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La famiglia Robertson: naufraghi in mezzo all’Oceano giurarono di non mangiarsi a vicenda

Per 38 giorni, nel 1972, sopravvissero in mezzo al Pacifico infestato dagli squali dopo aver fatto naufragio

Nel vasto e spesso spietato oceano, sopravvivere è un’impresa ardua. La famiglia Robertson è riuscita a farlo per 38 giorni, diventando un simbolo di resistenza e speranza. Questa è la loro straordinaria storia.

Il Naufragio dei Robertson

Il 15 giugno 1972, la famiglia Robertson – composta da Dougal, sua moglie Linda, e i loro figli Douglas, Sandy, Neil – si trovava a bordo della loro imbarcazione, la Lucette, in viaggio attraverso l’Oceano Pacifico. Durante una tranquilla giornata in mare, furono improvvisamente attaccati da un gruppo di orche. Gli animali colpirono la barca con una tale forza che in pochi minuti l’imbarcazione affondò, lasciando la famiglia alla deriva.

Famiglia Robertson naufraghi Oceano Pacifico
Foto X @coble_and_keel

La Lotta per la Sopravvivenza

Con poche risorse e senza mezzi di comunicazione, i Robertson dovettero adattarsi rapidamente alla nuova e terribile realtà. La loro zattera di salvataggio, soprannominata Edna Maree, e un piccolo gommone furono tutto ciò che li separava dalle acque infestate di squali. Senza scorte di cibo adeguate, iniziarono a pescare e a raccogliere acqua piovana per sopravvivere.

Il Giuramento dei Robertson

Una delle decisioni più straordinarie e terrificanti prese dalla famiglia fu un giuramento solenne: non si sarebbero mai mangiati a vicenda. Indipendentemente dalle circostanze. La famiglia, a cominciare dai genitori dei ragazzi, si rese conto che il rischio di morire in mezzo all’Oceano era molto alto. Questo patto non solo mantenne l’unità e la speranza tra di loro, ma fornì anche una chiara linea morale da non oltrepassare. Il giuramento rappresentava una sfida etica in un ambiente dove la lotta per la sopravvivenza poteva facilmente giustificare misure estreme.

La Speranza e la Salvezza

Mentre i giorni si trasformavano in settimane, la famiglia continuava a resistere. Douglas, uno dei figli, dimostrò notevoli capacità di leadership e ingegno. Inventò sistemi efficaci per raccogliere acqua e migliorare la pesca. Ogni nuovo giorno portava con sé nuove sfide, ma anche la speranza di essere salvati. Finalmente, dopo 38 giorni alla deriva, il 23 luglio 1972, furono avvistati e soccorsi da una nave giapponese. La loro incredibile odissea terminò con un salvataggio che sembrava quasi miracoloso.

Robertson famiglia naufraghi Oceano Pacifico
Foto X @anecdote_rapide

L’Eredità dei Robertson

La storia della famiglia Robertson non solo catturò l’immaginazione del pubblico dell’epoca, ma continua a essere un esempio di resilienza umana. Il loro racconto è stato immortalato in vari libri e documentari, dai quali è emerso il valore del coraggio, della speranza e dell’unità familiare nei momenti di crisi. Dougal Robertson, il capofamiglia, scrisse un libro intitolato Survive the Savage Sea (Sopravvivere al mare selvaggio) dove descrisse dettagliatamente l’esperienza vissuta. Il libro è diventato un classico della letteratura di sopravvivenza, ispirando molte generazioni a non arrendersi di fronte alle avversità.

La storia della famiglia Robertson è una testimonianza della straordinaria capacità dell’essere umano di adattarsi e superare le situazioni più difficili. Il loro giuramento di non mangiarsi a vicenda, anche nei momenti più disperati, rappresenta un esempio di integrità e speranza. La loro avventura continua a essere una fonte di ispirazione, ricordandoci che, nonostante le difficoltà, la forza della famiglia e la determinazione possono farci superare anche gli ostacoli più insormontabili.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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