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Ucraina, Macron: “Impossibile consegnare a breve i caccia a Kiev”

Sulla guerra alle porte della Ue le cose si complicano. Francia e Germania trattano con Zelensky e l'Italia appare isolata

Doccia fredda per Zelensky: il presidente dell’Ucraina deve incassare una frenata dell’Unione europea sull’invio di jet da combattimento per rispondere alle offensive dei russi. Non tutti i leader degli Stati membri sono convinti che si tratti di una buona mossa: le opinioni pubbliche di vari paesi, Italia in testa, sono divise. E il rischio di un allargamento del conflitto si farebbe serio. 

Si è chiuso a notte fonda, il 10 febbraio, il vertice dei leader dell’Ue a Bruxelles. E se è stata trovata un’intesa su migranti e dossier economici, sul sostegno all’Ucraina, dopo un anno di guerra, la situazione si complica.

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Il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro italiano Giorgia Meloni, il primo ministro lussemburghese Xavier Bettel e la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola a Bruxelles il 9 febbraio 2023. Foto Ansa/Epa Stephanie Lecocq

Quale sostegno all’Ucraina

L’8 febbraio Zelensky era a Londra, il 9 a Bruxelles al Parlamento e al Consiglio europeo. In entrambe le occasioni ha ricevuto standing ovation, abbracci commossi (anche da una giornalista della Bbc) e promesse solenni di aiuto fraterno. Tuttavia se Londra è fin dall’inizio dell’invasione russa uno degli alleati di Kiev che hanno inviato più armi per la difesa dell’Ucraina, nella capitale dell’Unione tenere uniti i 27 Stati membri è meno facile di quanto sembri.

Le richieste di Zelensky di armi pesanti, in particolare i caccia bombardieri, non sono state accolte con quell’entusiasmo che il presidente dell’Ucraina sperava di aver suscitato. “È impossibile consegnare gli aerei all’Ucraina a breve” ha spiegato il presidente della Francia, Emmanuel Macron.

Le mosse di Francia e Germania

La frenata della Francia – il Paese al vertice delle politiche militari dell’Unione europea insieme alla Germania – è significativa. Anche perché arriva dopo il summit a tre all’Eliseo tra Macron, Olaf Scholz e Zelensky. È a loro due che Kiev puntava innanzitutto per trainare l’Europa verso l’invio dei jet di cui l’Ucraina ritiene di avere assoluto bisogno. Tuttavia il pressing dei Paesi baltici – Lettonia, Estonia, Lituania – e della Polonia non ha trovato il consenso necessario. Tanto che anche la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel sono rimasti prudenti.

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Da sin., Ursula von der Leyen, Volodymyr Zelensky e Charles Michel. Foto Ansa/Epa Olivier Hoslet

Il vertice dei leader dell’Unione europea si è comunque chiuso, a Bruxelles, in un solo giorno, a notte fonda. Dopo una lunga trattativa su migranti e dossier economici, i leader dei 27 hanno trovano almeno su questi temi un’intesa di fondo. Si è affermata la necessità di una maggiore attenzione al controllo e alla protezione delle frontiere da un lato. Ma anche di flessibilità sull’uso dei fondi esistenti, e aiuti di Stato più rapidi e estesi, dall’altro.

Italia isolata sull’Ucraina?

E l’Italia? L’incontro dell’Eliseo, l’8 febbraio, fra Macron, Zelensky e Scholz, è stato anche il casus belli del nuovo scontro Giorgia Meloni e il presidente francese. Interpellato dai cronisti, Emmanuel Macron ha plasticamente fotografato il gelo con Roma. “Non c’è stato nessun bilaterale con Meloni, ma ci siamo incrociati. Io rispetto sempre le persone e le loro scelte, è una questione di principio“. Da parte sua Meloni intende illustrare quelli che, secondo Palazzo Chigi, sono i passi avanti fatti al summit su migranti e dossier economici. “Sono molto soddisfatta del Consiglio europeo” ha sottolineato la presidente del Consiglio uscendo dall’Europa Building.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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