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Alaska, navi russe e cinesi schierate davanti agli Stati Uniti

Esibizione congiunta di forza di Mosca e Pechino in acque internazionali. I repubblicani contro Biden: "Non difende il nostro paese"

Sale la tensione internazionale in Alaska, all’estremo nord degli Stati Uniti. La Marina di Washington ha inviato cacciatorpedinieri nell’area dopo che nei giorni scorsi sono apparse nelle vicine acque internazionali 11 navi da guerra cinesi e russe.

Il senatore Dan Sullivan, repubblicano dell’Alaska, ha definito le dimensioni dell’operazione congiunta di Mosca e Pechino “senza precedenti“. Si tratterebbe dunque di un’operazione militare combinata, con gli Stati Uniti che per tutta risposta inviato 4 cacciatorpedinieri nei pressi delle isole Aleutine. Queste ultime costituiscono un arcipelago che si sviluppa per 1900 chilometri lungo un asse semicircolare da est a ovest. Una sorta di ‘barriera’ che dalla penisola dell’Alaska giunge fino al largo della penisola russa della Kamčatka.

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Foto Twitter @USNavy

L’Alaska e i rapporti Usa-Cina

L’Alaska è quindi un territorio nordamericano di frontiera per definizione, vicino al circolo polare artico, e allo Stretto di Bering che la separa dalla Čukotka, in Siberia. Il comando settentrionale degli Stati Uniti ha dichiarato che le navi russe e cinesi sono rimaste in acque internazionali e non le si deve considerare una minaccia. Ma l’esibizione di forza c’è stata. Gli Usa hanno dunque interpretato lo schieramento sino-russo come un modo per ‘ricordare’ a tutti la collaborazione militare tra Mosca e Pechino e quanto i due paesi si trovino vicini all’Alaska. Questa almeno è l’interpretazione che dei fatti ha dato l’emittente Cbsnews.

L’evento non ha mancato di scatenare polemiche all’interno degli Stati Uniti. Secondo gli esponenti politici repubblicani, la risposta del presidente democratico Joe Biden all’esibizione di forza di Russia e Cina di fronte all’Alaska è stata troppo tiepida. Una “provocazione“, quella sino-russa, di fronte alla quale, secondo gli avversari dei democratici, occorreva una presa di posizione netta e perentoria. Washington, invece, tende a non esacerbare i toni, considerando che non si può escludere un incontro fra Biden e Xi Jinping prima delle elezioni americane del novembre 2024. Lo scorso 19 giugno, del resto, il segretario di Stato americano, Antony Blinken, si era recato a Pechino per un vertice col presidente cinese. Un fatto che non accadeva dal 2018.

Proteste contro Biden

È d’altra parte evidente e invitabile che negli Stati Uniti il clima politico risenta ampiamente della campagna elettorale in vista delle presidenziali del prossimo anno. Ecco perché i repubblicani hanno colto immediatamente i fatti dell’Alaska per attaccare la Casa Bianca.

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L’ex vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence. Foto Ansa/Epa Shawn Thew

Pence, l’Alaska e le navi da guerra

Sotto il presidente Biden, la Russia e la Cina minacciano di conquistare i loro vicini e il loro nuovo Asse ora opera a largo delle coste americane” ha scritto su Twitter l’ex vice presidente, ed ora candidato alla presidenza, Mike Pence. “L’America ha bisogno di un comandante in capo che comprenda questa minaccia e costruisca una Marina Militare più forte” ha aggiunto. E poi ha concluso affermando che “i nemici della libertà comprendono solo la forza“.

Ancora più duro il commento del deputato della Florida, Mike Waltz. “La Cina e la Russia inviano 11 navi da guerra a largo delle coste dell’Alaska e noi possiamo solo metterne insieme 4 per difendere la nostra patria” ha twittato. Waltz è un ex Green Beret, appartenente, cioè, ai cosiddetti Berretti Verdi. Si tratta di forze speciali dell’esercito degli Stati Uniti che si addestrano per la guerra non convenzionale e le operazioni speciali. Un punto di vista, il suo, certamente poco diplomatico.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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