NewsPrimo piano

In Italia ci sono sempre meno negozi ma non è colpa del commercio online

Il potere d'acquisto è crollato. Chiudono cartolerie, abbigliamento, edicole, panetterie e macellerie

In barba al Pil che cresce l’Italia assiste alla chiusura progressiva di un sempre più alto numero di negozi tradizionali, i cosiddetti negozi di vicinato agli angoli dei nostri quartieri. “Servono misure strutturali per sostenerli” avverte Confesercenti che il 15 maggio ha presentato  uno studio realizzato con Ipsos.

In confronto al 2019, si afferma nel rapporto “alla fine di quest’anno si conteranno oltre 52mila imprese del commercio in meno, per un declino complessivo del -7%“. Incide la perdita di potere di acquisto degli italiani, “un vero e proprio crollo, che pesa sul tessuto dei negozi di vicinato più della concorrenza dell’online“.

negozi crisi potere acquisto
Negozi di abbigliamento, e non solo, in crisi in Italia. Foto Ansa/Mourad Balti Touati

Negozi, tracollo di moda e cartolerie

Con la tendenza attuale, la stima per i prossimi 7 anni, da qui al 2030, è che i negozi di vicinato calino bruscamente di circa 73mila unità. “A un ritmo di 18 negozi spariti al giorno“. A diminuire rispetto al 2019, in numeri assoluti, sono soprattutto i negozi di moda: -8.553 rispetto al 2019, con un calo del -6,3%). Sebbene le riduzioni percentuali più elevate si registrino per le edicole e i negozi con articoli di cartoleria (-13,5%, per 3.963 imprese in meno). In forte contrazione anche i negozi di panetteria e dolci (-6,1%) e le macellerie (-5,7%). Più contenuta la perdita per le librerie (-2%). Confesercenti segnala anche quanto sia “difficile aprire una nuova attività. Nel 2022 sono nate solo 22.608 nuove attività”: il 20,3% in meno del 2021.

Il commercio online

Per far fronte al rischio desertificazione e al calo del potere d’acquisto delle famiglie Confesercenti propone misure fiscali per ridurre la pressione delle imposte sugli italiani. I negozi, comunque, non saranno cancellati dagli acquisti online. Canali off-line e on-line sono destinati a coesistere e a integrarsi. Anche se è vero che c’è un problema con le grandi piattaforme internazionali, che godono di un netto vantaggio fiscale. In molti casi, però, per i piccolo negozi di vicinato è difficile riuscire a gestire un’attività strutturata di e-commerce, al di là di ridotte spedizioni di merce a seguito di ordini online o per telefono.

“Detassare i piccoli negozi”

Sotto questo profilo la presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise, ha proposto una shop tax reduction: un regime fiscale di vantaggio per i negozi che fatturano meno di 400mila euro all’anno. “Si tratta di uno degli interventi che pensiamo vadano resi strutturali per il sostegno delle attività di vicinato” ha evidenziato De Luise. “Serve anche un pacchetto di formazione per gli imprenditori, sostegno all’innovazione e agli investimenti tecnologici, e l’introduzione della cedolare secca per le locazioni commerciali. Siamo convinti che, con queste misure, sarebbe possibile ridurre gli effetti dell’erosione delle quote di mercato delle piccole superfici, recuperando 5,5 miliardi di euro di vendite, e salvando quasi 30mila attività commerciali dalla scomparsa nei prossimi 7 anni“.

patrizia de luise Confesercenti negozi italia
La presidente di Confesercenti, Patrizia De Luise. Foto Ansa/Maurizio Brambatti

Potere d’acquisto e risparmi

Gli acquisti nei negozi fisici sono ancora i preferiti dagli italiani, anche fra i giovani, ma pesa la frenata della capacità di acquisto: -14,7 miliardi in due anni, -540 euro a famiglia, avverte Confesercenti. La perdita di potere d’acquisto è stata di 11,8 miliardi nel 2022 e si stima un calo per altri 2,9 miliardi quest’anno. A difendere negozi e livello dei consumi non è bastato un forte ricorso al risparmio. “Nel 2022 gli italiani hanno destinato ai consumi circa 52,9 miliardi di risparmio accumulato dalle famiglie e, senza un’inversione di tendenza, ne bruceranno altri 27 miliardi nel 2023” ha dichiarato la presidente di Confesercenti.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

Pulsante per tornare all'inizio