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Addio a Silvio Berlusconi, l’uomo che voleva vincere sempre

È morto a 86 anni l'imprenditore che si fece patriarca politico, e che non ha eredi. Nel bene e nel male lascia un vuoto incolmabile

Silvio Berlusconi è morto all’ospedale San Raffaele di Milano al mattino del 12 giugno. Il leader di Forza Italia e fondatore di Mediaset aveva 86 anni. Appena venerdì scorso, 9 giugno, lo avevano riportato al San Raffaele, dopo un lungo ricovero di 45 giorni terminato il 19 maggio, a causa di una polmonite e di una leucemia mielomonocitica cronica. Il fratello Paolo e i figli erano accorsi in ospedale, dove già si trovava la compagna di Berlusconi, Marta Fascina.

Per gli italiani di più generazioni, dai suoi coetanei ottuagenari fino agli adolescenti, Silvio Berlusconi ha rappresentato il personaggio pubblico per eccellenza. Una ‘figurina’ imprescindibile nell’album dell’immaginario collettivo nazionale. Un leader politico e un imprenditore di cui – amandolo oppure odiandolo – quasi non potevi più fare a meno. Perché da quarant’anni a questa parte immaginare l’Italia senza Berlusconi non era più possibile. Come tutti i personaggi di spicco non lascia eredi in grado di reggere il confronto. Malgrado, naturalmente, coloro che accederanno alla sua eredità patrimoniale multimiliardaria, a cominciare dai suoi figli.

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Silvio Berlusconi nel 2022. Foto Ansa/Matteo Corner

Berlusconi e Andreotti, il paragone impossibile

I quali, però, non hanno la caratura del padre, salvo forse Maria Elvira, detta Marina, presidente di Fininvest e del Gruppo Mondadori. Così come non la hanno gli uomini e le donne di Forza Italia. Il primo grande partito strettamente personale nato nel nostro Paese, trent’anni fa, creatura di Berlusconi “che morirà con lui” ha dichiarato l’ex ‘consigliere del principe’ Giuliano Urbani.

Berlusconi ha incarnato una figura pubblica paragonabile, per i meno giovani, a ciò che ancora oggi rappresenta agli occhi di molti Giulio Andreotti. Il Richelieu della Prima Repubblica, scomparso a 94 anni il 6 maggio 2013, ha attraversato la storia dell’Italia da protagonista, nel bene e nel male, per almeno mezzo secolo.

Per molti aspetti – e per ciò che hanno rappresentato nella vita pubblica nazionale – Berlusconi e Andreotti non avrebbero potuto essere più diversi. Esuberante, egolatrico e guascone il primo, self-made man giunto alla politica dalle file di un’imprenditoria edile e poi televisiva d’assalto. Ironico dissimulatore, riservato osservatore degli altri – fino a tenere un leggendario archivio personale -, il secondo, abilissimo mediatore, svezzato alla politica fin da ragazzo. Ma entrambi si sono dimostrati da un lato cinici e spregiudicati, dall’altro in grado non soltanto di essere fra i protagonisti assoluti della vita pubblica italiana ma di saperla condizionare profondamente.

Berlusconi, le Tv e la politica

Di Berlusconi resterà la sua capacità, in qualche modo geniale, di aver saputo trasformare la televisione. Rompendo definitivamente, nei primi anni Anni Ottanta, il monopolio Rai con il ‘tridente’ formato da Canale 5, Italia 1 e Rete 4. E cambiando i connotati delle trasmissioni. In peggio, dicono in molti. Ma tant’è. Non solo, però. Resterà il suo aver trasformato la politica nazionale nel momento in cui la Prima Repubblica, agli inizi degli Anni Novanta, stava crollando.

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Silvio Berlusconi con l’allora seconda moglie Veronica Lario, negli Anni Ottanta. Foto Twitter @lacittanews

Il Cavaliere è entrato in Parlamento e al Governo con un colpo di mano verso se stesso. Forza Italia – mai all’epoca un partito politico avrebbe assunto un nome derivato dai cori dei tifosi sportivi – è un’invenzione di marketing senza precedenti. Che Berlusconi si sarebbe risparmiato volentieri se trent’anni fa la Fininvest non fosse stata carica di debiti, con i suoi protettori politici – il Psi e la Dc – travolti dalla ‘rivoluzione’ di Tangentopoli.

