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La riforma delle pensioni secondo Zangrillo: statali al lavoro fino a 70 anni

Ma su base volontaria. L'intento è di cercare un difficile equilibrio fra un welfare sempre più esiguo e la carenza di personale in molti settori

La riforma del sistema delle pensioni è sempre stato un tema caldo, specialmente in Italia, dove l’età pensionabile e le condizioni di lavoro rappresentano argomenti di dibattito politico e sociale. In questo contesto il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha proposto una misura destinata a suscitare grande attenzione: la possibilità per i dipendenti pubblici di continuare a lavorare fino ai 70 anni, ma su base volontaria.

Pensioni, serve un approccio graduale

Il cuore della proposta di Zangrillo sulle pensioni riguarda l’introduzione di un meccanismo che permetta ai dipendenti pubblici di prolungare la propria attività lavorativa oltre l’età tradizionale di pensionamento. L’idea centrale è che, anziché obbligare il personale a ritirarsi dal lavoro una volta raggiunta una certa età, essi possano optare per il proseguimento della carriera fino ai 70 anni, qualora le condizioni di salute e il desiderio personale lo consentano.

Paolo Zangrillo ministro PA
Il ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo. Foto Ansa/Matteo Bazzi

Zangrillo ha sottolineato che questa non è una misura obbligatoria, ma piuttosto una scelta volontaria riservata a coloro che si sentono ancora in grado di contribuire al proprio settore. L’obiettivo è quello di gestire il ricambio generazionale in maniera più flessibile, evitando da un lato la perdita di esperienza preziosa e, dall’altro, offrendo maggiore libertà a coloro che desiderano continuare a lavorare.

Le ragioni dietro la proposta

La proposta di Zangrillo si inserisce in un contesto in cui molti settori del pubblico impiego si trovano a fronteggiare carenze di personale, specialmente in ambiti chiave come la sanità, l’istruzione e la giustizia. La possibilità di mantenere in servizio dipendenti esperti e formati può offrire un importante contributo alla tenuta del sistema, soprattutto in un periodo di transizione.

Un ulteriore aspetto da considerare sul fronte pensioni è quello della longevità e del miglioramento delle condizioni di salute della popolazione. Con una speranza di vita in continua crescita, Zangrillo ritiene che mantenere attive persone in buona salute per un periodo più lungo possa non solo giovare alla loro qualità di vita, ma anche ridurre la pressione finanziaria sul sistema pensionistico.

Marina Calderone ministro del Lavoro
Il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Marina Calderone. Foto Ansa/Matteo Bazzi

Critiche e supporto alla proposta

Come tutte le misure che toccano il tema delle pensioni, anche la proposta di Zangrillo ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, alcuni vedono in questa opportunità una soluzione concreta per gestire la crisi del personale nel settore pubblico, valorizzando l’esperienza e offrendo una maggiore flessibilità. Dall’altro, i sindacati e alcuni esperti del lavoro temono che l’allungamento dell’età lavorativa possa avere effetti negativi su chi desidera andare in pensione prima, senza dover continuare a lavorare per necessità economiche o sociali.

Le preoccupazioni principali riguardano la sostenibilità fisica e psicologica del prolungamento del lavoro, specie in settori particolarmente stressanti come la sanità. Zangrillo ha risposto a queste critiche sottolineando che la misura è volontaria e non impone alcun obbligo. “Chi vorrà, potrà continuare a lavorare. Non si tratta di una forzatura, ma di un’opzione in più” ha dichiarato in una recente intervista.

Implicazioni economiche e sociali

L’introduzione di una tale misura potrebbe avere conseguenze significative sul piano economico e sociale. Dal punto di vista delle finanze pubbliche, il prolungamento della vita lavorativa potrebbe contribuire a ridurre il peso del sistema pensionistico, permettendo allo Stato di risparmiare risorse e ridurre il deficit.

Sul piano sociale, la possibilità di lavorare fino a 70 anni potrebbe favorire una maggiore integrazione tra le generazioni, con dipendenti più anziani che condividono il loro know-how con le nuove leve. Tuttavia, potrebbe anche aumentare il turnover e la concorrenza all’interno del settore pubblico, richiedendo un’attenta gestione dei processi di assunzione e formazione.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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