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Clubhouse, in crisi il social delle chat audio

Annunciati licenziamenti di massa: dovrà andarsene più del 50% dei dipendenti dell'azienda

La pandemia è finita anche per Clubhouse. Ma non è un’ottima notizia per il social network di chat audio a invito, nato nel 2020, l’anno del Covid. Dopo Spotify e Reddit, anche Clubhouse non fa più gli affari di prima e si dice costretta a tagliare più del 50% dei posti di lavoro per abbattere i costi.

In Occidente il Covid non affligge più le persone determinando lockdown e restrizioni a casa. Le cose ora sono cambiate. E così anche il business. La situazione di Clubhouse è comunque meno difficile che per Spotify.

social clubhouse chat audio
Foto Twitter @verge

Clubhouse ha perso l’identità?

L’azienda svedese che nel 2008 ha lanciato lo streaming on demand di brani musicali ha dovuto chiudere il servizio “solo voceGreenroom. Cosa avvenuta quasi in contemporanea con la dismissione di Reddit Talk. Clubhouse, per il momento, esegue ‘solo’ dei tagli di posti di lavoro, rimanendo in piedi. Tuttavia quando un’azienda ancora giovane comincia a tagliare in un sol colpo la metà dei suoi dipendenti corre il serio rischio di andare incontro alla chiusura, se non trova il modo di accrescere contemporaneamente le entrate di bilancio.

Con una email ai diretti interessati, i fondatori Paul Davison e Rohan Seth affermano che la riduzione dei costi è necessaria dopo il boom che Clubhouse ha avuto in pandemia. I licenziamenti riguarderanno oltre il 50% del personale oggi al lavoro. “Visto che il mondo si è aperto dopo il Covid, è diventato più difficile per molte persone trovare i propri amici su Clubhouse e inserire lunghe conversazioni nella loro vita quotidiana. Per trovare il suo ruolo nel mondo, il prodotto deve evolversi. Questo richiede un periodo di cambiamento“. Ad ogni modo “il team lavorerà per il lancio di Clubhouse 2.0“, su cui Davison e Seth non hanno fornito dettagli o aggiornamenti.

Come e perché è diventata famosa

Clubhouse è esplosa in popolarità all’inizio del 2021 in un momento in cui molte persone si sentivano socialmente isolate a causa della pandemia. L’app è stata in grado di attirare grandi nomi come Elon Musk e Oprah Winfrey per le chat audio dal vivo aperte a tutti e, potenzialmente, in grado di far intervenire chiunque durante gli streaming. La bolla è scoppiata quando le chat audio sono divenute parte integrante anche di altre applicazioni, senza però raggiungere il successo sperato. “Pagheremo gli stipendi per il resto di aprile, più quattro mesi di liquidazione aggiuntiva per tutti i dipendenti in uscita. Ciò significa che le persone interessate riceveranno il loro stipendio fino al 31 agosto 2023“, la chiosa della lettera dei due fondatori dell’app.

Oprah Winfrey clubhouse chat
Oprah Winfrey ha partecipato alle chat di Clubhouse. Foto Ansa/Allison Dinner

Le valutazioni di Clubhouse

Clunbhouse è sorta, come detto, nel 2020 grazie alla Alpha Exploration: l’hanno fondata Paul Davison e Rohan Seth, come detto. A dicembre di quel primo anno di pandemia di Covid – con lockdown e forti restrizioni in molti paesi del mondo –  il social di chat audio godeva di una valutazione da 100 milioni di dollari. Qualche settimana più tardi, il 21 gennaio 2021 la valutazione di Clubhouse si era moltiplicata per 10 raggiungendo un miliardo di dollari. Valori lontani, oggi. E chissà se anche nel futuro prossimo, non appena diverranno esecutivi gli annunciati tagli dei posti di lavoro.

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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