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Mattarella ricorda le stragi mafiose di Milano e Roma: “Sconfitto quel piano eversivo”

Trent'anni fa le bombe in Via Palestro a Milano e alle basiliche di Roma, dopo l'autobomba in Via dei Georgofili a Firenze

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato il 27 luglio il 30° anniversario delle stragi di mafia del 1993. Ovvero, dopo quella di Via dei Georgofili a Firenze il 27 maggio, quelle di Milano e Roma.

Quegli attentati “in Via Palestro a Milano e davanti alle Basiliche romane di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio al Velabro” che fecero 5 morti e 34 feriti, ha sottolineato Mattarella, furono “una sfida alla nostra convivenza civile.” Ma anche “un tentativo di minacciare e piegare lo Stato democratico, costringerlo ad allentare l’azione di contrasto al crimine e il rigore delle sanzioni penali“. Ma quel “piano eversivo è stato sconfitto“.

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Il Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Foto Ansa/Quirinale Francesco Ammendola

“Battere la mafia è possibile”

Il presidente Mattarella ha ricordato che “a Milano fu una strage. Persero la vita i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno, l’agente di polizia municipale Alessandro Ferrari, il cittadino del Marocco Moussafir Driss. Tanti i feriti sia nel Capoluogo lombardo sia a Roma. Alle vittime innocenti dello stragismo mafioso va il deferente pensiero della Repubblica, mentre rivolgo ai loro familiari sentimenti di intensa solidarietà e vicinanza.”

Il capo dello Stato ha chiarito quindi che “libertà e democrazia si devono continuamente difendere, giorno dopo giorno, dalle varie forme di illegalità. Dalle incursioni criminali che toccano anche campi inediti, dai tentativi di sconvolgere la libertà della vita della società e dell’economia. L’esperienza ha dimostrato che sconfiggere le mafie è possibile.”

Quelle bombe ha proseguito Mattarella, erano parte “di una strategia terroristica che ha avuto il culmine negli agguati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E che è proseguita fino a colpire siti artistici prestigiosi, simboli della bellezza e della storia del Paese, luoghi di significativa identità religiosa.”

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Il luogo della strage avvenuta il 27 luglio del 1993 in via Palestro a Milano. Foto Ansa

Mattarella e l’Italia 30 anni dopo

Si è trattato, per il presidente Mattarella, di “una sfida alla nostra convivenza civile, di un tentativo di minacciare e piegare lo Stato democratico, costringerlo ad allentare l’azione di contrasto al crimine e il rigore delle sanzioni penali. Fu un piano eversivo che è stato sconfitto. Parlamento, Governo, Magistratura e Forze dell’ordine fecero sì che i capi mafiosi fossero assicurati alla giustizia e gli autori degli attentati in Via Palestro, in San Giovanni in Laterano, in San Giorgio al Velabro, condannati.”

“La logica criminale è stata respinta anzitutto dalla civiltà e dalla dignità di un popolo che non ha rinunciato alla propria libertà. Che ha saputo esprimere una cultura e una coscienza collettive inconciliabili con la pretesa di sopraffazione e con la disumana violenza insita nelle organizzazioni mafiose. Milano, come Roma, come Palermo, sono state alla testa della reazione sociale e civile.” Si è trattato dunque, ha proseguito Mattarella, di “una lezione che conferma come libertà e democrazia vadano continuamente difese. Giorno dopo giorno, dalle varie forme di illegalità, dalle incursioni criminali che toccano anche campi inediti, dai tentativi di sconvolgere la libertà della vita della società e dell’economia. L’esperienza ha dimostrato che sconfiggere le mafie è possibile.” Come è noto il presidente della Repubblica ha avuto il fratello, l’allora presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, assassinato nel 1980 dalla mafia. Se non anche dall’eversione nera in combutta con la criminalità organizzata e i sevizi segreti deviati.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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