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Matteo Messina Denaro, si aggravano le condizioni del boss malato di tumore

Sottoposto a chemioterapia nel carcere dell'Aquila, non si starebbe più alimentando. "Ha bisogno di un ricovero" dice il suo avvocato

Peggiorano sensibilmente le condizioni di salute di Matteo Messina Denaro. Il boss mafioso, ritenuto il ‘custode’ dei segreti delle stragi degli anni Novanta e perciò ‘erede’ del superboss Totò Riina (morto nel 2017) è detenuto in regime di 41 bis nel supercarcere dell’Aquila.

Messina Denaro è affetto da un tumore. Sin dal giorno dell’arresto, lo scorso 16 gennaio, è per questo in cura all’interno del penitenziario. Le autorità carcerarie hanno allestito per lui una stanza per la chemioterapia. “Serve il ricovero in ospedale“, ha sottolineato il legale dell’ex bosso, rimasto latitante per oltre 3 decenni.

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Matteo Messina Denaro il giorno dell’arresto a Palermo. Foto Ansa/Carabinieri

“Messina Denaro sia ricoverato”

Nelle scorse settimane Messina Denaro aveva subito un intervento per problemi urologici, rientrando però in giornata nell’istituto di pena. “Ormai Messina Denaro non mangia più, ha difficoltà anche a bere, ha bisogno di un ricovero urgente perché ha bisogno di flebo per essere alimentato” ha riferito l’avvocato difensore Alessandro Cerella. “La sua situazione non è più gestibile dalla struttura nella quale è rinchiuso in regime di 41bis“.

Proprio la malattia di Matteo Messina Denaro ha portato gli investigatori e i magistrati sulle sue tracce. Grazie a un pizzino ritrovato il 6 dicembre del 2022, un mese e mezzo prima dell’arresto a Palermo, a casa della sorella Rosalia, gli inquirenti hanno potuto ricostruire un diario clinico del latitante. Con le operazioni subite, gli esami e i cicli di chemioterapia. Nel carcere dell’Aquila le condizioni di salute del boss Messina Denaro sono seguite da uno staff medico che, in vista del trasferimento nelle fase successive all’arresto dello scorso gennaio, aveva realizzato una sala ad hoc vicino alla cella.

Uno stabile dove effettuare le terapie chemioterapiche anti tumorali. Subito dopo il trasferimento di Matteo Messina Denaro nel supercarcere dell’Aquila, il boss trapanese aveva incontrato la figlia e le sorelle. La stessa cosa era avvenuta per Bernardo Provenzano, l’altro storico capomafia siciliano, che nell’ultimo periodo della sua vita visse ricoverato in una struttura carceraria dell’ospedale di Parma. Il boss Provenzano è morto nel 2016 all’ospedale San Paolo di Milano.

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La casa di coniugi fiancheggiatori del boss Messina Denaro. Foto Ansa/Carabinieri

I file dell’arresto

Fra le ultime notizie riguardanti Matteo Messina Denaro c’è quella dello scorso 20 luglio, quando sono finiti agli arresti domiciliari un carabiniere e un consigliere comunale della Lega di Mazara del Vallo (Trapani). I magistrati li accusano di aver tentato di vendere all’ex re dei paparazzi, Fabrizio Corona, centinaia di file riservati sulla cattura del super boss di mafia. Una cattura avvenuta lo scorso 16 gennaio dopo oltre trent’anni di latitanza trascorsa per lo più nella sua terra, il Trapanese. Sono state le intercettazioni disposte a carico di Corona a dare input all’inchiesta sul tentativo di cedere documenti riservati su Matteo Messina Denaro. Un’indagine che ha portato all’arresto del carabiniere Luigi Pirollo e del politico siciliano Giorgio Randazzo, consigliere comunale per la Lega Salvini premier a Mazara del Vallo.

Dopo la cattura del boss latitante, Corona era venuto in possesso di una serie di chat audio tra il boss e alcune pazienti da lui conosciute in clinica durante appuntamenti per sedute di chemioterapia. Ancora ricercato, Messina Denaro usava l’identità del geometra Andrea Bonafede. In una delle conversazioni intercettate, risalente al 2 maggio, Fabrizio Corona parlava di uno “scoop pazzesco” di cui era in possesso un consigliere comunale, poi identificato in Randazzo.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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