti

Un padre per il calcio nostrano

È stato dunque primatista di panchine e veterano degli allenatori italiani. Ma anche ‘padre’ adottivo di tanti calciatori. L’immagine della corsa sfrenata di Carlo Mazzone sotto la curva avversaria dopo un pari in Brescia-Atalanta, a sfogare la rabbia per gli insulti ricevuti, lo ha inseguito a dispetto di una carriera a schiena dritta. Povera di risultati eclatanti ma ricca di riconoscimenti personali.

Un film dell’ottobre 2022 su di lui si intitolava proprio così: Come un padre. Perché tutti conoscono il tecnico, ma pochi hanno conosciuto veramente l’uomo che c’era dietro. E quanto sia stato importante per la carriera e la vita di Totti, Baggio, Guardiola (che gli dedicò la vittoria della Champions del 2009), Materazzi, Toni, Pirlo e tanti altri. Di sicuro Mazzone non avrà vinto come altri suoi illustri colleghi, ma ha ottenuto il successo più grande: essere rimasto nel cuore di tutti. Dalla gente comune agli addetti ai lavori, a prescindere dal tifo e dal colore della maglie.

La clausola nel contratto di Baggio

Nel suo contratto con il Brescia Baggio fece mettere una clausola che prevedeva l’interruzione dell’accordo con i lombardi qualora il tecnico romano fosse stato esonerato. E fu un suo gol per il 3-3 nel derby con l’Atalanta a scatenare quella corsa del tecnico furioso, spiegò poi, “per le offese fatte a mia madre, a Roma quelle parole sono una cosa molto grave“. In una scuola, quella italiana degli allenatori, che è una delle migliori del mondo, con gente come Rocco, Trapattoni, Sacchi, Lippi, Capello, Ranieri, Ancelotti, Conte ed Allegri, lui ‘romano de Roma’, e trasteverino, è stato il simbolo dei tecnici di provincia.

totti mazzone morte allenatore
Mazzone, di spalle, con Totti, nel 2003. Foto Ansa/Mario De Renzis

Il legame con Ascoli

Un termine che non lo hai fatto sentire minore di altri, anzi il contrario. Perché quell’Italia non da prima pagina è sempre stata la sua forza. Mazzone lo aveva capito fin da quando era calciatore e la Roma lo mandò ad Ascoli per ‘farsi le ossa’ e lui, invece, decise di rimanervi non solo a giocare ma anche a vivere. E ad Ascoli il suo nome rimarrà per sempre legato, perché fu lui, da allenatore, a regalare la prima storica promozione in Serie A alla squadra marchigiana, una delle prime in Italia a giocare un calcio totale all’olandese, come andava di moda in quegli anni ’70. Come presidente aveva Costantino Rozzi, altra indimenticabile icona di un calcio ‘verace’.

Allenatore di provincia

In panchina Mazzone era passione e grinta, simbolo di uno sport vero e genuino, senza tanti schemi, ripartenze e alchimie tattiche da ‘professori’. Ma basato principalmente sulla cultura del lavoro, la voglia di andare in campo e di regalare gioia e divertimento ai tifosi. La sua carriera da allenatore è durata quasi 40 anni, sulle panchine di Ascoli, Fiorentina, Catanzaro, Bologna, Lecce, Pescara, Cagliari, Roma (allenarla fu per lui un sogno realizzato), Napoli, Perugia, Brescia e Livorno.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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