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Marco Bonadei e quella chiamata da Gabriele Salvatores

Reduce dall'interpretazione ne "Il ritorno di Casanova", l'interprete si racconta in esclusiva a VelvetMAG

Dopo la recente esperienza ne Il ritorno di Casanova, Marco Bonadei si racconta in esclusiva a VelvetMAG. L’interprete, nei panni del giovane regista “antagonista” Lorenzo Marino ha svelato alcuni dettagli sul film e molto altro.

Lo scorso 30 marzo è approdato nelle sale Il ritorno di Casanova, ultima fatica cinematografica firmata Gabriele Salvatores. Per la sua personale trasposizione dell’omonimo racconto del 1918, nato dalla penna del drammaturgo austriaco Arthur Schnitzler, il regista ha messo insieme un cast composto da Toni Servillo, Fabrizio Bentivoglio, Sara Serraiocco, tra gli altri, anche Marco Bonadei, con cui abbiamo avuto modo di parlare.

Marco Bonadei intervista
Marco Bonadei si racconta in esclusiva (Courtesy of Press Office) – VelvetMag

Interprete dalla solida formazione teatrale, in una delle più prestigiose Accademie Nazionali, ovvero il Teatro Stabile di Torino, sembra aver attirato le attenzioni di Gabriele Salvatores. Il regista, infatti, lo ha scelto per i suoi ultimi due lavori sul grande schermo, Comedians e Il ritorno di Casanova. Ecco cosa ci ha raccontato.

Marco Bonadei intervistato in esclusiva a VelvetMAG

Ti abbiamo visto di recente al cinema con Il ritorno di Casanova nei panni del regista Lorenzo Marino: come ti sei preparato per il ruolo?
Una volta studiata la sceneggiatura e interrogatomi su chi fosse Marino, come prima impressione ho avuto quella dell’antagonista, la figura in negativo. È una figura che si contrappone al regista, il maestro di grande esperienza (Leo Bernardi, interpretato da Toni Servillo, n.d.r.) con arroganza e presunzione. Col tempo mi sono reso conto che era la visione del personaggio di Servillo a rendere Marino una sorta di antagonista e che a caratterizzarlo fosse, in realtà, l’ammirazione, il vero interesse per l’arte che il maestro ha fatto in passato. Questo genera in Bernardi ancora più astio. Non è tanto l’astio nei confronti di Marino, ma del tempo che passa.

Nel film sei rivale di Leo Bernardi, interpretato da Toni Servillo: come è stato portare questa rivalità sul grande schermo tra il “maestro” affermato e il “giovane esordiente”?
L’emozione che ho provato, trovandomi sul set a lavorare con Toni Servillo che è un emblema del cinema contemporaneo, è stata uno strumento anche per scoprire un Lorenzo Marino realmente affascinato. È stato un modo per portare anche un poco di verità e di accadimento reale nella scena.

L’esperienza di Marco Bonadei sul set de Il ritorno di Casanova

C’è un momento che ti è rimasto particolarmente impresso, un aneddoto legato alla lavorazione che ti piacerebbe condividere?
Ciò che mi rimane più impresso, essendo la seconda esperienza con Gabriele Salvatores, è il team che lui si porta appresso: è una vera famiglia. È un gruppo di persone che porta il meglio sé nella creazione dell’opera finale. In primis tra tutti Italo Petriccione, così come Rita Rabassini e da lì tutto il team di fonici, operatori che sono fedelissimi e a cui Gabriele è fedelissimo. Si è creata una grande energia che ti fa sentire subito a casa, si entra a far parte di una famiglia inclusiva: è la cosa più forte che mi è rimasta impressa.

Come giustamente ha ricordato, non si tratta della prima collaborazione con Gabriele Salvatores, già nel 2021 ti ha diretto in Comedians: com’è stato ricevere quella chiamata? E cosa ha significato lavorare con lui?
Eravamo in piena pandemia e quindi era il deserto, sia per il lavoro che per quanto riguarda le interazioni umane. Io avevo già fatto un provino e sapevo che aveva il mio materiale e che, tutto sommato, fosse andato bene, ma un giorno arriva quella chiamata. Rispondo e sento dall’altra parte: “Pronto sono Gabriele Salvatores”. Come attore ha un attimo un sussulto, non ci credi. (Ride Marco Bonadei, n.d.r.). Da lì mi ha incluso e, quando ci siamo incontrati per la prima volta in quel pomeriggio di fine agosto o inizio settembre del 2020, è iniziato un viaggio fantastico.

Il tutto, anche “grazie” alle ristrettezze dovute al Covid perché il fatto di dover stare tutti insieme, nello stesso luogo, per un mese e mezzo è stato infatti un modo di fare gruppo. Ho potuto conoscere persone e Gabriele, per me che era la prima esperienza vera al cinema, dopo alcune pose in passato. È stato un lento entrare dentro un mondo espressivo e comunicativo diverso rispetto a quello che conoscevo, il teatro. Questo è stato prezioso, perché ho avuto l’opportunità di provare con il regista e quindi di farmi guidare.

Marco Bonadei intervista per VelvetMag
Marco Bonadei in Comedians (Courtesy of Press Office) – VelvetMag

Quella chiamata di Gabriele Salvatores

Quale pensi sia stato l’insegnamento più grande che ti ha trasmesso Salvatores, in relazione a entrambi film in cui avete collaborato?

