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Ucraina due anni dopo: né vincitori né vinti. Come cent’anni fa nelle trincee della Grande Guerra

Il 2024 sarà decisivo. Se Usa e Ue resteranno al fianco di Kiev, Putin non prevarrà. Resta la speranza di una mediazione per un tavolo di pace

Il prossimo 24 febbraio si compiranno 2 anni esatti dall’invasione russa dell’Ucraina e Kiev entrerà nel terzo anno di resistenza. La guerra è in stallo. Fra gli analisti si sprecano i paragoni con le trincee del primo conflitto mondiale. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha affermato che negli ultimi 12 mesi il suo esercito ha sparato più proiettili di artiglieria da 155 millimetri (per cannoni) di quanti ne produce l’intera industria mondiale degli armamenti nello stesso periodo di tempo. Ma il fronte è fermo. La Russia ha conquistato il 20% circa del territorio ucraino, mettendo saldamente le mani sul Donbass, a Est.

Certo, Putin ha fallito rispetto all’obiettivo massimo di due anni fa: la rapida conquista di Kiev, tramite una blitzkrieg. Una guerra lampo per spodestare la presidenza Zelensky e assumere direttamente o indirettamente il controllo di un territorio – l’Ucraina – che la Russia rivendica come proprio, basandosi sull’epica imperialistica della vecchia Unione sovietica (Urss). Ma anche l’Ucraina ha fallito. Non è riuscita a ricacciare indietro i russi se non parzialmente, e non dal Donbass. E non ha riconquistato militarmente la Crimea annessa a Mosca nel 2014. Dunque non ha restaurato i confini dell’indipendenza (1991), raggiunta dopo il crosso dell’Urss.

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Soldati ucraini. Foto Ansa/Forze armate Ucraina

Ucraina, fronte interno in crisi

Nel frattempo molte cose sono cambiate. Zelensky vorrebbe la mobilitazione di 500mila uomini oltre ai 500mila già facenti parte delle forze armate. E se la prende con gli uomini ucraini riparati all’estero. Ma sconta la stanchezza della popolazione e un calo di consenso. Oltre a polemiche politiche e militari. Ultima delle quali, per quanto filtrato in Occidente, riguarderebbe la rimozione del capo di Stato Maggiore, generale Valery Zaluzhny, sul punto di essere silurato lunedì 29 gennaio.

Zaluzhny potrebbe dimettersi a breve. Di certo aveva definito la guerra di resistenza alla Russia in una situazione di stallo già lo scorso novembre in un’intervista al Financial Times. Zelensky si era affrettato a sostenere con ottimismo che la guerra proseguiva e non c’erano stalli di sorta. “Naturalmente possiamo mentire euforicamente alla nostra gente e ai nostri partner ma non possiamo farlo per sempre” aveva chiosato il sindaco di Kiev, Vitaly Klitschko, in un’intervista al quotidiano svizzero 20 Minuten, lo scorso dicembre. “Le aspettative erano e sono tante e Zelensky sta pagando per gli errori commessi. La gente si chiede come mai non eravamo meglio preparati per questa guerra. Come mai Zelensky abbia negato fino alla fine che ciò sarebbe accaduto“.

La stanchezza degli alleati

Alla spossatezza degli ucraini fa da specchio l’incrinatura dell’Occidente, delle sue opinioni pubbliche e della sua classe politica. Se nel primo anno di guerra Usa ed Unione europea hanno appoggiato senza colpo ferire l’Ucraina, dal secondo anno gli alleati di Kiev sono entrati in crisi. La controffensiva estiva del 2023 è stata un fallimento, mentre il capo di Stato Maggiore americano, generale Mark Milley, già un anno fa, a febbraio 2023, aveva preannunciato che non ci sarebbero stati vincitori nella guerra d’Ucraina. Perlomeno non entro lo scorso anno. E che l’unica soluzione per tutti – Putin e Zelensky in primis – era di sedersi al tavolo dei negoziati.

