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Omicidio Rostagno, Mattarella: “La Mafia lo uccise perché svelava le trame delle cosche”

Il capo dello Stato ricorda il giornalista e sociologo, fondatore di "Lotta Continua" e della comunità Saman

Nel giorno dei funerali del presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, il 26 settembre, si è ricordato anche il 35° anniversario della morte di Mauro Rostagno. Sociologo, giornalista, capo del movimento studentesco del Sessantotto e fondatore di Lotta Continua, Rostagno fu assassinato a 46 anni da killer mafiosi nel Trapanese.

Trentacinque anni fa un vile agguato mafioso strappò Mauro Rostagno all’affetto della figlia, dei familiari, degli amici. E di quanti con lui condivisero l’impegno sociale e le battaglie contro l’oppressione criminale” ha scritto in un messaggio il capo dello Stato, Sergio Mattarella. “A loro, anzitutto, esprimo i sensi della vicinanza e della solidarietà della Repubblica“.

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Da sin., Mauro Rostagno e Sergio Mattarella. Foto Ansa/VelvetMag

Rostagno: “Mafia è negazione della vita

La Mafia decise di uccidere Rostagno, giornalista nella provincia di Trapani, per la sua attività di denuncia di reti affaristiche e di trame organizzate dalle cosche. I capi mafiosi avevano adottato una strategia terroristica che colpì barbaramente magistrati, uomini delle istituzioni e delle forze dell’ordine. Con l’intento di annientare la libertà di cittadini e comunità. La società ha reagito. Le istituzioni democratiche hanno dimostrato che è possibile combattere e sconfiggere le mafie“.

Parole, queste ultime, che riecheggiano quelle che il Presidente stesso ha affermato per ricordare, il 15 settembre scorso, il 30° anniversario della morte di don Giuseppe Puglisi a Palermo, ucciso anch’egli da mafiosi, nel 1993. Mattarella ha quindi sottolineato che “i giovani hanno compreso ciò che Rostagno ripeteva: ‘La Mafia è la negazione della vita‘. Ricordare il suo assassinio richiama al dovere di continuare, in ogni ambito della vita sociale, nell’impegno per la libertà dalle mafie e per lo sviluppo civile delle nostre comunità” ha concluso il presidente della Repubblica.

L’omicidio e la vicenda processuale

La sera del 26 settembre 1988 un commando mafioso assassinò Rostagno in contrada Lenzi a Valderice (Trapani), a poche centinaia di metri dalla sede della comunità terapeutica per tossicodipendenti Saman, che lui stesso aveva fondato. Rostagno era a bordo della sua auto, assieme a un’ospite della comunità, quando i sicari mafiosi gli spararono con un fucile a pompa calibro 12, che scoppiò in mano a uno degli assassini, e una pistola calibro 38. Seguirono lunghi anni di indagini e depistaggi, con richieste di archiviazione, fino alla celebrazione del processo, nel 2011.

Nel maggio 2014 è arrivata la condanna in primo grado all’ergastolo per i boss trapanesi Vincenzo Virga e Vito Mazzara, ma la Corte di assise di appello di Palermo nel 2018 ha assolto Vito Mazzara e ha invece confermato la condanna alla pena dell’ergastolo per Vincenzo Virga, come mandante dell’omicidio in qualità di capo della famiglia mafiosa di Trapani. Infine, a novembre 2020, a 32 anni dalla morte di Mauro Rostagno, la Corte di Cassazione ha confermato l’ergastolo per il boss Vincenzo Virga.

Il mese di settembre porta il ricordo di diverse vittime di Mafia. Oltre a quello di Rostagno e di don Puglisi, anche quello del giudice Cesare Terranova e del maresciallo Lenin Mancuso che lo scortava, uccisi a Palermo il 25 settembre 1979. Ma si aggiunge quest’anno anche il decesso di uno dei più efferati boss mafiosi di sempre: Matteo Messina Denaro, morto di tumore, anch’egli nel giorno del 25 settembre.

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Il murales dedicato a Mauro Rostagno a Torino, sua città natale. Foto Ansa/Antonino Di Marco

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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