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Lucio Leoni: “Alternativo? Preferisco essere definito teatrale” [INTERVISTA ESCLUSIVA]

Di certo non è un conformista, un allineato, uno cui interessi il consenso a tutti i costi. A chi lo definisce “demenziale”, Lucio Leoni risponde: “L’aggettivo demenziale è molto interessante (ride di gusto, ndr)! Per me la musica demenziale è piuttosto diversa da quella che faccio, e mi incuriosisce molto: “demenziale” mi piace come termine ma non so se rispecchia quello che faccio”.

Se invece gli si dice che è un “alternativo”, ribatte: “Lo capisco di più, anche se la definizione di alternatività è molto vasta, quindi è difficile trovare il centro reale di questo aggettivo. Cambio forma, cerco modi di espressione diversi ogni volta, e anche all’interno di uno stesso lavoro (che ha un suo filo rosso, una sua omogeneità) ci sono sbalzi dinamici non indifferenti”.

Cercare di etichettare e catalogare all’interno di un genere il quarantenne cantautore romano (attività prediletta dai giornalisti!) è impresa assai ardua, poiché la sua produzione artistica mescola teatro-canzone, cantautorato classico e poesia.

Secondo me l’aggettivo che ti descrive meglio è “teatrale”, sia perché il tuo modo di interpretare le canzoni mi ricorda il teatro-canzone, sia perché i tuoi testi sono pieni, compatti, simili a dei monologhi a volte. Ti senti teatrale?

È bello sentirselo dire. Il mio modo di portare la musica sul palco è cercare di portare lo spettatore in una sorta di spettacolo, di non lasciare solo la performance musicale di fronte a tutti, ma di metterci anche una narrazione. Ciò deriva dal passaggio teatrale che ho fatto quando ero giovane, e mi induce a teatralizzare tutto. Mi fa molto piacere come osservazione.

Lucio Leoni presenta il suo nuovo album “Dove sei Parte 1”

Che Lucio Leoni sia un po’ teatrale lo dimostra anche il suo nuovo lavoro dal titolo “Dove sei parte 1”. Nessun punto interrogativo, nessuna esclamazione, ma quasi una descrizione di uno stato attuale, la constatazione di una condizione. Otto brani di un progetto discografico complesso, che potrà essere considerato completo solo nel momento della pubblicazione di “Dove sei parte 2”, prevista per il prossimo autunno, e che si pone come completamento di una trilogia iniziata con “Lorem Ipsum (gli spazi comunicativi)” del 2015 e proseguita con “Il lupo cattivo (il bosco da attraversare)” del 2017.

A che punto della tua produzione artistica e della tua vita arriva questo album? Cosa ci dice del momento che stai vivendo?

È curioso, c’è da fare un bel ragionamento su come si modificano i materiali in momenti come quello che stiamo vivendo, tutto va un po’ reinterpretato a partire dal titolo. È una cosa stimolante, attraversiamo un momento storico, epocale, per cui tutto ciò che è stato scritto prima sta cambiando di valore e di segno, ci si modifica tra le mani. Ho chiuso questo disco lo scorso settembre, e mi rendo conto di aver scritto delle cose che ad oggi hanno ancora senso e sono ancora valide, mentre altre non c’entrano più niente. È strano.

“Dove sei”, conclusione della prima trilogia di Lucio Leoni

È un album comunque attuale per te? Pensi che ti rappresenti?

Non sono sicuro sia attuale per il semplice fatto che è raro che io scriva testi che sono completamente calati nella discussione contemporanea, ma credo proprio che mi rappresenti. Ci sono diversi temi che arrivano dal presente, dall’oggi, ma cerco di declinarli sempre su una elaborazione universale di modo che possano durare un po’ più nel tempo senza diventare delle “one hit wonder”.

Il singolo “Mi dai dei soldi”, realizzato in collaborazione con Andrea Cosentino, vuol fare anche un punto su qual è il ruolo e la funzione dell’arte. Il testo dice esplicitamente: “L’arte è accattonaggio? L’accattonaggio è una forma di arte?L’arte è morta? L’arte è viva e noi siamo morti?”. Qual è la tua opinione in proposito?

