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Stress sul lavoro: datore nei guai, ti deve dare un maxi risarcimento se fa queste 3 cose

Stress sul lavoro: datore nei guai, ti deve dare un maxi risarcimento se fa queste 3 cosePotresti avere diritto a un maxi risarcimento - velvetmag.it

La recente ordinanza impone pertanto alle imprese un impegno massimo nella salvaguardia del benessere psico-fisico dei propri dipendenti.

La tutela della salute mentale e fisica sul luogo di lavoro assume una rilevanza ancora più stringente alla luce della recente ordinanza 26923 della Corte di Cassazione emessa il 7 ottobre 2025.

La Suprema Corte ha ribaltato un principio cardine nella responsabilità del datore di lavoro in caso di stress professionale con conseguenze letali, imponendo un onere probatorio invertito che responsabilizza in modo più marcato le aziende.

La responsabilità del datore di lavoro in caso di stress lavoro-correlato

La nuova sentenza stabilisce che qualora un dipendente subisca un danno grave alla salute a causa dello stress derivante dalle condizioni lavorative, non è più il lavoratore o i suoi eredi a dover dimostrare la colpa del datore, bensì l’azienda è chiamata a dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie a prevenire tali effetti nocivi.

Questo cambiamento rappresenta una svolta significativa nella giurisprudenza italiana, perché introduce la cosiddetta inversione dell’onere della prova: una volta accertato un nesso causale tra attività lavorativa e danno, spetta al datore di lavoro provare di aver garantito la sicurezza psico-fisica del proprio dipendente.

Il collegamento tra lavoro e danno non deve derivare da un singolo evento traumatico, ma può scaturire dall’insieme delle condizioni lavorative che creano uno stress cronico, definito dai giudici come “intero atteggiarsi del rapporto di lavoro”. La mancata dimostrazione da parte dell’azienda delle misure adottate per tutelare il dipendente comporta l’obbligo di risarcimento verso gli eredi della vittima.

Caso emblematico: il medico deceduto per infarto da stress lavorativo

La decisione della Corte di Cassazione trae origine da un caso emblematico che ha coinvolto la morte di un medico, stroncato da un infarto che i familiari hanno attribuito a turni massacranti e a un ambiente lavorativo estremamente stressante.

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Nel processo erano emerse prove documentate di ritmi di lavoro insostenibili e di una pressione continua che aveva progressivamente compromesso la salute del professionista, senza patologie pregresse che potessero giustificare l’evento.

Inizialmente, un tribunale territoriale aveva rigettato le richieste di risarcimento dei familiari, ritenendo non dimostrato il nesso tra lavoro e infarto. La Cassazione ha però censurato questa valutazione, evidenziando che i giudici di merito avevano trascurato elementi essenziali come l’assenza di malattie pregresse e la gravità delle condizioni lavorative.

Di conseguenza, la Suprema Corte ha ordinato di rivalutare il caso applicando correttamente l’inversione dell’onere della prova, focalizzandosi sulle responsabilità del datore di lavoro.

Risarcimento per danno morale e riconoscimento costituzionale del lavoro

La sentenza prosegue nel solco di una giurisprudenza che riconosce non solo il danno fisico ma anche quello morale derivante da condizioni lavorative stressanti. Un precedente importante risale al 24 agosto 2023, quando la Cassazione aveva accolto il risarcimento per un autista di autobus colpito da infarto dopo anni di turni pesanti e carichi eccessivi.

In quell’occasione, la Corte aveva riconosciuto come il danno morale – inteso come sofferenza interiore e turbamenti emotivi – sia una componente autonoma e meritevole di tutela separata.

Il lavoro viene così affermato come un diritto fondamentale, tutelato dalla Costituzione sotto molteplici aspetti: non solo come mezzo economico, ma anche come elemento imprescindibile della dignità personale e della realizzazione sociale dell’individuo. La perdita della capacità lavorativa per colpa del datore di lavoro non comporta solo un danno economico, ma anche la compromissione dell’identità e del ruolo sociale del lavoratore.

Di fatto, il datore di lavoro che ignora i rischi legati allo stress da lavoro rischia ora non solo sanzioni civili ma anche di dover corrispondere un maxi risarcimento ai familiari delle vittime.

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