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Il Niger più vicino a una guerra ma la via del dialogo non è chiusa

La comunità economica degli Stati africani occidentali si prepara a "restaurare l'ordine" dopo il golpe del 26 luglio che ha deposto il presidente Bazoum

Il mostro della guerra si diffonde ovunque e, dopo l’Ucraina, sta per trovare terreno fertile nel Niger, in Africa. Il 17 agosto i capi di stato maggiore degli eserciti dell’Africa occidentale si incontreranno in Ghana. Obiettivo: discutere le modalità di un possibile intervento armato. 

Martedì scorso 15 agosto almeno 17 soldati sono rimasti uccisi in un attacco di sospetti jihadisti. L’incontro militare cruciale si terrà il 17 e il 18 agosto ad Accra, la capitale del Ghana, dove si discuteranno i dettagli di un possibile intervento militare per reintegrare il presidente Mohamed Bazoum, che il golpe del 16 luglio ha estromesso dal potere.

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Una conferenza coranica di preghiera in Niger. Foto Ansa/Epa Issifou Djibo

Opzione diplomatica aperta

Se resta sul tavolo l’opzione di un’operazione armata, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) sembra ancora favorire la via del dialogo e della diplomazia con il regime militare al potere a Niamey. L’incontro arriva due giorni dopo che almeno 17 soldati nigerini sono stati uccisi e altri 20 feriti in un attacco di sospetti jihadisti nel sud-ovest del Niger, vicino al confine con il Burkina Faso.

In un comunicato stampa diffuso a Ferragosto, l’Ecowas aveva citato “vari attacchi da gruppi armati” che hanno “causato la morte di diversi soldati nigerini“, senza specificarne le date. Condannando “fortemente” questi attacchi, l’organizzazione ha invitato il regime militare di Niamey a “ripristinare l’ordine costituzionale” in Niger. Tutto al fine di concentrarsi “sulla sicurezza” del paese che appare “ulteriormente indebolita dopo il tentativo di colpo di Stato“.

L’ONU: “In Niger situazione grave

Il Programma Alimentare Mondiale (WFP) delle Nazioni Unite ha avvertito che le sanzioni regionali imposte dall’ECOWAS e la chiusura delle frontiere “stanno influenzando notevolmente l’approvvigionamento di cibo vitale e forniture mediche del Niger“, “esortando tutte le parti a facilitare le esenzioni umanitarie“. Negli ultimi giorni si sono moltiplicati gli appelli per una risoluzione pacifica di questa crisi, anche da parte di alcuni partner occidentali come gli Stati Uniti, che mercoledì 16 agosto hanno annunciato che una nuova ambasciatrice, Kathleen FitzGibbon, si sarebbe presto stabilita a Niamey.

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Il presidente della Nigeria Bola Ahmed Tinubu, (al centro), e i leader della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas). Foto Ansa/Epa

Da parte sua il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha detto di vedere ancora una possibilità per la diplomazia di invertire il colpo di stato in Niger, mentre il blocco dell’Africa occidentale mantiene la pressione sui governanti militari a Niamey. “Restiamo molto concentrati sulla diplomazia per ottenere i risultati che vogliamo, ovvero il ritorno all’ordine costituzionale, e credo che continui ad esserci spazio per la diplomazia per raggiungere quel risultato“, ha detto Blinken.

Perché il Niger è importante

L’ultimatum dell’Ecowas (la comunità degli Stati dell’Africa occidentale) ai golpisti del Niger è scaduto da tempo, ormai. Dopo il golpe del 26 luglio scorso, col quale il capo della guardia presidenziale, il generale Abdourahamane Tchiani, ha deposto il presidente eletto, Mohamed Bazoum, la situazione è precipitata. ma lo stesso Tchiani ha mostrato un’apertura a possibili soluzioni negoziali della crisi.

In Europa c’è preoccupazione per la grave crisi istituzionale e sociale che potrebbe portare a un vasto conflitto nella regione del Sahel. Ma c’è preoccupazione soprattutto perché la destabilizzazione del Niger, che da paese filo-occidentale potrebbe divenire filo-russo e filo-cinese, creerebbe molti problemi. Niamey è un paese cerniera: fa da filtro ai sempre più imponenti flussi migratori dall’Africa subsahariana; è un punto di passaggio del futuro gasdotto trans-sahariano; è un grande produttore di uranio per le centrali nucleari europee, di petrolio e di oro.

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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