È una domanda da un milione di dollari. Posso dirti come cerco di vivermela io… Credo che il ruolo mio, e di chi ha la possibilità di esportare quello che scrive, sia di essere vigili, di guardarsi intorno. È necessario non perdersi in brodaglie che poco hanno a che fare con il contemporaneo, e rimanere sentinelle del tempo, attenti a quello che c’è stato e a quello che c’è, provando in qualche modo a immaginare un lessico che possa essere da stimolo a chi ascolta. Per dirla in soldoni: il nostro ruolo è quello di fare domande più che di dare risposte.

Lucio Leoni: “Il ruolo dell’artista è fare domande, non dare risposte”

Nella canzone “Dedica” citi i Bluvertigo e il loro brano “La crisi”. Come mai?

“Dedica” è un pezzo che parla del tempo, che fa un andirivieni tra passato e futuro scordandosi del presente, e questo è un po’ un centro tematico della mia vita. Mi ci ritrovo sempre un po’ in mezzo, e mi trovo in crisi, ma non credo di essere l’unico…

Cuba Cabbal per “Il Sorpasso”, Francesco Di Bella per “Dedica” e Andrea Cosentino per “Mi dai dei soldi”. Come sono nate queste collaborazioni che arricchiscono il tuo disco?

Si sono create perché sono un ragazzo molto fortunato, ho avuto l’opportunità di conoscere persone incredibili nell’arco della mia vita e alcune di esse sono diventate amiche. La collaborazione con Andrea Cosentino è nata perché ci conosciamo da tanto tempo, da quando frequentavo il mondo del teatro. Tra noi è nata una bella amicizia: un giorno sono andato a vederlo a teatro nello spettacolo “Kotekino Riff”, ho sentito questo suo meraviglioso monologo dal titolo “Pane ai circensi” e ho deciso di trasformarlo in una canzone che è “Mi dai dei soldi”: lui, con grande generosità, ha avuto la bontà di donarmelo per questa operazione.

“Mi dai dei soldi”, il brano di Lucio Leoni realizzato con Andrea Cosentino

Francesco Di Bella è un amico nonché uno dei più grandi autori di canzoni in questo Paese: con gioia gli ho chiesto di donarmi quella sua voce, che ha una cura e una dolcezza che raramente in Italia si è sentita, e lui ha accettato. Cuba Cabbal è un maestro, è un gigante dell’hip hop, non lo conoscevo personalmente. Ho fatto una telefonata con le gambe che mi tremavano, proprio come quando stai chiamando un mito cui devi chiedere se gli va di collaborare con uno sconosciuto! Incredibilmente ha detto di sì, è una persona molto sensibile.

“Il sorpasso”, collaborazione di Lucio Leoni con Cuba Cabbal

I tuoi videoclip sono sempre molto particolari, ipnotici, non riesci a non guardarli fino alla fine. Ti diverti a pensarli, girarli ecc?

Mi diverto moltissimo perché ho la fortuna di essere circondato da persone creative e geniali come Giulia Comito e Livia Massaccesi, che dal 2015 si occupano di disegnare insieme a me l’immaginario dal punto di vista creativo, grafico e video di quello che scrivo in musica. È un passaggio in più, qualcosa che leggo e vedo che aggiunge qualcosa a ciò che scrivo; a volte riusciamo a colpire nel segno in modo totale, altre volte meno, ma di sicuro anche questo step in più contribuisce a fare esperienza su quello che ho già scritto.

“Dove sei” esce in due parti, la prima adesso, la seconda in autunno. C’è un brano rappresentativo di tutta questa operazione?

Ce ne sono due, uno per ognuno dei due dischi. Per quanto riguarda il disco appena uscito, la canzone è “Il fraintendimento di John Cage”. Per la seconda parte la canzone si intitola “Francesca”.

“Il fraintendimento di John Cage”, il brano più rappresentativo del disco “Dove sei Parte 1”

Un brano dedicato alla tua donna?

