Royal Life

Principessa Anna, lo scandalo della minigonna. “Gambe favolose”. La censura di Buckingham Palace non approvò

Principessa AnnaPrincipessa Anna, lo scandalo della minigonna ( Fonte IG @anneprincessroyal ) - velvetmag.it

La giovane Anna sfidò il protocollo reale con una minigonna nel 1968, creando uno scandalo che segnò la storia della monarchia britannica.

La principessa Anna, oggi tra le figure più rispettate della Famiglia Reale britannica, è conosciuta per l’enorme quantità di impegni ufficiali, per il rigore e per la dedizione che l’ha accompagnata fin dall’adolescenza. È la reale che, ogni anno, porta avanti più attività pubbliche di qualunque altro membro della Corona e ha sostenuto la madre, la regina Elisabetta II, fino agli ultimi giorni. Eppure, prima di diventare un punto fermo della Monarchia, mostrò una personalità molto più ribelle, tanto da guadagnarsi il soprannome di “royal rebel” sui giornali britannici. Quel periodo, che risale alla fine degli anni Sessanta, rivelò un lato inaspettato di Anna: una ragazza determinata, attratta dalla moda, e pronta – già – a sfidare il pesante protocollo reale.

La giovane principessa tra desiderio di libertà, moda e pressioni di Buckingham Palace

Nella Londra del 1968 l’atmosfera era carica di fermento: movimenti studenteschi, dibattiti pubblici, nuovi linguaggi culturali e una forte spinta verso la modernità. Anche se la monarchia rimaneva ancorata alla tradizione, la giovane Anna viveva la sua età con il desiderio di interpretare il proprio tempo. Aveva un carattere deciso, una propensione naturale alla modernità, e una grande attenzione per gli abiti che raccontavano la cultura giovanile del periodo. La minigonna, simbolo della rivoluzione femminile e della nuova estetica londinese, rappresentava uno dei capi più discussi del decennio. Nelle boutique di Carnaby Street spopolava, ma dentro Buckingham Palace continuava a essere vista come un segno di eccessiva libertà.

La principessa mostrava spesso preferenze stilistiche meno rigide rispetto alle cugine e alle sorelle, e molti fotografi dell’epoca notarono la sua inclinazione verso capi più contemporanei. Anna cercava una forma di espressione personale, e lo faceva proprio attraverso la moda, che per lei diventava un linguaggio silenzioso ma potente. L’occasione che trasformò questa inclinazione in uno scandalo reale arrivò il 7 settembre 1968 durante una visita ufficiale in Scozia, a Braemar, per gli Highland Games, dove era attesa insieme al fratello Carlo e alla zia Margareth.

Principessa Anna

La giovane principessa tra desiderio di libertà ( Fonte IG @anneprincessroyal ) – velvetmag.it

Quel giorno indossò un completo azzurro con minigonna, un dettaglio che destò immediata sorpresa tra gli spettatori. Le prime foto, scattate mentre attraversava l’area degli Highland Games, rimbalzarono sulle scrivanie dei quotidiani britannici nell’arco di poche ore. I tabloid la definirono “fabulous legs”, esaltando la scelta stilistica e trasformandola in un’icona di stile per migliaia di ragazze. Le giovani donne inglesi la videro come una figura più vicina alle loro vite, una reale capace di dialogare con la società contemporanea anziché limitarsi al rigido vestuario imposto dalla tradizione.

La reazione a Buckingham Palace fu opposta. La Regina Madre – secondo ricostruzioni riportate anni dopo – la rimproverò con decisione, sottolineando l’importanza del decoro e delle regole. Per la Corte, quella gonna non era solo un capo d’abbigliamento: rappresentava un simbolo politico, culturale e sociale. Per Anna, invece, era semplicemente libertà, un modo per sentirsi parte del proprio tempo e non l’ennesima figura ingabbiata nella formalità della Monarchia.

Lo scandalo della minigonna: i tabloid inglesi, il rimprovero reale e l’eredità culturale di un gesto

Le fotografie scattate a Braemar fecero il giro del Regno Unito e suscitarono un enorme interesse mediatico. I giornali più conservatori parlarono di “scandalo”, sottolineando che una minigonna indossata da una principessa rappresentava una mancanza di rispetto verso la Corona. Al contrario, le testate più vicine ai movimenti culturali del Sessantotto lodarono la giovane reale, presentandola come un volto moderno della monarchia. La stampa internazionale, da Parigi a Berlino, riprese l’episodio come simbolo delle tensioni generazionali che attraversavano l’Europa.

Per molte giovani britanniche Anna divenne una figura rivoluzionaria senza volerlo: un simbolo di autonomia, un esempio di come il potere della moda potesse riflettere uno spirito culturale. Lo scatto del completo azzurro contribuì a modernizzare la sua immagine pubblica, pur generando un attrito evidente con le aspettative della corte. Non a caso, biografi e studiosi della monarchia inglese, negli anni successivi, avrebbero definito quella giornata come una delle prime fratture tra tradizione e modernità nel contesto reale.

All’interno di Buckingham Palace il gesto non venne accolto con leggerezza. La minigonna, per la Corona, significava molto più di un trend. I membri senior della famiglia reale temevano che quell’immagine potesse essere letta come una mancanza di rispetto verso il protocollo, già messo alla prova dai cambiamenti culturali dell’epoca. La Regina Madre, a quanto riferito da testimonianze riportate dai giornali negli anni Ottanta, rimarcò alla giovane Anna la necessità di mantenere un profilo conforme al ruolo istituzionale. Nonostante ciò, il gesto non venne rinnegato. Anna continuò a partecipare agli eventi pubblici con lo stesso carattere determinato che negli anni la trasformò nella “lavoratrice instancabile” della monarchia.

Tra i cittadini, però, l’effetto fu duraturo: molte donne videro in quella minigonna un segno di vicinanza, un gesto spontaneo in un mondo percepito come distante. Con il tempo, quella scena entrò nel repertorio visivo della cultura pop britannica, diventando un ricordo ancora citato. Non un atto di ribellione politica, ma un momento in cui moda, personalità e storia si incrociarono, mostrando una principessa che, almeno per un giorno, decise di parlare non con le parole ma con un abito.

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