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Embrioni sintetici dalle cellule staminali, nuova scoperta rivoluzionaria in America

Un team di scienziati svela la produzione di cellule formative degli embrioni umani a prescindere dalla necessità di ovuli e sperma

Dall’incontro annuale dell’International Society for Stem Cell Research a Boston, negli Usa, l’annuncio di una novità senza precedenti sulla produzione di embrioni umani. La professoressa Magdalena Zernicka-Goetz, dell’Università di Cambridge e del California Institute of Technology, ha descritto il lavoro del suo team che ha sviluppato embrioni sintetici utilizzando cellule staminali.

Gli scienziati ritengono che lo sviluppo di questa scoperta scientifica potrebbe in futuro fornire informazioni sulle cause degli aborti spontanei nelle donne. Ma anche su aspetti unici dello sviluppo degli embrioni umani da cui tutti noi originiamo. Ed è per questo che una tale innovazione implica la necessità di affrontare questioni di bioetica molto rilevanti.

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La professoressa Magdalena Żernicka-Goetz, dell’Università di Cambridge. Foto Twitter @avril4799

Embrioni fatti in laboratorio

Secondo quanto riporta il quotidiano inglese The Guardian, il team di scienziati anglosassoni ha affermato che gli embrioni sono stati prodotti in laboratorio grazie a cellule staminali. Le staminali sono cellule non specializzate del nostro corpo, in grado di trasformarsi e adattarsi, che si trovano ad esempio nel cordone ombelicale ma anche nel sangue o nella placenta. E che dunque si possono prelevare per ‘riparare’ o ‘aggiustare’ situazione delicate nel nostro corpo.

Gli embrioni che Magdalena Zernicka-Goetz asserisce di aver prodotto non richiederebbero l’impiego di ovuli femminili e sperma maschile; non svilupperanno un cuore che batte o anche solo l’inizio di un cervello. Tuttavia contengono cellule che si svilupperebbero per formare la placenta e l’embrione umano stesso.

Non è detto che gli embrioni siano “vitali

A ogni modo, non è noto dai risultati della ricerca se i modelli sintetici di embrioni prodotti in laboratorio possano svilupparsi in embrioni umani vitali a tutti gli effetti qualora fossero impiantati nell’utero di una donna. Il professor James Briscoe, del Francis Crick Institute, centro di ricerca biomedica di Londra, sostiene che non sia possibile commentare in dettaglio il significato scientifico della scoperta del team di Cambridge senza un documento sottoposto a revisione nell’ambito della comunità scientifica internazionale. Ha comunque affermato che si tratta di un lavoro che ha “un grande potenziale“.

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Un team di scienziati ha creato i primi embrioni umani sintetici. Foto Twitter @avril4799

Problemi etici, servono regole

Potrebbero fornire una visione fondamentale delle fasi critiche dello sviluppo umano“, ha sottolineato il professor Briscoe. Tuttavia Briscoe ha affermato che il lavoro del gruppo di scienziati che fa capo alla professoressa Magdalena Zernicka-Goetz solleva questioni etiche e legali “profonde. “A differenza degli embrioni umani derivanti dalla fecondazione in vitro, dove esiste un quadro giuridico consolidato, attualmente non esistono norme chiare che disciplinino i modelli di embrioni umani derivati ​​da cellule staminali” ha sottolineato James Briscoe.

C’è un urgente bisogno di regolamenti legali per fornire un contesto giuridico nell’ambito del quale siano pienamente lecite la creazione e l’uso di modelli derivati ​​da cellule staminali di embrioni umani.” Occorre dunque, è la chiosa del professore londinese, che la scienza e i ricercatori procedano “con cautela, attenzione e trasparenza“. “Il pericolo è che passi falsi o affermazioni ingiustificate abbiano un effetto agghiacciante sui cittadini e sui responsabili politici“, ha affermato. “Questa sarebbe una grave battuta d’arresto per tutto il nostro campo di ricerca scientifica.”

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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