L’ex terrorista Bertulazzi arrestato in Argentina dopo 44 anni di latitanza
Deve scontare 27 anni di galera. Prese parte al sequestro dell'industriale Pietro Costa, nel 1977 a Genova
Leonardo Bertulazzi, 75 anni, ex terrorista delle Brigate rosse (Br) e latitante dal 1980, è stato arrestato a Buenos Aires, in Argentina, dove era già finito dietro le sbarre per pochi mesi nel 2002. La nuova cattura di Bertulazzi, seppure molto tardiva, rappresenta un altro piccolo passo verso la ricerca della giustizia per le vittime degli omicidi, dei ferimenti, dei sequestri e delle rapine di quella che fu una fallimentare organizzazione rivoluzionaria comunista.
Bertulazzi era un membro di spicco della colonna genovese delle Br, che, come è noto furono un gruppo terroristico di estrema sinistra attivo in Italia tra gli Anni Settanta e Ottanta. Nacquero poi le nuove Brigate rosse -Partito comunista combattente, anch’esse sgominate, ma capaci di lasciare dietro di sé una scia di sangue innocente. Le Br-Pcc assassinarono nel 1999 il professor Massimo D’Antona e nel 2002 il professor Marco Biagi.
Le vecchie Brigate rosse raggiunsero invece il culmine delle loro azioni terroristiche con il rapimento e l’omicidio del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, nel 1978. Fu l’inizio della fine dell’organizzazione, i cui esponenti non hanno mai davvero chiarito i molti punti oscuri del sequestro e dell’assassinio dell’onorevole Moro.
Bertulazzi, 40 anni di latitanza
L’ex brigatista latitante appena arrestato in Argentina, Bertulazzi, sebbene non direttamente coinvolto in quel caso specifico, ha avuto un ruolo cruciale in altri atti violenti delle Br. In particolare nel sequestro dell’ingegner Pietro Costa (figlio di Giacomino Costa, membro della storica famiglia di armatori liguri) nel 1977. Il rapimento di Costa, un industriale, ebbe lo scopo di ottenere un riscatto destinato a finanziare ulteriori attività terroristiche. Si ritiene che con quei denari le Br acquistarono l’appartamento a Roma in cui fu tenuto prigioniero Aldo Moro.
Dopo il rapimento di Costa, Bertulazzi riuscì a fuggire dall’Italia: ha vissuto in libertà fino a oggi per 44 anni ma deve scontare 27 anni di galera. Durante questo periodo, è riuscito a sfuggire a numerosi tentativi di cattura, spostandosi tra vari Paesi. Le autorità italiane e internazionali hanno continuato a monitorare i suoi movimenti, e finalmente, grazie a una cooperazione tra le forze dell’ordine italiane e argentine, è stato arrestato a Buenos Aires.
Come generalmente avviene nei casi di lunga o lunghissima latitanza, è logico pensare che si tratti di una persona che ha goduto di protezioni e appoggi sotto vari profili. Adesso ci si attende che Bertulazzi giunga in Italia a seguito dell’estradizione. Come del resto è avvenuto nel 2019 per l’ex terrorista per Proletari armati per il comunismo (Pac) Cesare Battisti. Nel 2020 l’attuale presidente del Brasile, Lula, chiese scusa per aver concesso asilo politico in Brasile a Battisti.
Anni di piombo e oscurità
L’arresto di Bertulazzi ha suscitato numerose reazioni nel panorama politico italiano. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso gratitudine alle autorità argentine per la loro collaborazione e ha sottolineato l’importanza di questo arresto per la giustizia e la memoria storica dell’Italia.
“L’arresto di Bertulazzi è una vittoria della giustizia. È un segnale che nessuno può sfuggire alle proprie responsabilità, anche dopo decenni“, ha dichiarato Meloni. Il caso di Leonardo Bertulazzi rappresenta uno degli ultimi capitoli della lunga e dolorosa storia del terrorismo rosso in Italia. Che però non soltanto non è finita ma chiede ancora verità e giustizia perché mancano molti tasselli per ricostruire complicità, appoggi e protezioni ai brigatisti. Forse anche dentro apparati dello Stato come i servizi segreti.