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Renzi annuncia: “Ci separiamo da Azione, sennò facciamo ridere”

La politica italiana sempre più dominata dai personalismi, inevitabili fra partiti sempre più simili a comitati elettorali di un solo leader

Si consuma definitivamente la triste fine del Terzo Polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda, due uomini politici centristi che hanno cercato per mesi di vivere un ‘matrimonio’ difficilissimo. La prospettiva di una federazione di centro che attraesse gli elettori insoddisfatti dal PD come da Forza Italia è naufragata miseramente.

E così Renzi rompe definitivamente con Calenda dopo che quest’ultimo più volte aveva affermato che la prospettiva di fusione fra Azione e Italia Viva era morta. “Oggi ufficializziamo la separazione delle strade con gli amici di Azione” ha annunciato Renzi nella sua E-news il 19 ottobre.

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Matteo Renzi. Foto Ansa/Daniel Dal Zennaro

Renzi contro Calenda (e viceversa)

Abbiamo provato fino all’ultimo a chiedere di fare la lista insieme e la risposta di Calenda è stata sprezzante” ha rimarcato l’ex segretario del PD. “Ognuno ha il suo stile, noi non facciamo polemica. Dunque auguri a tutti e ognuno per la sua strada. Meglio finire questa telenovela che farci ridere dietro da mezza Italia“. “Io voglio fare politica, non vivere circondato da cavilli regolamentari e da rancori personali” rivendica Renzi.

I gruppi di Camera e Senatosi chiameranno Italia Viva-Il Centro-Renew Europe” ha spiegato l’ex premier. La puntata finale dell’estenuante soap opera politica del divorzio tra Azione e Italia Viva è proprio la scissione dei gruppi parlamentari, ultimi superstiti della federazione tra i due partiti. I quali si erano presentati insieme alle elezioni politiche di settembre 2022, raggranellando l’8% dei suffragi, nettamente inferiore alle aspettative.

Ma tutto l’impianto politico-partitico era crollato dopo la rottura, lo scorso aprile, del patto tra Carlo Calenda e Matteo Renzi. Eppure Italia Viva solo adesso arriva allo strappo, perché forte della ‘campagna acquisti’ che gli consente di formare gruppi autonomi in entrambi i rami del Parlamento. Grazie al recente arrivo di Dafne Musolino da Sud chiama Nord, infatti, i renziani al Senato sono 7 (uno in più dei 6 necessari). Mentre i 4 calendiani dovrebbero finire nel Gruppo Misto presieduto da Peppe De Cristofaro di Alleanza Verdi e Sinistra. Poco importa a Renzi e compagni di aver perso alcuni dei loro come la ex ministra Elena Bonetti.

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Carlo Calenda. Foto Ansa/Matteo Corner

Corsa a un seggio in Europa

Ad accelerare la crisi è stata una lettera firmata da tutti i senatori di Italia Viva e indirizzata al capogruppo Enrico Borghi, a sua volta un transfugo dal PD. Gli chiedevano, di fatto, di mettere fine all’esperienza parlamentare del fu Terzo Polo. Il casus belli , argomenta il Fatto Quotidiano, è stato trovato in una frase di Calenda alla festa del Foglio del 14 ottobre. “Azione non andrà alle Europee insieme a Italia viva” ha detto l’ex ministro dello Sviluppo economico, formalizzando ciò che era già noto a tutti gli addetti ai lavori.

Ma già Matteo Renzi aveva lanciato, in vista delle elezioni europee del giugno 2024, “il brand il Centro” come disse con espressione da manager di marketing aziendale. Un’operazione per arrivare a un listone ‘acchiappatutto’ ed essere sicuro di entrare nel Parlamento europeo. Dietro la rottura c’è quindi anche la corsa per un seggio a Strasburgo. “Alle elezioni faremo un grande risultato. Ne sono certo” dice ora Renzi. Che poi annuncia una sorta di campagna autunnale: “Dopo il congresso è il momento di ripartire. All’inizio di novembre formalizzeremo gli incarichi e le responsabilità come previsto dallo Statuto. Nel frattempo però voglio fare un tour in 10 città del Paese per invitare i nostri amici e non solo a volare alto e tornare alla politica. Che è la cosa che sappiamo fare e che dobbiamo fare“.

 

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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