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La Polonia sposta soldati verso la Bielorussia, la guerra in Ucraina potrebbe allargarsi

Varsavia teme che i mercenari Wagner possano attaccare ma è ormai diventata la più grande 'base' americana nell'Europa dell'Est

Ai confini dell’Ucraina sale giorno dopo giorno la tensione. La Polonia, alleata di Kiev che combatte per cacciare gli invasori russi, ha fatto affluire un contingente di mille soldati verso la frontiera con la Bielorussia. E questo dopo la decisione di Putin di offrire ai mercenari del gruppo Wagner di Yevgeny Prigozhin la possibilità di trasferirsi nel territorio di Minsk.

La capitale della Bielorussia dista da Varsavia circa 550 chilometri. E adesso la Polonia teme che dal territorio bielorusso possa derivare una seria minaccia per i suoi confini. “Oltre 1.000 soldati e quasi 200 unità di equipaggiamento della 12ª e 17ª brigata stanno cominciando a spostarsi nell’Est del nostro paese” ha scritto su Twitter il ministro della Difesa polacco Mariusz Błaszczak. “Questa è una risposta ai tentativi di destabilizzazione vicino al confine.

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Carri armati americani M1A1 Abrams per l’esercito polacco nel porto di Stettino. Foto Ansa/Epa Marcin Bielecki

Polonia, grande base americana

Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, la Polonia è uno dei maggiori fornitori di armi a Kiev in tutta Europa. Varsavia è uno dei perni della NATO nel Vecchio Continente, perlomeno per quanto riguarda il cosiddetto, e mai ammesso, allargamento a Est dell’Alleanza atlantica. Il rapporto fra Polonia e Occidente, in primo luogo gli Stati Uniti, è molto stretto malgrado le tensioni politico-economiche con l’Unione europea. Per quanto riguarda l’Ucraina, sottolinea il Corriere della Sera, dopo l’inizio delle ostilità in Donbass e Crimea, nel 2014, la relazione tra Varsavia e Washington si è intensificata. La Cia ha stabilito in Polonia la sua terza stazione operativa più grande d’Europa.

Ora il paese è diventato il centro di risposta della NATO alla Russia. Da un lato la Polonia ha accolto centinaia di migliaia di rifugiati dall’Ucraina. Dall’altro è diventata lo snodo logistico principale per far confluire verso Kiev armi e rifornimenti inviati dagli alleati. Sul territorio polacco – dove sono ampiamente stoccate armi e munizioni americane – Washington ha anche stabilito il quartier generale del Fifth Corps dell’esercito, a Poznan. Non lontano, a Biedrusko, c’è il primo presidio permanente dove sono di stanza 10mila soldati che preparano i polacchi all’uso dei carri armati americani Abrams. Gli stessi carri armati di ultima generazione che gli Usa stanno inviando in Ucraina.

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Il ponte di Crimea a Kerch, riparato dopo l’attentato ucraino dell’ottobre 2022. Foto Ansa/Epa

L’Ucraina e il Ponte di Crimea

Per la prima volta, intanto, il ministero della Difesa dell’Ucraina ha riconosciuto la responsabilità di Kiev nell’attacco al ponte di Crimea – il ponte di Kerch – lo scorso 8 ottobre 2022. La vice ministro della Difesa, Hanna Malyar, ha pubblicato su Telegram un elenco delle azioni più importanti messe a segno dall’esercito. Fra queste proprio l’attacco al ponte. “273 giorni da quando è stato effettuato il primo attacco sul ponte di Crimea per interrompere la logistica dei russi” ha scritto.

Il ponte di Crimea fu fatto saltare in aria con esplosivo portato da un camion bomba. Dal 2014 la Russia si è annessa la Crimea sottraendola all’Ucraina, con un referendum giudicato illegale dall’ONU. Ora Kiev vuole riprendersi la penisola sul Mar Nero. Inaugurato nel 2018, il ponte della Crimea si estende per 19 chilometri ed è il più lungo d’Europa. A causa dell’esplosione del camion bomba ucraino, 7 serbatoi di carburante di un treno merci presero fuoco danneggiando gravemente il ponte.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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