L’insegnamento più grande? Innanzitutto, di saper fare gruppo. Mi ha insegnato inoltre tutto quello che so su cosa vuol dire stare di fronte a una macchina da presa. Per quanto sia poco quello che ad ora conosco, lo devo però tutto a lui. Come creatore di opere, quindi da regista e ideatore, quello che mi ha insegnato è la capacità che vedo in lui di avere chiara la direzione, la visione finale, come se già lo vedesse. Al tempo stesso, però, lascia grande libertà.

Questo vuol dire una grande esperienza e una grande sicurezza nel suo operare – prosegue Marco Bonadei – perché consente di lasciarsi aperti a quello che accade. Quindi è anche stimolante nel catturare il momento reale per poi riuscire a collocarlo nel suo disegno. È interessante quando queste due cose insieme, il totale controllo da una parte e l’apertura dall’altra riescono ad andare insieme. Lo dico perché, da non molto tempo, mi sto approcciando a un secondo progetto per il quale curo la regia di due spettacoli teatrali. Per questo sto comprendendo delle cose che sto mettendo in relazione con quello che ho scoperto con un altro linguaggio comunicativo che è il cinema.

A dicembre 2022 è approdato nelle sale anche Diabolik 2 – Ginko all’attacco! diretto dai Manetti Bros. che ti vede coinvolto nei panni dell’Agente Urban: qual è la differenza più significativa che hai riscontrato tra loro e Gabriele Salvatores?
Sono due mondi lontanissimi che si incontrano nello stesso linguaggio che è quello del cinema. I Manetti hanno tutta una loro mitologia di un cinema di genere Anni Settanta/Ottanta. Sono due fratelli e lavorano proprio da fratelli (ride, n.d.r.). Poi loro sono molto “operai” del cinema: è stato interessante vedere come Marco si approcciasse più alla regia tradizionale, ovvero dietro il monitor, con indicazioni; Antonio, invece, con la steady da operatore. Poi comunicano molto: questo mi ha colpito, anche se la mia presenza sul loro set è stata breve, perché faccio un cameo.

Marco Bonadei in Diabolik 2 - Ginko all'attacco
Marco Bonadei in Diabolik 2 – Ginko all’attacco (Courtesy of Press Office) – VelvetMag

Parlando più in generale, tornando invece alle origini, quando hai scoperto la tua passione per la recitazione?

È stato un insieme di eventi, come succede un po’ per tutte le cose. Uno di questo che ricordo, tra i primi, risale alla prima media: partecipo al saggio di un’altra classe. Allora, premetto che ero un bambino un po’ particolare, atipico e problematico: mi vedono in quello spettacolo e l’insegnante rimane piacevolmente colpita, nel senso che ero bravino in qualcosa quando in tutto il resto ero un disastro. (ride, n.d.r.) Da lì è stata una conseguenza e mi sono appassionato.

Poi mi sono iscritto a una scuola di recitazione, La quinta praticabile, a Genova che è la mia città natale. Da lì, ho frequentato l’Accademia del Teatro Stabile di Torino, dopodiché ho iniziato quasi subito a lavorare in teatro, stringendo con il tempo un legame con il Teatro Elfo Puccini di Milano, in particolar con Elio De Capitani e Cristina Crippa. Da lì, quando Gabriele mi ha visto in scena, ha pensato al ruolo di Sam Verona in Comedians.

L’esperienza del teatro

Hai parlato del tuo legame Teatro Elfo Puccini di Milano, in cui di recente hai portato il monologo Apple Banana regia collettiva nei panni di George diviso tra “parte animale” e “coscienza acquisita”: da cosa deriva l’idea?

Ho messo insieme un team di diversi collaboratori, tra cui Aureliano Delisi, che ha curato la scrittura del testo, Vincenzo Zampa (attore) e Alessandro Frigerio. Lo spettacolo è un lavoro di ricerca e nasce da diverse fonti e ispirazioni, che sono state tradite, smembrate e utilizzate: c’è di tutto. Era nata in me l’esigenza di trasformare in teatro frammenti di idee, riflessioni. Questo ci ha portato a fare uno spettacolo che avesse come tema “la scelta”: cosa scegliere per fare questo lavoro?

E poi era un argomento che mi era molto caro, la capacità di scegliere e riconoscere che la scelta non sia un atto totalmente volontario, ma spesso per alcuni è solo un’illusione. Abbiamo deciso di porre questa figura in un’astrazione, tra regno animale e regno animale che non consideriamo come tale ma umano e evoluto. Quindi c’è anche la scelta se evolvere come esseri umani, come evolvere, in che direzione e il desiderio di evolvere come individui.

Progetti in cantiere e un sogno nel cassetto?

Assolutamente. Il sogno nel cassetto è di poter realizzare ruoli sempre più interessanti come attore, perché sento il desiderio di esplorare parti di me, sia in ambito teatrale che cinematografico. C’è poi il mio sogno di portare avanti il mio desiderio autoriale e registico in ambito teatrale. Ho un desiderio in particolare, ma me lo tengo per me scaramanzia. Sai, gli attori sono un po’ scaramantici. (ride, n.d.r.)

Lorenzo Cosimi

Cinema e tv

Romano, dopo la laurea triennale in Dams presso l’Università degli Studi Roma Tre, si è poi specializzato in Media, comunicazione digitale e giornalismo alla Sapienza. Ha conseguito il titolo con lode, grazie a una tesi in Teorie del cinema e dell’audiovisivo sulle diverse modalità rappresentative di serial killer realmente esistiti. Appassionato di cinema, con una predilezione per l’horror nelle sue molteplici sfaccettature, è alla ricerca costante di film e serie tv da aggiungere all’interminabile lista dei “must”. Si dedica alla produzione seriale televisiva con incursioni sui social.

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