Cani blu a Chernobyl: il misterioso colore non dipende dalle radiazioni, ma da un fenomeno chimico sorprendente. Ecco cosa sta accadendo davvero.
Tra gli edifici abbandonati e le foreste che hanno ripreso il sopravvento attorno a Pripyat, qualcosa di insolito ha catturato l’attenzione dei volontari. Alcuni dei cani liberi che popolano la zona di esclusione di Chernobyl sono apparsi con un mantello di un blu intenso, quasi elettrico. Le immagini, diffuse sui social, hanno rapidamente fatto il giro del mondo, alimentando stupore e allarme.
Non è la prima volta che i cani di Chernobyl diventano protagonisti di racconti quasi leggendari. Discendono dagli animali domestici lasciati indietro durante l’evacuazione del 1986, e da allora vivono in uno dei luoghi più simbolici del rapporto tra uomo, natura e disastro tecnologico. Oggi, però, a riportarli sotto i riflettori non è la radioattività, ma un fenomeno ancora inspiegato che tinge il loro pelo di blu.
Gli esperti del gruppo Dogs of Chernobyl, che da anni si occupano della loro cura e del monitoraggio sanitario, hanno segnalato l’anomalia: “Solo pochi giorni fa questi cani non avevano alcuna colorazione insolita. Ora sì. E nessuno capisce perché”.

I cani di Chernobyl sonno diventati blu
Un mistero che arriva dal silenzio di Chernobyl
La prima reazione, inevitabilmente, è stata quella di collegare il fenomeno alle radiazioni. Ma i ricercatori invitano alla calma: nessun segno di mutazioni genetiche o malattie è stato riscontrato negli animali, che appaiono sani, attivi e curiosi. La spiegazione più plausibile, almeno per ora, è di natura chimica e ambientale. Nelle vicinanze di Chernobyl esistono ancora depositi industriali abbandonati, officine, laboratori e vecchie fabbriche che, negli anni, hanno rilasciato nel terreno e nell’aria sostanze contaminanti. Tra queste, potrebbero esserci pigmenti a base di rame o composti come il solfato di rame, capaci di conferire al pelo una colorazione blu-azzurra quando entrano in contatto con la pelle o l’umidità.
Un caso simile era già stato documentato nel 2021 a Dzeržinsk, in Russia: un gruppo di cani randagi aveva assunto la stessa tonalità dopo essersi rifugiato in una fabbrica dismessa di prodotti chimici. Le analisi avevano escluso qualsiasi anomalia genetica, confermando che la colorazione era dovuta semplicemente a residui di sostanze industriali.
A Chernobyl, tuttavia, il contesto è più complesso. La zona di esclusione è un ecosistema unico, dove l’assenza dell’uomo ha permesso alla natura di riprendersi gli spazi, ma anche dove giacciono tonnellate di materiali in disuso, depositi e macchinari contaminati. È possibile che i cani si siano rotolati o abbiano dormito su terreni impregnati di polveri chimiche, liberate da piogge o lavori di scavo.
Le analisi di laboratorio sul pelo e sul sangue degli animali chiariranno presto l’origine precisa del colore. Ma l’episodio, al di là della curiosità, richiama l’attenzione su un problema ambientale reale: la presenza di sostanze tossiche ancora non bonificate, che continuano a interagire con la fauna locale.

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