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Verso le elezioni europee, la destra avanza in molti Paesi

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Le elezioni europee, i rapporti con il Quirinale, l’inchiesta di Perugia sul dossieraggio ai danni di vip ed esponenti politici, la lotta all’evasione fiscale. Giorgia Meloni, intervistata da Agorà su Raitre il 19 marzo affronta i temi caldi del momento. E comincia proprio dal voto di giugno, tracciando un bilancio di quanto fatto finora dal suo Governo che è in carica da un anno e mezzo. Alle elezioni europee, dice, “una vittoria sarebbe confermare il risultato che mi ha portato un anno fa al Governo. Non sarà facile ma è l’obiettivo al quale punto. Io rinuncerei alla guida della nazione quando mi rendessi conto che non ho più il consenso degli italiani. Non potrei più farlo se non avessi più la libertà di farlo, la libertà di incidere, non sto qua a sopravvivere”.

Sui rapporti con il capo dello Stato che nelle scorse settimane sono apparsi a molti in termini di uno scontro latente a causa della riforma del premierato, Meloni è netta. “I miei rapporti con il presidente Mattarella sono ottimi. Non fa mai mancare il suo sostegno non al Governo, ma alla Nazione. Il nostro è un rapporto che gestiamo direttamente e personalmente e quelli che brigano per rovinarlo resteranno delusi“.

Giorgia Meloni. Foto Ansa/Chigi/Filippo Attili

Elezioni, gli ultimi dati politici

La riforma del premierato, spiega Meloni, “entrerà in vigore in ogni caso nella prossima legislatura, prevedibilmente nel 2028“. Ovvero quando “non è scontato” che Giorgia Meloni sia a Palazzo Chigi e quando il secondo mandato al Quirinale di Sergio Mattarellasarà verso il termine“. “La riforma non riguarda né me, né Mattarella – dice la premier – non riguarda il presente, ma il futuro della nazione. Ed è su questo che gli italiani saranno chiamati a decidere“.

Ma se Giorgia Meloni punta a una sostanziale riconferma del risultato delle politiche del 25 settembre 2022, a che punto sono i partiti in vista delle elezioni europee di giugno? Continua l’avanzata dell’estrema destra in Europa, questo è certo. A livelli di singoli Stati membri dell’Unione, le ultime elezioni in Portogallo hanno segnato un clamoroso risultato per il partito Chega che il 10 marzo ha raccolto il 18%: pari a un +11% dal 2022, passando da 12 a 48 deputati in Parlamento.

Il presidente del partito di destra portoghese, Chega Andre Ventura. Foto Ansa/Epa/Miguel A. Lopes

La destra al 25-30%

L’exploit di Chega porta a una riflessione sul nuovo assetto politico che uscirà dalle Europee del prossimo giugno. Come documentato da SkyTg24, prendendo in considerazione le formazioni politiche che fanno parte delle grandi famiglie europee più a destra – ID (Identità e Democrazia) ed ECR (Partito dei Conservatori e Riformisti) – si notano alcuni Paesi in cui le forze di destra sono il primo partito. In alcuni casi già al Governo e in altri casi, a momento, solamente nei sondaggi. Si tratta di Italia, Austria, Belgio, Olanda, Francia. Situazione simile in Ungheria, dove però il partito Fidesz del premier Viktor Orban, politicamente amico di Giorgia Meloni, al momento non fa parte né dell’ID né dell’ECR.

Cosa succederebbe alle elezioni europee nei 4 principali e più popolosi paesi della Ue? In Italia e in Francia, emerge dai più recenti sondaggi, la rappresentanza delle forze politiche di destra che fanno parte dell’ID o dell’ECR è superiore al 30%. Da noi ci sono Lega e Fratelli d’Italia che portano la percentuale al 34%, in Francia c’è il Rassemblement National al 31%. In Germania l’AFD (Alternative für Deutschland) arriva al 19%. Fa un po’ eccezione la Spagna, con Vox al 10%. Questo va letto insieme al quadro che si è delineato anche altrove, come ad esempio in Portogallo e in Romania, dove i partiti di estrema destra hanno un peso a ridosso del 20-25%.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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