Tentano di vendere a Corona file sull’arresto di Messina Denaro: arrestati carabiniere e politico
L'ex re dei paparazzi, intercettato e ora indagato, "svela" involontariamente la vicenda che coinvolge un consigliere leghista di Mazara del Vallo
Un carabiniere e un consigliere comunale della Lega di Mazara del Vallo, in Sicilia, sono finiti agli arresti domiciliari per aver tentato di vendere a Fabrizio Corona centinaia di file riservati sulla cattura del super boss di mafia Matteo Messina Denaro. Una cattura avvenuta lo scorso 16 gennaio dopo oltre trent’anni di latitanza trascorsa per lo più nella sua terra, il Trapanese.
Il militare, Luigi Pirollo, è sotto accusa per accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d’ufficio, il complice, Giorgio Randazzo, di ricettazione. L’ex re dei paparazzi, Fabrizio Corona, è invece indagato per ricettazione. Le forze dell’ordine hanno perquisito la sua casa a Milano.
Corona intercettato ‘svela’ tutto
Sono state le intercettazioni disposte a carico di Fabrizio Corona a dare input all’inchiesta sul tentativo di cedere documenti riservati su Matteo Messina Denaro. Un’indagine che ha portato appunto all’arresto del carabiniere Luigi Pirollo e del politico siciliano Giorgio Randazzo, consigliere comunale per la Lega Salvini premier a Mazara del Vallo.
Dopo la cattura del boss latitante, Corona era venuto in possesso di una serie di chat audio tra il boss e alcune pazienti da lui conosciute in clinica durante appuntamenti per sedute di chemioterapia. Come è noto, infatti, il boss è malato (secondo alcuni avrebbe davanti a sé poco tempo per vivere). Ancora ricercato, Messina Denaro usava l’identità del geometra Andrea Bonafede. In una delle conversazioni intercettate, risalente al 2 maggio, l’ex re dei paparazzi Fabrizio Corona parlava di uno “scoop pazzesco” di cui era in possesso un consigliere comunale, poi identificato in Randazzo. Il tutto grazie a non meglio specificati carabinieri che avevano perquisito i covi del capomafia e che volevano vendere il materiale.
Un giornalista va dalla polizia
Nei giorni successivi al 2 maggio Corona ha continuato a manifestare l’intenzione di rivendere il materiale che il consigliere gli avrebbe procurato. Il 25 maggio il giornalista Moreno Pisto, direttore del quotidiano online Mow, Randazzo e Corona si sono incontrati. In quella occasione il giornalista, con uno stratagemma, è riuscito in segreto a fare copia dei file a lui mostrati e offerti dal politico. Li poi visionati, secondo quanto ricostruito dall’inchiesta, e si è reso conto della delicatezza del materiale. A quel punto si è rivolto a un collega il quale gli ha consigliato di parlare con la polizia.
Pisto, allora, è andato alla Mobile di Palermo e ha raccontato tutta la vicenda. Sulla base delle sue testimonianze gli investigatori hanno cominciato a indagare e hanno scoperto, attraverso indagini informatiche, che i documenti copiati dal giornalista a insaputa del consigliere erano stati rubati e che l’autore del furto sarebbe stato Pirollo che aveva lasciato tracce del suo ‘ingresso’ nel sistema.
I file riservati su Messina Denaro
Non solo, secondo gli investigatori, Pirollo era uno dei soli due ufficiali che avevano avuto accesso al server della Stazione di Campobello di Mazara. L’altro carabiniere è risultato estraneo ai fatti. Continuando a indagare gli inquirenti hanno inoltre scoperto che il carabiniere poi arrestato aveva rapporti di frequentazione con il consigliere Randazzo. Il tentativo di piazzare i file è stato così sventato e si sono potute comprendere appieno le parole di Corona che le forze dell’ordine avevano intercettato a maggio. Tra i file rubati sull’arresto di Matteo Messina Denaro – quasi 800 – e offerti in vendita a Fabrizio Corona con la promessa di uno scoop clamoroso, c’era anche un documento del Ros. Fra le carte del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri anche la programmazione degli obiettivi da perquisire dopo l’arresto del capomafia.