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Liliana Fiorelli: «La mia Georgina? Tra Betty Boop, Marilyn e Myss Keta» [INTERVISTA ESCLUSIVA]

«Vorrei riportare in voga Tata Francesca, un personaggio che ha vinto tutto. Bona, ruspante e protagonista dell’azione scenica!» esordisce così Liliana Fiorelli, con un’affermazione frizzante che vale più di cento slogan femministi. Perché mentre la sua Georgina Rodriguez sbarca a Sanremo 2020, Liliana ci racconta che essere ‘bone’ non è un peccato, e forse è perfino un valore aggiunto. Che dalla satira politica si può passare all’intrattenimento, che tra Lee Strasberg e Quelli che il calcio può infilarsi perfino Georgina Rodriguez e, soprattutto, che dietro una grande donna spesso ce n’è un’altra, altrettanto interessante.

In quest’intervista Liliana Fiorelli ci racconta tutte le donne in cui si è trasformata, che non potrebbero essere più diverse tra loro: da Levante a Giorgia Meloni, da Elettra Lamborghini a Laura Boldrini… E pensare che da bambina sognava di diventare Jovanotti.

Intervista a Liliana Fiorelli

Liliana, tu hai messo in gioco talento, simpatia ma anche una dose massiccia di sensualità. Con Georgina Rodriguez porti in televisione una femminilità provocante, con tutti i rischi del caso. Quindi è vero che un’artista può farsi rispettare anche se è sexy?

Ci pensavo proprio in questi giorni insieme a Brenda Lodigiani, una mia collega di Quelli che il calcio con una fisicità diversa dalla mia. In un certo senso devo ringraziare l’opportunità di Georgina Rodriguez, perché sta dando nuove possibilità ad un corpo che da sempre è visto come quello della “bona”. Come se essere bona ti escludesse da tutta una serie di altre cose. Spesso la commedia si interfaccia nei confronti delle donne con una mortificazione di base: “Fai ridere solo se sei sfigata o mancante di qualcosa”. Sembra sempre che la donna per far ridere debba parlare di qualcosa che non ha.

Invece Giorgina Rodriguez non è esattamente una sfigata. Perché tu e gli autori di Quelli che il calcio avete puntato su di lei?

Ci tengo a parlarne, è stata una bella operazione. Abbiamo costruito Georgina quando ancora non esisteva un video di riferimento, non si sapeva nemmeno che voce avesse. Abbiamo preparato il personaggio quasi a livello attoriale-cinematografico, da zero, con gli autori in studio. Un mix tra Betty Boop e una Marilyn Monroe che ha però in sé una sua leggerezza, un’adesione a una ragazza comune di 26 anni. Insomma, una di noi che si è trovata in questo mondo con tutta la sua procacità, l’essere d’estrazione popolare, l’interfacciarsi con i social e con la ricchezza. La nostra Georgina approccia al successo come se fosse economia domestica. È tutto facile e confusionario al tempo stesso.

Un po’ come Liliana che approccia alla sua carriera in ascesa?

È vero, un po’ sì. Ci trovo forse una lotta comune, tra me e lei. Georgina è stata attaccata come se fosse ovvio che non sapesse far nulla, che fosse incapace. Ma Georgina non rientra solo nelle WAGS (“Wives and Girlfriends”, ndr), le mogli e fidanzate dei calciatori. Lei è la protagonista dell’azione scenica, nonostante Cristiano Ronaldo, i figli e la casa. Restituire protagonismo alle donne, anche donne leggere, è una grande conquista. Anche perché fare satira al momento è molto difficile, siamo senza “un re”. La satira più politica parte dalla favola del Re Nudo. Ce la ricordiamo ancora?

Ce la vogliamo ricordare insieme?

C’era una volta un re ‘infarloccato’ da sarti e tessitori che gli promettono di costruirgli il vestito più bello di tutti. Alla fine il re va in giro nudo, mentre un bambino gli urla in faccia la verità. Ecco, chi è il nostro re adesso? Oggi si rischia di partire dalla satira politica e finire a fare propaganda.

Giustissimo. Però tu, tra Giorgia Meloni e Virginia Raggi, qualche ‘precedente storico’ che sembrerebbe dire il contrario, ce l’hai. Hai avuto paura di finire a fare propaganda?

