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Strage in Bangladesh: centinaia di vittime nelle proteste contro il Governo

I giovani chiedono la fine della corruzione e delle discriminazioni, le dimissioni della premier Hasina e nuove elezioni trasparenti

Si contano almeno 300 vittime nel corso delle proteste in Bangladesh in questi giorni secondo la Agence France Presse (AFP). Nel paese asiatico sono in corso da settimane massicce manifestazioni popolari contro il Governo e la protesta riprenderà il 5 agosto nella Capitale Dacca, presidiata da soldati e poliziotti che controllano le strade. L’accesso alle vie che portano all’ufficio del primo ministro donna, Sheikh Hasina, 76 anni, è regolato da blocchi stradali e barricate.

Si teme il peggio: anche questa volta, forse più delle precedenti, c’è il rischio di violenze e morti. La protesta è nata dalla rivolta degli studenti per le regole di assunzione nella Pubblica amministrazione. I giovani le considerano discriminatorie perché una quota del 30% dei posti va automaticamente ai familiari dei veterani di quella che fu guerra di liberazione del Paese, mezzo secolo fa.

Manifestanti in Bangladesh, protesta contro il Governo
Foto Ansa/Epa Alam Monirul

Bangladesh, le ragioni della protesta

Ma le radici dei sommovimenti popolari che stanno scuotendo il Bangladesh vanno in realtà ancora più a fondo. Sono diversi, infatti, fattori di malcontento. In primo luogo c’è un diffuso risentimento contro la corruzione dilagante negli apparati dello Stato e contro la mancanza di trasparenza allorché si svolgono le elezioni. La premier Sheikh Hasina è al potere ininterrottamente da 15 anni, dopo aver già governato nella seconda metà degli Anni Novanta, e l’opposizione non cessa di accusarla di brogli elettorali e abuso di potere.

Inoltre, le politiche economiche del Governo, considerate da molti come insufficienti per affrontare le disuguaglianze sociali ed economiche, hanno alimentato ulteriormente il risentimento generale. La disoccupazione giovanile, l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e la mancanza di opportunità di lavoro hanno spinto migliaia di persone a scendere in piazza.

Coprifuoco e stop a Internet

Le proteste, inizialmente pacifiche, hanno subito un’escalation di violenza a causa dell’intervento delle forze dell’ordine. La polizia ha utilizzato gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma per disperdere i manifestanti, mentre alcuni rapporti indicano anche l’uso di munizioni vere. Gli scontri più violenti si sono verificati nella capitale Dacca e nelle città di Comilla e Gazipur, dove i manifestanti hanno risposto lanciando pietre e incendiando veicoli.

Per cercare di contenere la situazione, il Governo ha dichiarato il coprifuoco in diverse città e ha ordinato l’interruzione della connessione a Internet. Questo provvedimento, volto a impedire l’organizzazione delle manifestazioni attraverso i social media, ha suscitato ulteriori critiche da parte degli attivisti per i diritti umani, che lo vedono come un tentativo di limitare la libertà di espressione e di informazione.

Bangladesh proteste contro il Governo
Studenti protestano in Bangladesh presso il Memorial Sculpture, campus dell’Università di Dacca, il 4 agosto 2024. Foto Ansa/Epa Monirul Alam

Le richieste dei manifestanti

Le violenze in Bangladesh hanno attirato l’attenzione della comunità internazionale. Numerosi Paesi e organizzazioni internazionali hanno espresso preoccupazione per l’escalation di violenza e hanno esortato il Governo a rispettare i diritti dei manifestanti. La ong Amnesty International ha denunciato l’uso eccessivo della forza da parte delle forze dell’ordine e ha chiesto un’indagine indipendente sugli episodi di violenza.

I manifestanti chiedono le dimissioni della premier Sheikh Hasina e la convocazione di nuove elezioni libere e trasparenti. Inoltre reclamano riforme economiche che possano migliorare le condizioni di vita della popolazione e ridurre le disuguaglianze. La rabbia della popolazione cresce anche a causa delle difficili condizioni economiche che il Bangladesh sta attraversando, con un’inflazione crescente e una crisi occupazionale che colpisce soprattutto i giovani.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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