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Elezioni in Serbia, Vučić stravince ma l’opposizione accusa: “Brogli e minacce”

Alle legislative il Partito del Progresso Serbo ottiene il 46% e la maggioranza dei seggi. C'è il sospetto di frodi ed elettori prezzolati

Tensione in Serbia all’indomani delle elezioni politiche di domenica 17 dicembre che hanno confermato un’ampia maggioranza parlamentare al partito del presidente Aleksandar Vučić. Il Partito del Progresso Serbo (SNS) ha ottenuto il 46,6% dei voti e la maggioranza dei seggi in Parlamento. La coalizione di opposizione “Serbia contro la violenza”, non è andata oltre la metà dei suffragi del partito di maggioranza: il 23,1%. E ora gli anti-Vučić attaccano: “È stata una frode elettorale”.

Nel corso di una conferenza stampa tenuta assieme alla prima ministra Ana Brnabic, il presidente della Serbia ha affermato: “Questa vittoria netta mi rende molto felice. Siamo coscienti dei risultati raggiunti nell’ultimo periodo e delle difficoltà che ci aspettano“. Oltre al grande successo nelle elezioni parlamentari, il Sns ha registrato anche una vittoria – seppur meno larga – nelle comunali di Belgrado, la capitale. Vucic ha detto che il Sns ha vinto con il 39% dei voti, registrando un margine di 5 punti percentuali sull’opposizione.

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Il presidente serbo Aleksandar Vucic (al centro). Foto Ansa/Epa Andrej Cukic

La Serbia, la Ue e Mosca

Vučić aveva convocato le elezioni parlamentari anticipate per massimizzare lo scenario prospettato dai sondaggi (di una facile vittoria), che si è puntualmente verificato. Così, dopo circa 10 anni in politica, il presidente ha potuto ampliare il successo del suo partito in un momento delicato per la Serbia. Belgrado sta infatti tentando di accelerare il suo ingresso nell’Unione europea, malgrado che i vertici politici di Bruxelles ritengano la Serbia uno dei principali paesi alleati della Russia.

Basti pensare che nel blocco europeo è l’unico a non aver inflitto sanzioni a Mosca dopo l’invasione dell’Ucraina. Le elezioni parlamentari anticipate, le quinte dal 2012, hanno conciso con le elezioni locali nella maggior parte dei comuni. Da Belgrado, come detto, alla provincia settentrionale della Vojvodina. Con una popolazione di 1,4 milioni di persone, Belgrado rappresenta circa un quarto dell’elettorato serbo. E il suo sindaco è considerato uno dei funzionari più influenti della Serbia.

I sospetti di brogli e minacce

Il cartello elettorale Serbia Against Violence ha accusato il partito al potere di frode elettorale, dichiarando che presenterà un reclamo alla commissione elettorale statale. Come riporta Euractiv.it, l’organizzazione non governativa serba CeSID (Centre for Free Elections and Democracy) ha segnalato una serie di irregolarità, tra cui l’arrivo organizzato di elettori ai seggi, la fotografia delle schede elettorali ed errori procedurali. “Abbiamo assistito a un grave tentativo di rubare le elezioni” ha dichiarato domenica sera Miroslav Aleksić, uno dei leader della coalizione delle opposizioni.

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Miroslav Aleksic, fra i leader dell’opposizione. Foto X @MiikiAleksic

I partiti di opposizione e gli organismi di tutela dei diritti accusano inoltre Vučić e l’SNS di corrompere gli elettori, soffocare la libertà dei media, fare violenza contro gli oppositori. Ma anche di legami con la criminalità organizzata. Il 17 dicembre un totale di 18 partiti e alleanze si sono contesi il sostegno dei 6,5 milioni di elettori per 250 seggi in parlamento.

Due sparatorie di massa a maggio scorso, che hanno provocato 18 morti – fra cui 9 bambini – hanno scatenato proteste che hanno politicamente scosso Vučić e il SNS, al potere da 10 anni. Il malcontento si è aggravato a causa dell’aumento dell’inflazione, che a novembre ha raggiunto l’8%. Tuttavia, almeno sul piano dei risultati elettorali – ancorché potenzialmente inquinati da frodi elettorali che sono però da dimostrare – il partito del presidente ha stravinto.

In ogni caso, prima di entrare nella Ue, la Serbia dovrà normalizzare le relazioni tesissime con il Kosovo, la sua ex provincia a maggioranza albanese che ha dichiarato l’indipendenza nel 2008 dopo una guerra alla fine degli Anni Novanta. I colloqui tra Belgrado e Pristina, mediati da Bruxelles, sono in fase di stallo e le tensioni rimangono alte.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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