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Ucraina, la Russia rischia la guerra civile? Prigozhin paventa “una rivoluzione come nel 1917”

Il 26 maggio a Mosca l'inviato della Cina, Li Hui. A una settimana dalla sua visita a Kiev

Dopo 15 mesi di incessanti combattimenti la guerra in Ucraina sembra trasformarsi un conflitto che sconfina in Russia e in Bielorussia. Belgorod, a nord di Charkiv oltre il confine ucraino, è sotto attacco dei partigiani russi anti Putin. Minsk potrebbe diventare presto la sede di armi nucleari puntate in direzione di Kiev. 

A Mosca la calma apparente non deve trarre in inganno. Si intensificano i messaggi video che hanno come destinatario Putin di Yevgeny Prigozhin, il capo di mercenari Wagner. Decimati e ormai in corso di ritirata da Bakhmut. Quest’ultima è la città del Donbass, nell’obalst di Donetsk, fino a prima della guerra popolata da 70mila persone. E adesso rasa al suolo e conquistata dall’esercito russo, tranne qualche sacca di resistenza.

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Yevgeny Prigozhin. Foto Ansa/TelegramWagner

Cosa ha detto Prigozhin

Prigozhin torna a parlare, come ormai fa regolarmente, questa volta facendosi intervistare dal blogger Konstantin Dolgov. Una nuovarivoluzione potrebbe scuotere la Russia se il suo balbettante sforzo bellico in Ucraina continua” dichiara il capo della Wagner, prima di appellarsi a Putin affinché dichiariuna legge marziale e una nuova ondata di mobilitazione“. Se le perdite russe continueranno ad aumentare, avverte Prigozhin, “tutto questo può finire in una rivoluzione, proprio come nel 1917. I soldati si alzeranno e poi i loro cari si alzeranno. È sbagliato pensare che ce ne siano centinaia, ce ne sono già decine di migliaia, parenti di coloro che sono stati uccisi“.

Ucraina, base dei partigiani russi

Dichiarazioni con le quali, fra l’altro, Prigozhin conferma di fatto ciò che già da tempo i servizi di intelligence statunitensi affermano. E cioè che i soldati russi morti e feriti nella guerra sono a oggi circa 100mila. Nulla si sa di quelli ucraini, dato che Kiev non comunica informazioni in proposito, ma in Occidente si stima che possano essere altrettanti se non molti di più. In questo contesto prendono piede in Russia i partigiani antigovernativi responsabili delle incursioni nella regione di Belgorod. Rientrati in Ucraina dalla città russa il 24 maggio, i partigiani anti Putin hanno parlato alla stampa internazionale, come documentato anche dai cronisti Rai.

La Legione per la Libertà della Russia, uno dei gruppi di militari anti-Cremlino, ha annunciato che “patrioti di Sochi” si sono uniti al movimento. E ha pubblicato le immagini di volantini con il suo simbolo (un pugno) affissi sui muri della città. Situata sul Mar Nero, nel sud-ovest del Paese, Sochi ospita una delle residenze di Vladimir Putin. Dei partigiani anche VelvetMag aveva dato conto. Alcuni di essi sono apertamente di estrema destra come i miliziani del Corpo Volontari Russi. Le varie formazioni, compresi i gruppi di sabotatori che da tempo agiscono in Russia e Bielorussia, mirano a “liberare” Mosca e tuta la Federazione dal regime di Putin.

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Il primo ministro russo Mikhail Mishustin (a sinistra) e il presidente cinese Xi Jinping a Pechino il 24 maggio 2023. Foto Ansa/Epa Dmitry Astakhov

La Cina prova a mediare

In Ucraina, intanto, grandi convogli militari russi hanno attraversato per tutta la notte le città di Starobelsk, Lugansk e Krasnodon nell’autoproclamata repubblica del Lugansk. Lo scrive su Telegram il consigliere del ministero dell’Interno di Kiev, Anton Gerashenko. “Putin ha deciso di rafforzare le difese delle regioni di Belgorod, Bryansk e Kursk” afferma. “Ciò significa indebolire le difese in prima linea nelle regioni di Lugansk e Donetsk“.

Il 26 maggio è atteso a Mosca l’inviato speciale cinese per i negoziati sull’Ucraina, Li Hui, che una settimana fa ha incontrato a Kiev il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba. Dall’inizio della guerra mai la Cina aveva inviato un proprio diplomatico di alto rango in Ucraina. E soltanto lo scorso 26 aprile il presidente cinese Xi Jinping ha parlato per la prima volta al telefono con Volodymyr Zelensky.

 

 

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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