No, non ha nulla a che fare con donne di mia pertinenza, è una donna che credo abbia segnato l’esperienza di coloro che hanno la mia età.

Come mai scegli proprio questi due brani?

Dal punto di vista musicale sono quelli che hanno l’atmosfera più completa, riportano di più il mood musicale che abbiamo cercato di ricreare in studio. Dal punto di vista della scrittura hanno entrambi i germi di tutto quello che si può trovare negli altri pezzi, sono consuntivi.

Il tuo debutto con il nome Lucio Leoni risale al 2015 con l’album “Lorem Ipsum” ma in realtà fai musica da quando eri bambino, e il tuo vero debutto con un lavoro discografico risale al 2003. Da dove è arrivata poi la decisione di uscire finalmente come Lucio Leoni, e non con altri progetti? Avevi bisogno di trovare prima la tua vera dimensione?

Da una parte c’era sicuramente un po’ di paura di svelarsi del tutto, mettersi delle maschere per nascondersi è certo più facile. Dall’altra ho seguito il percorso più adolescenziale che contempla il mito della band: per diverso tempo ho fatto parte di vari gruppi, sia per coprirmi le spalle, che perché quel tipo di esperienza mi piaceva veramente molto.

E cosa hai scoperto? È più difficile stare in una band o percorrere la carriera solista?

Non te lo saprei proprio dire, è una domanda difficile. Mah, forse è più difficile stare in una band, perché capita che poi ci si lasci. La comunione di intenti è una cosa ardua, il sogno non è mai lo stesso per tutti, e gli obiettivi cambiano nel tempo, si modellano con le esperienze. Capita che qualcuno venga lasciato indietro, e ciò è molto doloroso.

Lucio Leoni, uno stile musicale tra il teatrale e l’alternativo

Come vedi il ritorno alla dimensione live dopo questo periodo? Cosa pensi dell’ipotesi di fare dei concerti con la formula del drive-in?

In questo momento non riesco a immaginare il ritorno alla dimensione live perché chiaramente dobbiamo aspettare la famosa “Fase 3” che è ancora lontana. Quello che spero di vedere sono tanti momenti di confronto, a partire dagli artisti per poi passare ai promoter, ai locali, alle maestranze tecniche. Direi che è il momento di cominciare a studiare delle alternative. Penso che almeno un anno di stop dei concerti sia inevitabile, e in questo passaggio è necessario trovare nuove soluzioni performative anche se non ce ne sono tantissime per un’esperienza così peculiare come quella dal vivo.

L’ipotesi del drive in non mi sembra un’esperienza percorribile, visto stiamo parlando di performance dal vivo, fatte di respiro comune, di ascolto reciproco, dell’esserci, di momenti catartici. È un primo passaggio di proposta, e in questo momento vanno bene tutte le proposte, anche quelle più strampalate, prima o poi verrò fuori quella giusta. Questa del drive in non mi piace, non mi convince affatto, ma almeno ci si ragiona su.

Martina Riva

Musica&Cinema

Da sempre appassionata di tutto ciò che riguarda il mondo dell’intrattenimento, mi sono laureata in Conservazione dei Beni Culturali con una tesi di laurea in Storia del Cinema sul film “Lolita” di Stanley Kubrick. Finita l’università, mi sono trasferita a Los Angeles, dove, tra le altre cose, ho ottenuto un certificate in giornalismo a UCLA; nella Città degli Angeli ho lavorato per varie TV tra cui KTLA, dove per tre anni mi sono occupata principalmente di cinema, coprendo le anteprime mondiali dei film e i principali eventi legati al mondo spettacolo (Golden Globes, Academy Awards, MTV Awards e altri). Nel 2005 sono approdata alla redazione spettacoli di SKY TG24 dove ho lavorato come redattrice, inviata ai Festival e conduttrice. Le mie passioni principali, oltre al cinema, sono i viaggi, il teatro, la televisione, l’enogastronomia e soprattutto la musica rock. Segni particolari? Un amore incondizionato per i Foo Fighters!

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