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Rafah, invasione di terra entro il 10 marzo: ultimatum di Israele ad Hamas

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Appare ormai segnato il destino di Rafah, la località del sud della Striscia di Gaza dove sono assiepati in condizioni quasi invivibili 1,4 milioni di palestinesi. Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra israeliano, ha fatto sapere che Israele lancerà l’offensiva a lungo minacciata nei primi giorni del mese prossimo, entro l’inizio del Ramadan.

A meno che Hamas non abbia nel frattempo liberato gli ostaggi israeliani che imprigiona da 4 mesi. Ossia da quel tragico 7 ottobre 2023, in cui i miliziani palestinesi hanno compiuto un massacro efferato uccidendo e torturando 1200 abitanti dei kibbutz. Benny Gantz, che è anche uno dei leader dell’opposizione al premier Benjamin Netanyahu, ha affermato: “Il mondo deve sapere, e i leader di Hamas devono sapere. Se entro il Ramadan i nostri ostaggi non saranno a casa, i combattimenti continueranno ovunque, compresa l’area di Rafah“. Le affermazioni di Gantz, capo di stato maggiore militare in pensione, sono state fatte nel corso di una conferenza di leader ebrei americani, a Gerusalemme, il 18 febbraio.

Campo profughi di Rafah. Foto Ansa/Epa Haitham Imad

Rafah, un Ramadan di sangue?

Il Ramadan, il mese sacro per i musulmani, dovrebbe cominciare il 10 marzo. Il Governo israeliano non aveva precedentemente specificato una scadenza per il previsto assalto a Rafah, dove ha cercato rifugio la maggior parte degli 1,7 milioni di palestinesi sfollati. Temendo il rischio di nuove immani stragi di civili, molti Governi stranieri, l’ONU e le organizzazioni umanitarie hanno esortato lo Stato di Israele a risparmiare l’ultima grande città della Striscia. Si tratta di un’area ancora non invasa dalle truppe di terra di Tel Aviv.

La guerra a Gaza, che dura dal 7 ottobre, ha già mietuto circa 30mila morti e decine di migliaia di feriti. Soprattutto donne e bambini innocenti. Una “carneficina, l’ha chiamata il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, suscitando l’ira di Israele. Ma nonostante la crescente pressione internazionale, compreso un appello diretto del presidente americano Joe Biden, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non cede. E insiste nel sostenere che la guerra finirà non prima di avere invaso anche Rafah. Il 18 ottobre, parlando alla stessa conferenza di Gerusalemme in cui ha parlato Gantz, Netanyahu ha rinnovato la sua promessa di “finire il lavoro per ottenere la vittoria totale” su Hamas. Con o senza un accordo sugli ostaggi.

Muro in costruzione ad Al Masoura, in Egitto, a 3 chilometri dal confine con la Striscia di Gaza. Il Cairo starebbe preparando l’area per confinare in un campo profughi i palestinesi in fuga da Rafah qualora Israele attaccasse. Foto Ansa/Epa

Negoziati in crisi

Il destino di Rafah è dunque appeso a un filo. Da settimane vanno avanti i colloqui per un nuovo cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, dopo quello verificatosi a fine novembre 2023. Per circa una settimana cessarono i combattimenti e avvenne uno scambio fra ostaggi israeliani liberati e prigionieri palestinesi restituiti alle loro famiglie. Adesso però la situazione è drammatica. Il mediatore chiave del Qatar ha riconosciuto che le prospettive di un’intesa si stanno attenuando.

Washington, il principale alleato e sostenitore militare di Israele, ha spinto per una tregua di 6 settimane in cambio del rilascio dei 130 ostaggi che secondo Israele sono ancora detenuti a Gaza. Compresi i cadaveri di circa 30 di loro che sarebbero morti. Israele ha affermato di ritenere che molti ostaggi, così come la leadership di Hamas, siano nascosti a Rafah. I miliziani hanno preso in ostaggio circa 250 persone durante gli attacchi del 7 ottobre che hanno scatenato la guerra, provocando la morte di circa 1.160 persone in Israele. Secondo il ministero della Sanità del territorio gestito da Hamas, la campagna di ritorsione di Israele ha ucciso almeno 28.858 persone, per lo più donne e bambini.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore. Segui Domenico su Facebook Segui Domenico su Linkedin

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