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Nagorno-Karabakh, la guerra del Caucaso: terrore e morte fra i civili armeni

Dal 20 settembre un fragile cessate il fuoco sembra aver fatto deporre le armi a tutti, dopo l'assalto dell'Azerbaigian

Mentre la guerra della Russia in Ucraina si avvicina al 18° mese di stragi e distruzioni, nel Nagorno-Karabakh – regione dell’Azerbaigian, nel Caucaso, abitata soprattutto da armeni – ci sono scontri e bombardamenti. Secondo le ultime informazioni, i separatisti avrebbero però deciso di deporre le armi, come richiesto dall’Azerbaigian, che in questi giorni ha scatenato una cosiddetta “operazione antiterrorismo” provocano decine di vittime.

Lo riferisce l’agenzia russa Interfax, aggiungendo che giovedì 21 settembre cominceranno i negoziati con Baku (la capitale azera). Durante l’operazione militare delle forze armate azere nella regione contesa con l’Armenia (il Nagorno-Karabakh) sono rimaste uccise almeno 32 persone: 7 sono civili, 2 dei quali sono bambini. Il bilancio è delle autorità armene. I feriti sarebbero oltre 200 feriti.

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Nagorno-Karabakh, una mamma e una bambina in un rifugio a seguito dell’attacco militare dell’esercito azero. Foto Twitter @SiranushSargsy1

Nagorno, la mediazione russa

Al termine dell’udienza generale, mercoledì 20 settembre, Papa Francesco ha lanciato un appello per la pacea tutte le parti in causa e alla comunità internazionale, affinché tacciano le armi e si compia ogni sforzo per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone e il rispetto della dignità umana“.

La stessa cosa ha fatto il Segretario Genereale dell’ONU, Antonio Guterres, che ha chiesto la “fine immediata dei combattimenti, la riduzione dell’escalation e un più rigoroso rispetto del cessate il fuoco del 2020. Così come dei principi del diritto internazionale umanitario” ha affermato in una nota il portavoce Stéphane Dujarric.

Appelli che sono giunti nel giorno in cui le autorità separatiste filo-armene del Nagorno-Karabakh hanno dichiarato che il cessate il fuoco è stato deciso sulla base delle proposte dei peacekeeper russi. Le ostilità sono cessate alle 13 ora locale (le 11 ora italiana). Il Governo dell’Azerbaigian ha confermato la cessazione delle ostilità all’agenzia di stampa russa Ria Novosti.

Sull’orlo di una terza guerra

Nel corso degli anni precedenti ci sono state già due guerre fra Azerbaigian e Armenia per rivendicare il territorio del Nagorno-Karabakh. E martedì 19 settembre l’Azerbaigian ha lanciato una “operazione antiterrorismo sulla città di Stepanakert con il dichiarato obiettivo di “ripristinare l’ordine costituzionale“. Una formula che sembra sottendere il recupero dell’intero controllo della regione caucasica. Le Nazioni Unite riconoscono come territorio azero il Nagorno-Karabakh che è tuttavia abitato essenzialmente da armeni.

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Il Nagorno-Karabakh, regione azera ma con abitanti armeni, nel Caucaso meridionale. Foto Twitter @atlanteguerre

L’amministrazione della capitale, Stepanakert, aveva invitato i suoi residenti a rimanere nei rifugi e a non fuggire. Uomini e donne, anziani, intere famiglie con ragazzi e bambini piccoli hanno passato notte e giorno nei rifugi fino alla proclamazione del cessate il fuco il 20 settembre. Le forze russe, intanto, avevano evacuato più di 2mila civili dal Nagorno-Karabakh. Il ministero della Difesa russo ha riferito che tutti gli evacuati sono stati trasferiti in alloggi temporanei. Inoltre, i medici specialisti russi hanno fornito assistenza ai feriti.

Le attività antiterroristiche condotte dalle forze armate della Repubblica dell’Azerbaigian nella regione economica del Karabakh continuano con successo” annunciava trionfalisticamente un comunicato dell’Azerbaigian, prima del cessate il fuoco. “Le unità dell’esercito hanno neutralizzato posizioni di combattimento, veicoli militari, lanciatori di artiglieria e di missili antiaerei, stazioni radio e altri mezzi militari appartenenti a formazioni delle forze armate armene“. Il 19 settembre, in una telefonata con il segretario di Stato americano, Antony Blinken, il presidente azero, Ilham Aliyev, aveva fatto sapere che l’offensiva dell’Azerbaigian sarebbe cessata se i separatisti armeni avessero “deposto le armi“. La tregua adesso sembra esserci ma potrebbe essere fragile.

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Un palazzo semi-distrutto dagli attacchi azeri nel Nagorno-Karabakh. Foto Twitter @SiranushSargsy1

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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