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Il dopo Prigozhin in Russia, Putin è più forte o più debole?

Nell'incidente sono periti anche il numero 2 e il numero 3 del gruppo Wagner: l'organizzazione è decapitata ma i cospiratori non resteranno a guardare

Il capo del Cremlino, Vladimir Putin, ha espresso parole di cordoglio per la morte del capo dei mercenari Wagner, e suo storico ‘ex cuoco’, Yevgeny Prigozhin. “Un uomo di talento che ha commesso gravi errori” lo ha definito. Sono in molti, in Europa, negli Usa, e probabilmente nella Russia stessa, a pensare che sia stato proprio Putin il mandante dello ‘strano’ incidente aereo in cui ha perso la vita Prigozhin il 23 agosto.     

Prove naturalmente non ce ne sono e forse non ce ne saranno mai. Ma è difficile dissipare il sospetto, anche perché la dinamica dell’incidente, come sin qui ricostruita grazie alle immagini che circolano sui social media, fa pensare a un gesto intenzionale. Ovvero ad almeno due colpi, molto precisi, della contraerea, che hanno centrato il velivolo a bordo del quale c’era Prigozhin. Sarebbe dunque perito in un attentato ordito dal Cremlino. Un agguato ben visibile a tutti, affinché chi deve capire capisca.

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Da sin., fiori per Prigozhin a San Pietroburgo; Vladimir Putin. Foto Ansa/Epa VelvetMag

Putin e i cospiratori russi

Il messaggio che i vertici della Russia sembrano aver mandato risulterebbe molto chiaro: ‘attenti perché chi si ribella come Prigozhin finirà male‘. Si tratta naturalmente di ipotesi, tuttavia diversi analisti sostengono che Putin adesso non sia necessariamente più forte di prima. In Russia da tempo i gruppi ultranazionalisti e patriottici contestano la conduzione della guerra in Ucraina, che giudicano sbagliata, piena di errori. La guerra non sta andando bene dal punto di vista di Mosca. Prigozhin aveva contestato duramente questo aspetto. Adesso, se davvero Putin lo ha fatto eliminare per mandare un messaggio agli altri oppositori interni, si evidenzia proprio questo. Ossia che lo ‘zar’ ha in Russia i suoi nemici, cospiratori che non resteranno a guardare.

Wagner senza Prigozhin

Ma cosa accadrà adesso del gruppo Wagner, ossia l’esercito privato più grande del mondo? Secondo l’americano Institute of war (Isw), “il Gruppo Wagner probabilmente non esisterà più come struttura militare parallela quasi indipendente“. Le cose cambieranno radicalmente dopo “l’assassinio quasi certo da parte del presidente russo Vladimir Putin del finanziatore di Wagner, Yevgeny Prigozhin, del fondatore, Dmitry Utkin, e del capo della logistica e della sicurezza, Valery Chekalov“.

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Lunga coda davanti alla sede del gruppo Wagner a San Pietroburgo. Foto Ansa/Epa Anton Matrosov

A questo punto Wagner è decapitata. “La morte della leadership centrale di Wagner ne compromette la capacità di invertire gli effetti della campagna del Cremlino e del ministero della Difesa russo” sottolinea l’Isw. Una campagna “per indebolire, contenere e distruggere l’organizzazione di Prigozhin in seguito alla ribellione armata del 24 giugno“.

Combattenti in fuga?

Il ministero della Difesa russo ha istituito società militari private (Pmc) che hanno reclutato personale attuale ed ex di Wagner per assumere il controllo delle operazioni di Wagner all’estero” sottolinea ancora il think tank. “Fonti russe hanno affermato che il Cremlino si è rifiutato di pagare il Governo bielorusso per il dispiegamento di Wagner in Bielorussia. E che i problemi finanziari stavano già portando a una riduzione dei pagamenti che stava causando le dimissioni dei combattenti di Wagner“.

L’Isw osserva poi che “le immagini satellitari dell’1 e del 23 agosto mostrano che Wagner aveva smantellato quasi un terzo delle tende del suo campo di Tsel, Asipovichy, in Bielorussia, nel mese precedente. Ciò suggerisce che lo sforzo per indebolire Wagner potrebbe aver portato a una notevole fuga del personale del gruppo dal contingente in Bielorussia“.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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