La città orientale di Derna, in Libia, devastata dalle inondazioni. Foto Twitter @BBCAfrica/Waleed al Talib
Funzionari della Libia orientale hanno ordinato ai giornalisti di lasciare la città portuale di Derna, in buona parte in rovina. I cronisti sono giunti in questi giorni da mezzo mondo per documentare la tragedia delle inondazioni seguite alla tempesta Daniel che fra il 9 e il 10 settembre hanno distrutto la città del nord-est del paese provocando la morte di almeno 11mila persone.
Il brutale ordine di cacciata dei giornalisti è arrivato il giorno dopo le proteste che hanno portato all’incendio della casa del sindaco della città, Abdulmenam al-Ghaithi, sull’onda della fortissima rabbia popolare. L’uomo non era più nel pieno esercizio delle proprie funzioni, sospeso a seguito del disastro senza precedenti. Come è noto, nell’arco di poche ore sono caduti sulla Libia orientale 400 millimetri d’acqua che hanno innescato il crollo di 2 dighe e la conseguente catastrofica inondazione di Derna.
La città orientale di Derna, in Libia, devastata dalle inondazioni. Foto Twitter @BBCAfrica/Waleed al Talib
Interi quartieri della città non esistono più, cancellati dalla furia dell’acqua. I morti sono migliaia e altrettanti i dispersi. Le operazioni di soccorso sono faticose e difficili. Cadaveri sono stati ritrovati a cento chilometri di distanza, portati via dalla corrente del mare. Nella tarda serata del 18 settembre manifestanti infuriati hanno dato letteralmente fuoco all’abitazione del sindaco di Derna. Abdulmenam al-Ghaithi era sindaco fino alla scorsa settimana. Ma dopo l’alluvione al primo cittadino è stato interdetto di svolgere le sue funzioni.
A Derna centinaia di persone hanno protestato sfogando la loro rabbia contro le autorità per il disastro in cui si trovano. E hanno chiesto che si individuino al più presto le responsabilità degli eventi che hanno cancellato interi quartieri. Per i cittadini non si può imputare alla furia della natura o ai cambiamenti climatici ciò che è avvenuto ma, in primo luogo, all’incuria e all’abbandono in cui si trovavano le dighe crollate e la città stessa.
A causare le peggiori conseguenze del disastro in Libia è stata infatti la rottura di due dighe che da tempo avevano dato segni di cedimento. E che non hanno resistito al passaggio del tempesta Daniel, un uragano mediterraneo molto forte. Tecnici ed esperti avevano avvisato più volte del pericolo ma i loro allarmi sarebbero stati ignorati. L’agenzia di stampa Reuters riferisce che tra i principali bersagli dei manifestanti a Derna c’era Aguila Saleh, presidente del Parlamento, tra le più importanti figure politiche della Libia orientale. Un’area del paese – la Cirenaica – che le milizie del generale Haftar controllano militarmente, in contrapposizione al Governo di Tripoli riconosciuto dall’ONU.
Vigili de fuoco italiani e spagnoli a Derna. Foto Twitter @DPCgov
“Aguila non ti vogliamo!” e “tutti i libici sono fratelli” sono alcuni degli slogan segno dell’esasperazione dei cittadini per l’instabilità politica del paese. Malgrado gli sforzi delle Nazioni Unite l’amministrazione della Libia è ancora divisa fra governi nemici. A suscitare l’ira della popolazione è stata una dichiarazione di Aguila Saleh, il presidente del Parlamento orientale. L’uomo politico ha parlato in questi giorni di un “disastro naturale senza precedenti” e ha esortato a non concentrarsi su cosa si sarebbe dovuto o potuto fare per prevenirlo.
In Libia, dove la Protezione civile italiana e i vigili del fuoco hanno inviato aiuti e uomini per contribuire ai soccorsi, la situazione si sta aggravando sul piano sanitario. La Missione di Sostegno dell’ONU si è detta particolarmente preoccupata per la contaminazione dell’acqua e la mancanza di servizi igienici dopo il crollo delle dighe a monte di Derna. L’acqua potabile è contaminata e si diffonde la dissenteria fra le persone. Ci sono seri rischi di epidemie se non si corre subito ai ripari.
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