L’enclave separatista del Nagorno-Karabakh, in territorio azero, non sarà più un’autoproclamata repubblica filo-armena dal prossimo anno. Dopo 3 decenni di gestione da parte delle forze separatiste, il presidente della regione – all’interno del territorio dell’Azerbaigian ma abitata quasi esclusivamente da armeni – Samvel Shahramanyan, ha firmato un decreto per lo scioglimento delle istituzioni locali.

Dunque la Repubblica di Artsakh – come si chiama il Nagorno-Karabakh, o Alto Karabakh, in armeno – cesserà di esistere a breve. L’Azerbaigian non riconosce la repubblica autoproclamata e fra Baku (capitale azera) e Stepanakert (capitale dell’Artsakh) ci sono state già due guerre. Per meglio dire: quasi tre.

Armeni del Nagorno Karabakh in un centro di registrazione vicino alla città di confine di Kornidzor, in Armenia. Foto Ansa/Epa Narek Aleksanyan

La scorsa settimana, infatti, le truppe dell’Azerbaigian hanno scatenato un’offensiva militare che provocato oltre 200 vittime in 24 ore, secondo l’Armenia. Dopo un cessate il fuoco che la Russia ha mediato fra le parti in conflitto, ora Baku sta prendendo progressivamente il controllo dell’intera regione del Nagorno-Karabakh.

I termini dell’accordo

Dall’inizio del prossimo anno tutte le istituzioni e organizzazioni statali del Nagorno-Karabakh si scioglieranno, si legge nel decreto del presidente filo-armeno. Il quale ha spiegato che si tratta di una decisione “sulla base della priorità di garantire la sicurezza fisica e gli interessi vitali del popolo del Karabakh“. Il tutto “tenendo conto dell’accordo raggiunto con la mediazione del comando del contingente russo di mantenimento della pace con i rappresentanti della Repubblica dell’Azerbaigian“.

Ovvero che “il passaggio libero, volontario e senza ostacoli dei residenti del NagornoKarabakh, compreso il personale militare che ha deposto le armi, è garantito lungo il corridoio Lachin“. Si tratta di un’autostrada che collega l’Armenia al Nagorno-Karabakh e che era stata bloccata dall’Azerbaigian, nel corso dell’assalto armato di una settimana fa. Nel decreto, già in vigore, si afferma inoltre che “la popolazione del Nagorno-Karabakh, compresa quella al di fuori dei suoi confini, dopo l’entrata in vigore del decreto dovrebbe familiarizzare con le condizioni di reintegrazione fornite dalla Repubblica dell’Azerbaigian, al fine di costituire una comunità indipendente e di decidere in autonomia se rimanere nella regione”.

Decine di migliaia di armeni fuggono dal Karabakh. Foto Twitter @MarianoGiustino

Karabakh, esodo di massa

A partire dalla scorsa settimana, quando Baku ha condotto un’offensiva lampo, sono oltre 65mila i rifugiati arrivati in Armenia dalla regione separatista. Si tratta di più della metà della popolazione del Nagorno-Karabakh. “L’analisi della situazione mostra che nei prossimi giorni non ci sarà più alcun armeno nel Nagorno-Karabakh. Questo è un atto di pulizia etnica” ha dichiarato il premier dell’Armenia, Nikol Pashinyan.

Domenica scorsa 24 settembre l’Azerbaigian ha aperto l’unica arteria stradale che collega l’enclave all’Armenia. E lo ha fatto 4 giorni dopo la capitolazione dei separatisti e un accordo di cessate il fuoco, più simile a una resa, che ha spinto migliaia di civili armeni a fuggire. Il 27 settembre, inoltre, Ruben Vardanyan, l’ex primo ministro dei separatisti del Karabakh, è stato arrestato con l’accusa di “terrorismo” dalle guardie di frontiera dell’Azerbaigian mentre cercava di raggiungere l’Armenia.

L’Azerbaigian vuole “giustizia

Nei giorni scorsi il presidente azero Ilham Aliyev aveva cercato di fugare i timori della comunità internazionale per una possibile pulizia etnica, promettendo un’integrazione pacifica della popolazione nell’Azerbaigian. Allo stesso tempo però Aliyev aveva annunciato che alcuni “elementi del regime criminale”, cioè del governo separatista del Karabakh, avrebbero dovuto affrontare “la giustizia“. Tra essi anche Ruben Vardanyan, miliardario russo-armeno fondatore nel 1991 di Troika Dialog, la prima società di intermediazione finanziaria della Russia post-sovietica e primo presidente della scuola di management Skolkovo di Mosca.

Il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev con la first lady, Mehriban Aliyeva. Foto Ansa/Epa

Emerge il ruolo della Turchia

L’Armenia ha accusato la Russia, che nel Nagorno-Karabakh ha una forza di circa 2mila peacekeepers, di non aver saputo impedire l’offensiva azera. Diversi osservatori ritengono che la guerra in Ucraina abbia ‘distratto’ Mosca da quanto sta avvenendo nel Caucaso, dove la Turchia, gli Stati Uniti e l’Iran si fronteggiano per cercare ciascuno di imporre la propria influenza. E Ankara, prima alleata dell’Azerbaigian, sembra al momento prevalere.