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Enzo Tortora, l’uomo che disse no a Berlusconi

A 40 anni dall'arresto del presentatore e a pochi giorni dalla morte del Cavaliere ecco perché il primo non accettò le lusinghe del secondo

Alle serie dei numeri si attribuisce a volte un significato simbolico e lo stesso si potrebbe affermare riguardo a Enzo Tortora e a Silvio Berlusconi. Del primo ricorreva il 17 giugno l’anniversario dall’arresto, nel 1983. Del secondo si è assistito alla morte, il 12 giugno 2023, e ai funerali di Stato il 14 giugno.

Stessa settimana del 40° dall’avvio del calvario giudiziario di un uomo innocente: Tortora. Stessi giorni in cui Vittorio Sgarbi, politico e uomo di spettacolo nato e cresciuto alla corte televisiva del Cavaliere, ha riesumato un vecchio ritornello berlusconiano: “Silvio è un secondo Enzo Tortora.” Una nenia che esattamente 10 anni, nel 2013, Berlusconi aveva lanciato nell’etere, quando, nel corso di un comizio, aveva letto, facendole proprie, le storiche parole di Tortora ai suoi giudici: “Io sono innocente, spero, dal profondo del cuore, che lo siate anche voi.

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Enzo Tortora. Foto Ansa

La risposta di Gaia Tortora

Storica fu anche la risposta in diretta televisiva di Gaia Tortora, giornalista e conduttrice del Tg La7, una delle due figlie di Enzo Tortora. “Si tratta davvero, Presidente – scandì Gaia Tortora rivolgendosi a Berlusconi dopo la messa in onda del servizio sul suo comizio – di un’altra storia e di un’altra persona (Enzo Tortora, ndr.). Lo dico con il massimo rispetto ma è quel rispetto che da tanto tempo andiamo cercando. Con il massimo rispetto anche perché questo Paese ha bisogno di un altro clima e non è il clima che abbiamo visto anche oggi a Brescia…

La rabbia di Berlusconi

Tutto accadeva all’indomani della sentenza di appello che confermava la condanna del Cavaliere per frode fiscale al processo sui diritti Mediaset. “Le figlie di Tortora, la compagna di Tortora, Marco Pannella, hanno perso una buona occasione per stare zitti e non fare brutta figura” replicò furioso Berlusconi. “Io non mi sono affatto paragonato a Tortora, ho solo ricordato, con commozione e con rispetto, un suo pensiero che può ben essere il pensiero di tutti coloro che stanno per essere sottoposti al giudizio di un giudice“. Immediato e secco il nuovo tweet di Gaia Tortora: “Caro Presidente, mi ero rivolta a lei con rispetto. E non replicherò oltre.”

La serie dei numeri

Abbiamo dunque il 1983, il 2013, il 2023 nella nostra serie dei numeri che intreccia le vite e le storie di Tortora e Berlusconi. E abbiamo anche il 1988: esattamente 35 anni fa morì Tortora, a Milano, la città di Berlusconi e delle sue esequie di Stato, meno di una settimana fa. Anni e tempi molto diversi fra loro ma legati da un unico, lungo, filo rosso. Visibile, però, solo a chi voglia osservare con attenzione.

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Enzo Tortora tra le figlie Silvia (a sinistra) e Gaia. Foto Ansa

Tortora e Berlusconi erano due uomini di televisione ma quando il secondo cominciò a spaccare il monopolio Rai dando una rampante, vorticosa, scalata al successo, tanto da essere soprannominato Sua Emittenza, il primo era il Re del prime time. La sua Portobello, trasmissione nazional-popolare fra le più di successo di sempre, incollava poco meno di 30 milioni di italiani davanti al piccolo schermo. Un’enormità, che lo rendeva una delle persone più famose d’Italia e il presentatore tv più importante. Prima di Mike Bongiorno, Pippo Baudo e Corrado Mantoni.

Berlusconi offre miliardi

Fu dopo l’assoluzione in appello, dalle totalmente false e atrocemente infamanti accuse di droga e camorra, che Tortora ricevette offerte di contratti miliardari (in lire) da parte di Silvio Berlusconi. Fu dopo quel 13 settembre 1986, il giorno in cui Enzo pronunciò le sue storiche parole rivolte ai giudici, rievocate da Berlusconi nel 2013 e da Sgarbi nel 2023, che Tortora si trovò di fronte a un bivio nella sua vita professionale. Ma non cambiò la strada vecchia per la nuova.

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Silvio Berlusconi. Foto Twitter @fabietto80

Berlusconi accarezzava il sogno di vedere il più grande presentatore della tv italiana riapparire di fronte al suo pubblico sterminato dalle proprie televisioni. Non dalla Rai. Secondo il racconto dei fatti di Gianfranco Spadaccia, nel libro Il Partito Radicale – sessant’anni di lotta tra memoria e storia (Sellerio Editore, Palermo, 2021), fu Marco Pannella a convincere il Cavaliere a tentare di allettare Tortora. Pannella lo avrebbe fatto per ragioni squisitamente politico-partitiche. Ovvero perché Tortora voleva rientrare in Rai e ripartire con Portobello – come poi avvenne – “da dove eravamo rimasti” (come disse) ma la Rai gli aveva imposto di rinunciare a nuove candidature in politica. Cosa che egli aveva fatto accettando l’invito del Partito Radicale in occasione delle elezioni europee del 1984. E il PR non aveva certo intenzione di rinunciare a un candidato come lui, che aveva raccolto 414mila preferenze.

Tortora, un’altra dignità

Tortora, con la rettitudine che lo contraddistingueva, aveva rinunciato all’immunità parlamentare per consegnarsi ai carabinieri al momento della condanna di primo grado. Insomma, era d’un’altra pasta, d’un’altra dignità. Dopo l’assoluzione definitiva del 1986 “voleva riprendere dalla stessa rete dove la sua trasmissione, a causa dell’arresto (3 anni prima, ndr.), era stata forzatamente interrotta. Per lui era insieme una questione di principio e una rivincita” scrive Spadaccia. Ecco perché non si fece ammaliare dalle sirene dei miliardi di Berlusconi. La sua rivincita la ebbe, sebbene fosse ormai minato nel corpo da un cancro ai polmoni che di lì a poco lo condusse alla morte. Ma non tutti gli uomini e le donne hanno un prezzo. C’è chi ha “un’altra storia” perché è “un’altra persona.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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