Arte e Cultura

Dicò: la “factory” dell’artista nel cuore di Roma

Nella New York degli anni settanta, dove si avvertiva il fervore creativo in ogni angolo, gli artisti avevano il proprio spazio, la propria “factory”, dove realizzare le proprie opere, esporle, venderle: Enrico Di Nicolantonio, meglio conosciuto come Dicò, ha scelto di riappropriarsi di uno spazio in cui vivere e creare allestendo un atelier nel centro di Roma che è esso stesso un’opera d’arte.

Lui è un artista romano conosciuto in tutto il mondo per le sue combustioni. Le sue opere hanno fatto impazzire personaggi come Lionel Richie, Sylvester Stallone, Keanu Reeves, organ Freeman, Dustin Hoffman, Owen Wilson, Javier Bardem e Penelope Cruz. Dopo tanti anni di impegno e creatività ha sentito l’esigenza di dare vita a uno spazio tutto suo, dove in ogni parte si respirasse la sua essenza. Un luogo stile “factory” newyorkese, una casa-laboratorio che trasportasse il visitatore nel suo universo non appena varcata la soglia.

Per questo ha inaugurato nella centralissima Piazza de’ Ricci di Roma, in via di Monserrato 23, una “camera delle meraviglie” dove stupire, svelare, accogliere. Uno spazio architettonico che ricalca perfettamente la sua personalità: non lineare, con angoli un po’ bui e stanze accese dai colori dei neon inseriti nelle sue creazioni. Il percorso inizia da un grande salone, che ricorda una entusiasmante galleria d’arte “new concept” piena di opere “neo-pop” come le Marilyn, il Popeye, le grandi bandiere americane, il Joker.

In fondo si gira a sinistra per immettersi in un corridoio buio, illuminato dal basso, che sbuca in un disimpegno dal soffitto luminosissimo: sembrerebbe quello di un centro benessere, o di una spa di lusso. In realtà si sbuca in un disimpegno, in cui si vedono l’angolo cottura e il bagno, per finire poi in un’altra sala dall’atmosfera museale, con pareti scure, quadri sospesi alle pareti, le opere più significative dell’arte mondiale rivisitate e rielaborate da Dicò con le combustioni secondo il suo stile. Tra queste la notte stellata di Van Gogh, la Ragazza col Turbante di Vermeer, il Napoleone di J. L. David.

Infine ci si ritrova in un’altra sala da cui filtra la luce esterna da antichi finestroni posizionati in alto a sinistra mentre da destra arriva la poderosa luce di neon rossi provenienti da un grande Colosseo di Dicò: simbolo del passato fagocitato nel presente e proiettato nel futuro, una costante per l’artista. Alla fine del percorso c’è una sala sormontata da un soppalco, dove l’umano e il divino si fondono per dare vita all’immensa energia creativa che si sprigiona in tutta la factory.

Una visita allo “spazio” Dicò val bene una passeggiata in centro: è un’esperienza emotiva difficile da dimenticare, un viaggio in un luogo a metà tra l’antro dello stregone e la stanza delle meraviglie, dove ogni capolavoro si propone una prospettiva nuova a tridimensionale grazie alle lastre di materiale plastico bruciate e piegate. E’ il marchio Dicò, la cui originalità ha meritatamente valicato i nostri confini. E che ha sorpreso, ancora una volta, quanti hanno voluto presenziare alla sua inaugurazione: tra i tanti Clemente Mimun, Tony Renis, Vittorio Gricolo, Vincent Candelà.

Photo Credits: Ufficio Stampa Equa g/strategy

 

 

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