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Trump incriminato, si temono rivolte. Il tycoon: “Sono perseguitato, scendete in piazza”

Trattative in corso perché l'ex presidente si presenti ai magistrati. 'The Donald' si appella ai suoi sostenitori, può succedere di tutto

L’ex presidente degli Stati Uniti è stato incriminato dalla procura di Manhattan e rischia l’arresto: potrebbe consegnarsi lui stesso alla giustizia martedì 4 aprile. Il tycoon diventa così il primo ex presidente della storia americana che dei magistrati incriminano formalmente. 

Il verdetto è giunto il 31 marzo a sorpresa. Si pensava che sarebbe slittato alla prossima settimana. I procuratori accusano Trump di aver pagato alla pornostar Stormy Daniels 130mila dollari raccolti dai cittadini per la campagna elettorale del 2016 – è questo il reato – per far tacere la donna sulla loro relazione. E quindi evitare ripercussioni sulla corsa alla Casa Bianca che poi conquistò in quell’anno.

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Un sostenitore di Trump fuori dal tribunale di New York. Foto Ansa/Epa Peter Foley

Trump come Berlusconi?

La decisione del gran giurì di New York sta scatenando conseguenze senza precedenti sulla politica statunitense. In primo luogo perché nel novembre 2024 si svolgeranno le elezioni presidenziali. E Donald Trump è in corsa, persino contro buona parte del suo stesso partito: i repubblicani. Il tycoon, l’uomo che secondo alcuni giornalisti americani avrebbe governato con la ‘la rabbia e la paura, è già partito al contrattacco. “È una persecuzione politica e una interferenza elettorale“, “una caccia alle streghe che si ritorcerà contro Biden” ha detto.

Il messaggio è chiarissimo: nulla può fermarmi, sembra dire Trump, anzi l’incriminazione mi consentirà di diventare più forte agli occhi degli americani. Questo è possibile. Basti pensare all’Italia e alla lunghissima carriera politica di Silvio Berlusconi, che da totale outsider ha fondato un partito, ha trasformato la politica e raccolto per decenni, fino a oggi, milioni di voti. Sempre proclamandosi un “perseguitato della giustizia“. E continuando ad avere fino a oggi problemi giudiziari legati al suo modo di relazionarsi con alcune donne.

Sono 30 i capi d’accusa

Come detto, Trump potrebbe consegnarsi alle autorità di Manhattan il 4 aprile per la formalizzazione delle accuse a suo carico. Lo riferisce al New York Times uno dei suoi avvocati, Susan R. Necheles. Il magnate dovrà sottoporsi alle procedure del caso come un galeotto qualunque, fatto umiliante per un ex capo di Stato: foto segnaletiche, impronte digitali e quant’altro. Inoltre la Cnn informa che l’ex presidente deve affrontare oltre 30 capi di accusa di frode aziendale nell’inchiesta da parte della procura di Manhattan.

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Donald Trump e la pornostar Stormy Daniels. Foto Twitter @ultimora_pol

Trump, pericolo ‘guerra civile’

La polizia della Grande Mela è da giorni in allerta per possibili manifestazioni e proteste. L’ex presidente, rievocando una retorica simile a quella dell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, ha già invitato i suoi sostenitori a scendere in piazza. “Nessuno è al di sopra della legge. Questa incriminazione è solo l’inizio“, commenta a caldo Michael Cohen, l’ex legale del tycoon divenuto poi il suo principale accusatore. I repubblicani gridano allo scandalo parlando di una decisione “oltraggiosa“. Sostegno è arrivato da Kevin McCarthy, lo speaker repubblicano della Camera.  Eric Trump, il figlio dell’ex presidente, definisce l’incriminazione come un attacco a un rivale politico. Il suo riferimento è ai democratici e a Alvin Bragg, il primo afroamericano procuratore di Manhattan. In casa dei democratici al momento tutto tace, così come alla Casa Bianca di Joe Biden.

I guai legali dell’ex presidente

La situazione legale di Donald Trump potrebbe complicarsi con l’avvicinarsi del voto per le presidenziali del 2024. Fra le indagini aperte contro di lui ci sono infatti quelle sull’assalto dei suoi sostenitori al Congresso che potrebbe configurarsi come tentativo di colpo di Stato; quelle sulle interferenze sul voto in Georgia alle presidenziali 2020; quelle sulle carte segrete trovate nella sua mega villa a Mar-a-Lago. Il tycoon ha ottenuto appoggio anche dall’arcinemico ‘interno’, il governatore repubblicano della Florida Ron DeSantis. “La Florida non risponderà alla richiesta di estradizione” ha fatto sapere DeSantis. Anche l’ex vicepresidente Mike Pence, distaccatosi da colui che fu il suo capo, ha commentato che “l’incriminazione di Donald Trump è scandalosa. Per milioni di americani non è altro che una mossa politica“.

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Un manifestante anti Trump a New York. Foto Ansa/Epa Peter Foley

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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