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Rafah, Israele è sul punto di attaccare. Si cerca una tregua in extremis

Nella cittadina meridionale della Striscia di Gaza sono accampati 1,4 milioni di palestinesi fuggiti dal nord

Non si arrestano i tentativi quasi disperati di negoziare una tregua in extremis per bloccare l’attacco imminente di Israele contro Rafah. Nella cittadina meridionale della Striscia di Gaza sono assiepati in condizioni disumane 1,4 milioni di profughi palestinesi. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dato ordine alle forze armate di assediare tutta l’area e il rischio concreto è quello di un’ecatombe. Una catastrofe ancor peggiore di quella che da 4 mesi già avviene ogni giorno nella Striscia.

Attualmente oltre la metà dell’intera popolazione della Striscia di Gaza è confinata all’estremo sud dell’enclave palestinese. I capi dei servizi segreti di Usa e Israele hanno discusso al Cairo, la capitale dell’Egitto, con il leader del Qatar e alti funzionari egiziani. Questi ultimi sono in contatto con i leader di Hamas. L’organizzazione terroristica dei miliziani palestinesi – autrice del pogrom di stampo nazista del 7 ottobre nei kibbutz israeliani – che ha dato il via alla guerra a Gaza ha dunque partecipato indirettamente. Finora, tuttavia, non si è trovato un accordo.

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Foto X @UNRWA

Rafah, un mese e mezzo di tregua?

Secondo il New York Times i negoziati fra le delegazioni andranno avanti per altri 3 giorni nel tentativo di giungere a una tregua a Rafah e in tutta la Striscia. Il portavoce del Consiglio di sicurezza degli Stati Uniti, John Kirby, si è detto ottimista sui negoziati. Stando a indiscrezioni, si parlava di una possibile tregua di almeno 6 settimane. Secondo una fonte americana citata dal New York Times, uno dei principali ostacoli sta nella difficoltà di stabilire un numero dei detenuti palestinesi da rilasciare a fronte della liberazione degli ostaggi israeliani che si trovano ancora a Gaza. Nella precedente tregua di fine novembre, furono 3 i palestinesi liberati dal carcere per ciascun israeliano di ritorno dalla Striscia.

Il 14 febbraio è in programma al Cairo un incontro fra il presidente dell’Egitto, Abdel Fattah al-Sisi, e il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan. A livello internazionale c’è un forte allarme per la prospettiva di un attacco israeliano su larga scala a Rafah. Dopo aver annunciato l’offensiva, il premier Benjamin Netanyahu ha fatto sapere di avere chiesto piani per evacuare i civili dalla città. Ma molti palestinesi e gruppi umanitari internazionali sostengono che nessun posto a Gaza è sicuro. E che allontanare le persone da Rafah – il principale punto di ingresso per gli aiuti internazionali – non può che peggiorare la situazione già catastrofica. Secondo il capo degli aiuti umanitari dell’ONU, Martin Griffiths, “le operazioni militari a Rafah rischiano di provocare un massacro e di dare il colpo di grazia agli aiuti umanitari“.

Usa e ltalia: “Israele fermati

Lo stesso presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è opposto al programma di attacco israeliano a Rafah senza che ci sia un piano credibile per la protezione dei civili. L’Egitto ha dal canto suo respinto l’ipotesi di accogliere i rifugiati che inevitabilmente cercherebbero di attraversare il confine nel Sinai. Questo, secondo quanto hanno riferito fonti egiziane, metterebbe a repentaglio il trattato di pace tra Israele ed Egitto firmato 45 anni fa. E considerato un’ancora di stabilità in tutto il Medio Oriente.

Un appello a Netanyahu affinché si fermi prima di invadere Rafah è giunto anche dall’Italia. “Noi siamo amici di Israele, sosteniamo con forza il diritto di Israele a difendersi, a non essere attaccato. Nessuno lo può cancellare dalla carta geografica” ha detto il ministro degli Esteri e vicepremier, Antonio Tajani, a Radio Rtl 102.5. “Il 7 ottobre c’è stata una caccia all’ebreo da parte di Hamas, non un attacco militare. Io ho visto filmati incredibili. Noi diciamo che la reazione deve essere proporzionata, diciamo ‘attenzione a non fare troppe vittime civili’. L’interesse generale è la de-escalation, bisogna sostenere il dialogo in Egitto per avere una sospensione dei combattimenti e liberare gli ostaggi“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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