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Santanchè: il Senato respinge la mozione di sfiducia, le opposizioni restano divise

Azione e Italia Viva non votano il testo appoggiato da PD e Avs che viene agevolmente bocciato

L’Aula del Senato ha respinto il 26 luglio la mozione di sfiducia individuale nei confronti di Daniela Santanchè, ministra del Turismo del Governo Meloni, presentata dal Movimento Cinque Stelle. I voti favorevoli sono stati 67, contrari 111 e nessun astenuto.

Hanno votato a favore M5S, PD e Avs, mentre Azione e Italia Viva non ha partecipato al voto. L’opposizione si è dunque mostrata divisa anche in questa vicenda. Un breve applauso dei senatori del Centrodestra ha accolto, in un’Aula con pochi parlamentari presenti, la bocciatura della mozione per le dimissioni della ministra del Turismo.

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La ministra del Turismo Daniela Santanchè in Senato il 26 luglio 2023. Foto Ansa/Angelo Carconi

Santanchè, vittoria ‘facile’

Daniela Santanchè è rimasta in aula al momento del voto, seduta sugli scranni del Governo. È stata una “bellissima giornata” ha detto ai cronisti. “Non intendo entrare nel merito in quanto ho già esposto i fatti con chiarezza e trasparenza. Ribadisco che il 5 luglio non ero stata raggiunta da informazione o avviso di garanzia da parte della procura di Milano“. Queste invece le parole che Santanchè ha pronunciato in Senato dopo la discussione sulla mozione di sfiducia che la riguardava, prima dello scrutinio.

Negli interventi da parte dei rappresentanti di gruppi di opposizione non ho mai trovato critiche o censure attinenti all’esercizio delle mie funzioni di ministro. Ci possono essere diversità di opinioni, diversità che io rispetto” ha aggiunto. “Ho invece qualche difficoltà a comprendere come si possa promuovere sulla base di elementi di un’inchiesta pseudo-giornalistica una mozione di sfiducia individuale che non ha come oggetto il mio operato da ministro della Repubblica.” “Ma che ha per oggetto dei fatti che, se verranno evidenziati, saranno comunque antecedenti al mio giuramento da ministro” ha concluso.

Di fronte a ben 10 ministri presenti in Aula sui banchi del Governo per solidarietà con Santanchè (sul totale di 25), tra cui il vicepremier Matteo Salvini, i senatori del Centrodestra hanno fischiato il senatore pentastellato Ettore Licheri. Il quale ha concluso il suo intervento in Aula dando dei “pagliacci” agli esponenti della maggioranza.

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Il leader di Azione, Carlo Calenda. Foto Ansa/Maurizio Brambatti

Patuanelli e il senso della mozione

Se avessimo ricevuto le risposte che chiedevamo nel corso dell’informativa oggi non saremmo qui” ha dichiarato il capogruppo del M5S, Stefano Patuanelli, illustrando la mozione di sfiducia alla ministra del turismo Daniela Santanchè. Patuanelli l’ha accusata di “mancanza di risposte” e “opacità.” “È evidente – ha detto il dirigente dei Cinque Stelle – che la magistratura ha compiuto il suo dovere, ha scelto di secretare da ottobre dello scorso anno l’iscrizione nel registro degli indagati. La secretazione durava tre mesi e non c’è obbligo di avviso dell’iscrizione se non ci sono indagini personali. Bastava che fosse chiesto qualche giorno prima di venire a fare l’informativa.” “Mi auguro di cuore – ha concluso – che la ministra esca pulita da qualsiasi indagine, me lo auguro per il mio paese. Ma le condotte hanno una discrasia rispetto al giuramento che si fa quando si diventa ministro“.

Calenda: “Sbagliato questo voto

In un contesto come questo i senatori di Azione e di Italia Viva, i due partiti centristi che non sono stati capaci di dare vita al Terzo Polo come avevano anunciato in campagna elettorale, hanno rinunciato a votare. “Usciremo dall’Aula e non parteciperemo al voto” aveva annunciato Carlo Calenda. “Le opposizioni erano unite nel chiedere le dimissioni, il M5S ha fatto però una fuga in avanti e il Pd ha deciso di seguirlo. Noi vogliamo le dimissioni di Santanchè ma è uno strumento sbagliato, un regalo.” “Santanchè – ha detto ancora Calenda – deve dimettersi, è una questione di etica pubblica. Ma fare una mozione di sfiducia sapendo di perdere può solo aiutare Meloni a tenere Santanchè e quindi diventa solo un fatto di marketing. Italia Viva ritiene debba e possa restare al Governo, noi no.”

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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