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Caso Orlandi 40 anni dopo: il Parlamento ha paura del Promotore Diddi e dimentica la lezione di Moro

Il 22 giugno 1983 venne rapita Emanuela. Di lei non si sa nulla di certo. Ma Camera e Senato sembrano intimiditi dal Vaticano

Mentre gli italiani, compresi i più giovani, edotti sul caso dalla serie Netflix, ricordano i 40 anni dal rapimento di Emanuela Orlandi, il 22 giugno 1983, a Roma, Camera e Senato dimostrano un’impressionante pusillanimità. Il 20 giugno c’è stato un nuovo rinvio per il varo dell’annunciata Commissione parlamentare di inchiesta sulla scomparsa delle 15enne romana.

Come è noto, la Commissione dovrebbe indagare anche sul caso, parallelo e forse strettamente collegato, di Mirella Gregori. Il 20 giugno, però, la prima Commissione Affari Costituzionali del Senato ha procrastinato tutto. La decisione e l’eventuale voto sugli emendamenti presentati, relativi alla durata della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Orlandi-Gregori, slitterà alla prossima settimana. Si tratta un ennesimo tergiversare mentre sia il Vaticano che la procura di Roma hanno aperto due diverse e parallele inchieste giudiziarie, in collaborazione fra loro.

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Emanuela Orlandi. Foto Ansa/Chi l’ha visto?

Parlamento, sudditanza al Vaticano?

Cosa impedisce al Parlamento italiano di decidere, una volta per tutte, il varo immediato di una Commissione con vasti poteri d’indagine, quasi di ordine giudiziario? Forse proprio questo. Deputati e senatori hanno adesso l’occasione, sotto la spinta dell’opinione pubblica, di dare un contributo fondamentale alla verità su uno dei più tetri misteri italiani, non solo vaticani, della storia recente ma continuando a tentennare dimostrano di avere paura.

Non capisco questi rinvii, non sono un buon segnale” ha dichiarato Pietro, il fratello di Emanuela Orlandi. “Quando si vuole fare una cosa si fa e basta, evidentemente chi vuole rinviare non sa che cosa fare.” Un’affermazione di buon senso che sembra centrare il punto. “Evidentemente, al contrario di quanto dicevo tempo fa – ha sottolineato Pietro Orlandi – c’è ancora sudditanza psicologica nei confronti del Vaticano.Domenica prossima 25 giugno si svolgerà un sit-in per ricordare Emanuela e continuare a tenere alta l’attenzione sulla vicenda ma questa volta l’obiettivo sembra essere non tanto il Vaticano reticente ma il Parlamento assente.

Caso Orlandi, Diddi in Senato

Giace infatti in Parlamento, da alcuni mesi, una proposta di legge sull’istituzione di una Bicamerale d’inchiesta sui casi Orlandi-Gregori che rischia a questo punto di non vedere la luce. Dopo uno stop dal Governo Meloni, a fine febbraio, per la presunta necessità di “approfondimenti“, ci sono stati ulteriori rinvii, fino a oggi.

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Alessandro Diddi in commissione Affari Costituzionali del Senato il 6 giugno 2023. Foto Ansa/Giuseppe Lami

Deputati e senatori sembrano quasi essersi dati alla macchia di fronte all’attacco del Promotore di Giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi. Il 6 giugno quest’ultimo ha affermato in Senato che “in questo momento delle indagini, aprire una terza indagine, che segue logiche diverse, sarebbe una intromissione e un fatto pernicioso per la genuinità di ciò che stiamo conducendo.”

Come tuttavia Pietro Orlandi aveva sottolineato in quell’occasione, il lavoro del Parlamento è separato da quello degli organi di giustizia. Nell’ambito di una Commissione d’inchiesta, Camera e Senato avrebbero l’occasione di occuparsi anche di altri aspetti del caso Orlandi. Ad esempio indagando più approfonditamente sugli uomini dei servizi segreti che potrebbero aver conosciuto da vicino – se non addirittura avervi preso parte – tutta la vicenda del rapimento, della sparizione, della probabile morte e sepoltura di Emanuela Orlandi.

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Aldo Moro con una delle figlie in una storica foto di inizio Anni Sessanta

“La verità è sempre illuminante” 

Perché allora anteporre alla ricerca della verità convenienze politiche, soggezioni ai poteri d’Oltretevere o ai servizi di sicurezza nazionali? C’è il timore di ricatti? Di subire dossieraggio e avere la carriera distrutta? Di andare a urtare gangli di poteri occulti, magari clericali e massonici, che ‘chi tocca muore’? Può ben darsi. Tuttavia “quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi diceva Aldo Moro. Una lezione di uno dei maggiori statisti della storia repubblicana che molti parlamentari di oggi forse neppure conoscono.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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