Ascese e cadute continue

Da quel momento tutto è cambiato. Berlusconi si buttò a capofitto in politica, vinse clamorosamente le elezioni del 1994 e divenne presidente del Consiglio. Poi perse le successive consultazioni nel 1996 contro Romano Prodi, col quale cominciò un duello lungo un decennio, ma vinse quelle del 2001 con una nuova coalizione, la Casa delle libertà. E fu a capo del Governo durato più a lungo nella storia della Repubblica, perdendo poi per pochi voti le elezioni del 2006.

Dal 2008 è stato nuovamente premier, incarico da cui si è dimesso nel 2011. Più volte dato politicamente per finito ha sempre dimostrato una tenacia e capacità tattica e strategia impressionanti. Alle elezioni politiche del 25 settembre 2022 Forza Italia ha raccolto ancora l’8% dei consensi fra gli italiani. Un valore certo molto lontano dai tempi d’oro dei primi anni Duemila, ma pur sempre milioni di voti. Quando il partito ‘comitato elettorale’ personale del Cavaliere veniva dato per morto. E a fronte del fatto che il Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda non ha scalfito in nulla il carisma berlusconiano.

L’impero di Berlusconi

Per Silvio Berlusconi ciò che contava era vincere. Sempre. Come anche nel settore dei libri, ad esempio. Così nel 1991, con la conquista da parte della Fininvest della quota di maggioranza della Arnoldo Mondadori, il Cavaliere divenne il primo editore italiano nel settore libri e periodici, oltre a essere presente nella grande distribuzione con la proprietà del gruppo Standa, poi ceduto. E nel mondo delle assicurazioni e delle gestioni finanziarie, con le società Mediolanum e Programma Italia.

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Il Centrodestra italiano si è retto sul Cavaliere per tre decenni

Tutto ciò, unito al potere mediatico di Canale 5, Italia 1, Rete 4 e a tutta la galassia televisiva che poi si è riferita a Mediaset, ha significato un impero da 7 miliardi di euro. Le vittorie berlusconiane hanno abbagliato molti italiani anche nel calcio: territorio di caccia tra i più ambiti in assoluto per politici e imprenditori nel nostro Paese. Un territorio che però è spesso insidioso come una palude di sabbie mobili. Che invece Berlusconi ha attraversato, grazie alla sua spregiudicatezza e capacità di anticipare i tempi, in maniera tale da far sognare con non mai i tifosi del Milan. Dal 1986 al 2017 è stato proprietario dell’A. C. Milan, del quale è stato anche presidente, sostenuto dal fedelissimo Adriano Galliani. Sotto la sua gestione il club ha vinto tutto: scudetto, Champions e vari altri trofei nazionali e internazionali. Venduto il club, Berlusconi, ancora con Galliani, ha realizzato un’altra impresa: portare il Monza in Serie A.

Il lato oscuro del Cavaliere

Di Berlusconi, infine, resterà una faccia oscura. In alcuni casi mai illuminata da un raggio di sole. Come i sospetti, ancora alla base di alcune inchieste della magistratura dopo decenni, che lo si possa annoverare fra i mandanti esterni della stagione stragista della mafia corleonese, all’inizio degli Anni Novanta. Il buio dei suoi presunti legami con la mafia sarebbe addirittura all’origine delle sue fortune imprenditoriali e televisive dagli Anni Settanta. Non si contano i processi che Berlusconi ha subito. In primo luogo giudiziari, ma anche mediatici.

È stato condannato in via definitiva per evasione fiscale di alcune sue aziende, fino a decadere dalla carica di senatore. Per poi rientrare trionfalmente a Palazzo Madama nel 2022. Per lo più, però, è stato accusato di tutto e poi assolto. Anche nel processo Ruby Ter del febbraio 2023, poco prima dell’ennesimo ricovero all’ospedale San Raffaele, per la leucemia che gli è stata fatale. Le cene eleganti e il bunga bunga di Arcore, i festini, le amanti, le compiacenti ragazze ‘generosamente’ retribuite. Ma anche l’ultima moglie-non-moglie, la trentenne Marta Fascina, e lo stesso divorzio che Veronica Lario gli impose, parlando di “drago” che mangiava “le vergini“. Tutto questo ha caratterizzato un personaggio irripetibile. In parte nel bene. Ma, non poco, anche nel male.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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