Diciamo di sì. La gestione dei media ora è particolare quando vuoi comunicare un concetto. Mi dico sempre: l’ho fatto quando era il momento, quando parlare di alcune dinamiche politiche poteva creare un significato di senso più preciso. Ma non ho mai utilizzato la satira per un mio tornaconto, per diventare virale. Né per infierire contro personaggi in momenti di incertezza o debolezza. Personaggi femminili peraltro.

E poi hai virato su Georgina quando in Italia era quasi una sconosciuta. Oggi è una scommessa vinta. Perché piace tanto?

Ci sembrava interessante perché come in Italia esistono i “Ferragnez” nel mondo esistono i “Crisgina”, da Cristiano e Georgina. Quando ho iniziato ad allargare il mio punto di vista ho notato che in effetti, nella sua semplicità, lei rappresentava in pieno il sogno di una donna di successo, quasi un ‘american dream’. La donna che dal nulla incontra l’amore, realizza il suo desiderio di essere madre e si rende indipendente con un suo progetto imprenditoriale, discutibile o meno. E poi sì, riesce ad essere bella. E a ridere sopra a tutto questo. La simpatia del pubblico per Georgina nasce dallo ‘stacco’ tra la sua estrazione sociale e dove è arrivata ora.

Tu non scegli mai personaggi con cui hai una somiglianza immediata, neanche sul fronte estetico. Non solo li imiti, ma letteralmente ti trasformi. Non è una ‘fregatura’ scegliere ruoli così distanti da te?

Grazie per la domanda, è sottile e per risponderti riprendo una frase che mi disse David Lee Strasberg a Los Angeles: «Liliana, ogni volta che ti approcci a un personaggio l’importante è che il rapporto con lui sia ‘personal and specific’. Sempre». Quando intercetto uno scollamento in un personaggio, tra il potere che ha e le sue fragilità umane, la prima cosa che faccio è studiarmelo. Anche ‘spiandolo’ sui social: i figli, le abitudini, come passa il suo tempo libero. E lì cerco un po’ di me.

Come nel caso di Ponente?

Sì, quello è un caso interessante. Alla fine è un personaggio che si è quasi conquistato una vita propria. Ormai ha un suo modo di parlare, di pensare. Mi piacciono personaggi che siano testimonianze femminili del mondo della politica, della musica, dello spettacolo. Al momento ho dato vita a circa 11 o 12 personaggi. Per esempio Manuel Agnelli non sono più riuscita a rifarlo, ma ci tenevo moltissimo.

Quella è stata una trasformazione complessa.

Sì, pensa che all’inizio delle mie trasformazioni non volevo guardarmi subito allo specchio. Mi facevo truccare e solo dopo 2 o 3 ore, dopo aver fatto varie prove muscolari e vocali, volevo l’impatto con il personaggio allo specchio. Ti vedi rivoluzionato. Questo è successo anche quando ho fatto Giorgia Meloni o la Boldrini, lì avevo delle vere prostetiche sul volto (protesi, ndr). Per Manuel Agnelli indossavo delle fasce strette sul seno, con Arisa poi è stato fatto un vero lavoro di costruzione pittorica sul viso. Sono felice che Favino abbia riportato lustro a questo mestiere. L’istrione fa un lavoro di ‘immersione’ incredibile.

Ma spesso considerato di serie B.

Esatto. Ma ricordiamoci che in America colei che fa la parodia di Donald Trump è Meryl Streep

Peraltro vi fate un bel mazzo, voi trasformisti…

Pensa che un artista quando scrive una canzone ha dalla sua parte la competenza, l’autorialità e il tempo. Noi ‘trasformisti’ invece ci troviamo in tre giorni a doverla riscrivere, riprendere la base, pulirla in centri specializzati del suono, poi scriverla di nuovo su un’altra metrica e con una tonalità diversa. È uno sforzo artigianale complesso. È bello che mantenga una sua segretezza, ma è anche interessante portarlo un po’ alla luce. Con Georgina facciamo un lavoro pazzesco, uguale a quello cinematografico con i reparti e con i costumisti, in particolare. Discutiamo, selezioniamo i look a partire delle ultime foto. Una magia totale. Questa è la grande differenza che riscontro rispetto al cinema. Qui sono parte attiva nella costruzione del personaggio, dello sketch e del prodotto.

