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Enzo Tortora: “Io sono innocente, spero che lo siate anche voi”

Moriva 35 anni fa uno dei padri della Tv italiana, vittima di un clamoroso caso giudiziario e mediatico ancora oggi simbolo di ingiustizia in Italia

Non sappiamo se lo citò consapevolmente, ma Enzo Tortora fece riecheggiare fino a oggi le parole di Giordano Bruno prima di andare al rogo. Nel rivolgersi in aula ai giudici, il presentatore televisivo più famoso d’Italia disse: “Io vi dico: sono innocente! Lo grido da 3 anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi in questo dibattimento. Io sono innocente. Io spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi. Grazie.

Queste frasi sono passate alla storia dell’Italia contemporanea perché Enzo Tortora è stato vittima di un errore-orrore giudiziario fra i peggiori della recente vita pubblica nazionale. Certo, il martirio di Giordano Bruno – l’eretico arso vivo in Campo dei Fiori a Roma il 17 febbraio 1600 – fu altra cosa. Ma Bruno, appreso in ginocchio il verdetto di condanna, si alzò e disse ai giudici: “Forse con maggior timore pronunciate contro di me la sentenza, di quanto io ne provi nel riceverla.”

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Enzo Tortora. A destra, dietro di lui, l’avvocato Raffaele Della Valle. Foto Twitter @Lina6160655226

Chi era Tortora

Enzo Tortora morì 35 anni fa, il 18 maggio 1988, in casa sua a Milano, ucciso da un cancro ai polmoni. È stato fra fondatori della televisione in Italia, giornalista e conduttore tra i più popolari, con la trasmissione Portobello, solo per citarne una. È rimasto vittima di un caso di malagiustizia, assurto a storico emblema negativo con la denominazione di caso Tortora. Accusato di gravi reati da alcuni pentiti di camorra fu arrestato e processato. I suoi avvocati, fra cui Raffaele Della Valle, dimostrarono poi la sua totale innocenza ed estraneità ai fatti. Egli morì un anno dopo la sua definitiva assoluzione, a soli 60 anni.

Alle 4 di notte del 17 giugno 1983 i carabinieri arrestarono Tortora con l’accusa di traffico di stupefacenti e associazione di stampo camorristico. Le accuse della magistratura si basavano sulle dichiarazioni di tre pregiudicati: Giovanni Pandico, Giovanni Melluso e Pasquale Barra e di altri 8 imputati nel processo alla cosiddetta Nuova Camorra Organizzata del boss Raffaele Cutolo. Erano dichiarazioni false.

Della Valle: “Processo inventato ad arte

È stato un orrore giudiziario, non un errore” ha dichiarato l’avvocato Della Valle ad Huffingtonpost.it. Il suo arresto con le manette ai polsi, i fischi e gli sputi, “fu una messa in scena per le telecamere del Tg“. “Un errore può succedere. Ma su Tortora si costruì apposta un processo inventato, con pentiti che potevano stare insieme per coordinare le loro calunnie.” Ma perché? Per invidia, dato il successo di Tortora come presentatore televisivo? “Peggio. Non c’è un complotto preordinato. Ci sono protervia, arroganza, mancanza di umiltà, superbia.” I pm e i giudici che in primo grado lo condannarono “non hanno voluto ammettere di essersi sbagliati” sebbene se ne fossero accorti.

Rovinare Tortora per lucrarci sopra

Ancora nel 2019 il pentito Melluso ha nuovamente chiesto perdono ai familiari di Enzo Tortora. “Questo signore – ha replicato la figlia del conduttore, la giornalista Gaia – si faccia pubblicità in altro modo. Basta con queste trovate, anche la pazienza ha un limite. Certi personaggi andrebbero semplicemente ignorati.” Nel suo libro Testa alta, e avanti, la figlia del presentatore torna a denunciare oltre alla malagiustizia anche la cattiva informazione giornalistica. “Mio padre in quel momento era l’uomo più popolare d’Italia – scrive – la sua trasmissione aveva ascolti che oscillavano tra i 28 e i 30 milioni di telespettatori (…) Dava fastidio, ma nello stesso tempo parlare di Tortora faceva fare un salto di qualità ai pentiti e all’inchiesta. Per questo dico che c’è stato dolo.

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Foto Twitter @RaiRadio2

Le tappe della vicenda giudiziaria

Enzo Tortora rimase in carcere da innocente per 7 mesi poi gli furono concessi gli arresti domiciliari, all’inizio del 1984. Accettò la candidatura nel Partito Radicale alle elezioni Europee di quell’anno e fu eletto. Nel 1985 ricevette una condanna durissima in primo grado: 10 anni di carcere. Per tutta risposta si dimise da europarlamentare e, rinunciando all’immunità, dovette tornare agli arresti domiciliari. Il 15 settembre 1986 la Corte d’Appello di Napoli lo assolse con formula piena al processo di secondo grado; l’anno successivo la Cassazione lo assolse definitivamente nel terzo grado di giudizio.

Il ritorno in Tv prima della morte

Il 20 febbraio del 1987 Tortora tornò in televisione, negli studi del suo Portobello. “Dunque, dove eravamo rimasti?” furono le sue prime, storiche parole. “Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai (…) Io sono qui anche per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi. Sarò qui, resterò qui, anche per loro. Ed ora cominciamo, come facevamo esattamente una volta.” Ma la sua vita era ormai cambiata per sempre. “Mio padre non è mai più stato lo stesso uomo” ha dichiarato Gaia Tortora al Corriere della Sera.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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