Generale Milley Stati Uniti
Il capo di Stato Maggiore Usa, Mark Milley. Foto Ansa/Epa

Milley non è stato ascoltato. Così come sono andati a vuoto gli appelli alla pace, e a un’iniziativa diplomatica corale, di papa Francesco. Per non parlare dei tentativi esperiti in questo senso dalla Turchia. E anche dalla Cina. Ora la Polonia e i paesi baltici – Estonia, Lettonia e Lituania si preparano al peggio: un’invasione russa in un futuro non remoto. La Finlandia e la Svezia sono entrate nella NATO abbandonando decenni di neutralità. E cominciano a far fare esercitazioni ai civili su come comportarsi in caso di attacco russo. Del resto a dicembre scorso il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, lo ha detto chiaro alla Tv tedesca Ard: “Dobbiamo essere preparati alle cattive notizie“. Tradotto: a che l’Ucraina perda la guerra.

“Putin può vincere la guerra”

Parole pronunciate 2 giorni dopo un’analisi dell’Economist in cui si affermava: “Per la prima volta da quando Putin ha invaso l’Ucraina, il 24 febbraio 2022, sembra che possa vincere. Il presidente russo ha preparato il suo paese alla guerra e ha rafforzato il suo controllo sul potere. Si è procurato forniture militari all’estero e sta contribuendo a rivoltare il sud del mondo contro l’America. Sta minando in Occidente la convinzione che l’Ucraina possa e debba emergere dalla guerra come una fiorente democrazia europea“.

La guerra infuria e sta per entrare nel suo terzo anno. Non si è mai verificato un solo giorno di tregua. Si calcola che, alla scorsa estate, fossero morti 70mila soldati ucraini e ne fossero rimasti feriti fra i 100mila e i 120mila (fonte New York Times). Circa 10mila i civili uccisi (fonte ONU). I numeri ufficiali non sono noti perché coperti da segreto di Stato. Da parte russa le stime sono ancora più difficili. Di certo anche i russi hanno perduto molte decine di migliaia di soldati.

Orban Ungheria Ucraina veto rimosso
Il primo ministro ungherese, Viktor Orban. Foto Ansa/Epa Yoan Valat

La Ue, gli Usa e l’Ucraina

Il 1 febbraio 2024 il Consiglio europeo di Bruxelles ha varato all’unanimità un nuovo pacchetto di aiuti all’Ucraina per 50 miliardi, 18 dei quali Kiev si attende arrivino entro 2 mesi. Il veto dell’Ungheria del premier-padrone Viktor Orban non c’è più. Ma per rimuoverlo Macron, Scholz e Meloni hanno dovuto minacciare Orban di sospendere l’Ungheria dall’Unione europea ai sensi del Trattato costituivo. Zelensky attende altri 61 miliardi da Washington, bloccati a ottobre scorso dai repubblicani. E Putin? Spera che al prossimo novembre sia Trump a vincere le presidenziali negli Stati Uniti, e non Biden. Per lui sarebbe una svolta. Agli occhi dell’autocrate del Cremlino non è più fondamentale la conquista di altro territorio in Ucraina. Bensì il riuscire a dimostrare di poter imporre con la forza il suo “ordine multipolare” costringendo gli Stati Uniti, l’Europa e la NATO a una sconfitta politica senza precedenti.

Il 2024 è un anno decisivo. Se Europa e Usa resteranno al fianco dell’Ucraina la vittoria di Putin sarà impossibile. Se non lo faranno potrebbe crearsi un precedente molto pericoloso per altri paesi del Vecchio Continente. A meno di un miracolo: una mediazione internazionale di alto livello in grado di far sedere Zelensky ma soprattutto Putin al tavolo della pace per spezzare la spirale della “terza guerra mondiale a pezzi“, come dice papa Francesco, che rischia di travolgere tutti nell’arco dei prossimi anni.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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