Obbligo di Green Pass per gli insegnanti a scuola. Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del Tar che respingeva il ricorso presentato da alcuni docenti contro il ministero dell’Istruzione. Niente da fare, dunque, per coloro che speravano il contrario. Secondo il Consiglio di Stato non ci sono violazioni della privacy causate dall’obbligo di Green Pass. Non c’è discriminazione verso chi non si vuole vaccinare (visto che il pass si ottiene anche via tampone). E il diritto individuale viene meno di fronte all’esigenza collettiva.
Le obiezioni sul fronte del diritto alla riservatezza, sottolinea il Consiglio di Stato, “sono contraddette dall’avvenuto pieno recepimento delle indicazioni del Garante della Privacy in proposito”. In sostanza la presunta discriminazione verso chi non vuole vaccinarsi, e non vuole il Green Pass, viene meno. Bisogna infatti considerare, sostengono i magistrati, che “il lavoratore è abilitato, ove non intenda vaccinarsi, ad ottenere il certificato verde con test differenti quali l’antigenico rapido“. Quanto alla “asserita priorità del diritto individuale alla salute quale fondamento del rifiuto di vaccinarsi” questo “non può avere valore assoluto“. Perché nel caso del Green Pass deve confrontarsi con l’uguale diritto di una collettività di persone – nella specie gli studenti – il cui “diritto a scongiurare possibili contagi” ha prevalenza.
E questo perché espressione di una componente della “salute pubblica” a fronte del diritto del docente a non avere il Green Pass. Un diritto che in ogni caso esiste, grazie alle ammissibili misure alternative al vaccino, e di carattere individuale. Per di più da parte di chi, aggiunge il Consiglio di Stato “ha una responsabilità specifica e rafforzata verso i propri studenti.” Il che costituisce “componente essenziale della funzione (se non addirittura missione) di ogni docente“. I magistrati sottolineano infine “la natura meramente economica del lamentato pregiudizio relativo alla sospensione retributiva, tale da escludere la irreparabilità e irreversibilità“. Un pregiudizio, del resto, “collegato alla infungibilità della funzione docente sottolineata dal primo giudice. Ritenuto che vi siano ragioni per accogliere l’istanza di abbreviazione dei termini così come presentata dagli appellanti“.
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