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Giuli, social scatenati sul discorso del ministro: incomprensibile o visionario?

Celebre per una rivisitazione in chiave conservatrice del fondatore del PCI, Antonio Gramsci, ha usato espressioni criptiche e volutamente altisonanti

Il recente intervento del neo-ministro della Cultura, Alessandro Giuli, alla Camera ha provocato una vera e propria bufera sui social network. Le parole del ministro, improntate a concetti come “apocalittismo difensivo” e “rivoluzione permanente dell’infosfera globale”, sono state al centro di una ridda di commenti e critiche, con molti che lo accusano di essere incomprensibile e distaccato dalla realtà.

L’elemento che ha suscitato il maggiore scalpore è stata la scelta di un linguaggio volutamente complesso e filosofico. Frasi come “un’ontologia intonata alla rivoluzione dell’infosfera globale” hanno sollevato critiche, con alcuni che lo hanno definito “una supercazzola“, richiamando un termine ironico legato a discorsi privi di significato reale. La discussione si è rapidamente diffusa sui social, dove si sono moltiplicati i meme e le parodie.

Alessandro Giuli discorso alla Camera
Il ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Foto Ansa/Fabio Frustaci

I sostenitori di Giuli

Nonostante le numerose critiche, Giuli ha anche ricevuto sostegno da parte di alcuni esponenti del mondo culturale e politico, che ne hanno difeso il discorso come espressione di un alto background culturale. Il deputato Mollicone di Fratelli d’Italia ha dichiarato che “chi lo attacca non ha argomenti“, mentre altri hanno sottolineato come il ministro abbia cercato di affrontare questioni complesse e strategiche legate al futuro della cultura nell’era digitale.

La reazione dei social

Il vero campo di battaglia è stato però rappresentato dai social network. Su Twitter e Instagram, migliaia di utenti si sono scatenati con battute ironiche e commenti sferzanti. Tra chi lo accusa di usare un linguaggio inutilmente complicato e chi ne prende le difese, sostenendo che un linguaggio forbito non è sinonimo di scarsa comprensibilità, la figura di Giuli è diventata oggetto di discussioni virali.

Un discorso divisivo

In definitiva, il discorso di Alessandro Giuli ha ottenuto l’effetto di far parlare di sé, ma forse non nel modo sperato. Le opposizioni hanno criticato l’uso di termini complessi e lontani dalla quotidianità, sottolineando come il ministro dovrebbe parlare con maggiore chiarezza a tutto il Paese.

D’altra parte, alcuni difendono la sua visione, ritenendo che il suo intervento abbia il merito di porre le basi per un dibattito culturale più profondo in un mondo in continua trasformazione. L’impatto del discorso di Giuli sui social è stato notevole, evidenziando ancora una volta come la comunicazione politica nell’era digitale debba saper affrontare non solo i contenuti, ma anche le modalità con cui questi vengono espressi.

Giuli critiche per il discorso alla Camera
Il ministro della Cultura, Alessandro Giuli con il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi. Foto Ansa/Ettore Ferrari

Cosa ha detto Giuli

Il neo ministro della Cultura ha iniziato il discorso con una parafrasi di Hegel: “La conoscenza è il proprio tempo appreso con il pensiero. Chi si appresta a immaginare un orientamento per l’azione culturale nazionale non può che muovere dal prendere le misure da un mondo entrato nella dimensione compiuta della tecnica e delle sue accelerazioni. Il movimento delle cose è così vorticoso, improvviso, così radicale nelle sue implicazioni e applicazioni che persino il sistema dei processi cognitivi delle persone e non solo delle ultime generazioni ha cominciato a mutare con esso”.

Poi il discorso di Giuli si è fatto un po’ oscuro. E del resto il ministro aveva anticipato che stava per pronunciarne “una parte un po’ più teoretica”. “Di fronte a questo cambiamento di paradigma, la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale, il rischio che si corre è duplice e speculare”.

“L’entusiasmo passivo, che rimuove i pericoli della ipertecnologizzazione, e per converso l’apocalittismo difensivo che rimpiange un’immagine del mondo trascorsa, impugnando un’ideologia della crisi che si percepisce come processo alla tecnica e al futuro intese come una minaccia”. Dopo questo passaggio Giuli ha domandato: “Siamo dunque precipitati nell’epoca delle passioni tristi?”. “No” si è risposto subito dopo.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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