Con Quelli che il calcio siamo nell’intrattenimento parodistico, ma tu hai l’occasione di fare un lavoro incredibile sul tuo personaggio. Qualcosa che al cinema si riesce a fare, forse, solo con un ruolo primario. Che mi dici allora di quel cliché per cui l’attore di cinema batte quello di tv?

È vero ed è una fandonia, voglio dirlo! (ride, ndr). Credo si conosca meno quello che c’è dietro al lavoro di un attore comico o legato all’intrattenimento. Al di là dello sketch, con Quelli che il calcio siamo in diretta. Cioè con un preavviso di pochi secondi tu sei all’interno di un programma visto da milioni di persone. Nella penultima diretta che ho fatto sono rimasta ‘in parte’ (rimanere nei panni del personaggio, ndr) per tutte le tre ore di trasmissione, con degli stralci che cambiavano continuamente rispetto alla partita, l’attualità, gli ospiti in studio. In una scatola verde, senza nulla, e gli oggetti con cui interagisco sono tutte prove meccaniche. È un’operazione di divertimento e insieme di fiducia e controllo.

Una sorta di teatro all’ennesima potenza…

Esatto! Quindi si può dire che ritorno al teatro dalla porta principale.

Tu hai una formazione accademica. Ti immaginavi qui, oggi?

No. Nasco come attrice iper-drammatica e non molto avvezza ai social. Con una propensione alla poesia, pure. Ma se riesci a raccontare il mondo attraverso un personaggio della nostra generazione, poi, fai centro. Con la satira politica fai ridere i tuoi genitori, con personaggi legati all’infanzia fai ridere i bambini, ma far ridere i tuoi coetanei è difficile. Raccontare noi trentenni, indie, precari, confusi e in trasformazione, è quasi terapeutico. Penso al lavoro fatto con Le Coliche e sono molto soddisfatta.

Che poi sul web ormai c’è un universo comico a sé, quello delle pagine trash e dei meme. Possiamo dire che a livello di comicità vi faccia concorrenza?

Ci si sente meno soli, più che altro. Quest’universo è affine a noi, proprio a livello di spirito. Però tutto quel mondo web me lo godo da spettatrice, come da una panchina sulla piazza, sento un po’ l’aria che tira in giro. Con Le Coliche abbiamo ‘preso’ quei personaggi prima che esplodessero con i meme. Abbiamo davvero azzeccato un tempismo giusto.

Al cinema tornerai a breve con un nuovo film. Di nuovo in famiglia Castellitto…

Stavolta torno con “I predatori” di Pietro Castellitto, la sua opera prima per Fandango. Il mio è un ruolo assolutamente popolare, anche qui ben costruito con trucco e costume. Sarà molto inserito nella dinamica familiare della storia.

Quando hai lanciato la parodia della canzone di Levante, il tormentone della pasta col tonno” per un po’ è stato più virale della canzone originale. Oggi se cerco su Internet “Georgina Sanremo 2020” prima esce qualche notizia sul suo sbarco all’Ariston, poi esci tu. 

(Ride, ndr) Oddio! Sai che quando è uscita la notizia che Georgina sarebbe arrivata a Sanremo, in tantissimi mi hanno cercata: “Liliana, io lo sapevo che avresti condotto Sanremo!”. Come la prendo? Io sogno un Sanremo non con un “patron” ma con una grande matrona! Penso che alla fine va bene finché le donne riescono a portare la loro esperienza, magari diventare esempi virtuosi per le bambine. Io ho ritrovato un diario in cui da piccola scrivevo “da grande voglio essere Jovanotti e cantare Serenata Rap”. È una questione di opportunità, di immaginazione, di divertimento. Se fossi stata bambina oggi magari avrei voluto essere Myss Keta.

“Sapevo che avresti condotto Sanremo”… Secondo me c’è perfino il rischio che tu un giorno finisca all’Ariston. Come dovrebbe essere il tuo Sanremo, alla Belén Rodriguez o alla Virginia Raffaele?

Amo il varietà, e Sanremo offre l’occasione di mettere in gioco più abilità. Quando la bellezza diventa un gioco e si contraddice, allora è fatta. Anna Marchesini è una che ci è riuscita davvero.

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