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Spagna: la destra non sfonda. Tracollo di Vox, il partito appoggiato da Meloni

La formazione di Santiago Abascal dimezza i seggi, cannibalizzata dal Pp che vince ma non ha i numeri per governare. Possibili nuove elezioni a dicembre

Il Partito Popolare vince le elezioni del 23 luglio in Spagna portando a casa 136 seggi. I socialisti del premier uscente Pedro Sanchez tengono botta e raggiungono quota 122 ottenendo 2 seggi in più del 2019.

La destra nazionalista di Vox, per la quale più volte Giorgia Meloni ha fatto comizi in questi anni, ottiene solo 33 seggi contro i 51 di prima, risucchiata dal Pp. Insieme il Centrodestra ne ha 169, ovvero 7 in meno rispetto alla maggioranza assoluta in Parlamento. Sumar, la formazione di sinistra della ministra del Lavoro, Yolanda Díaz, sarebbe a quota 31. Insieme al Psoe il blocco progressista avrebbe 153 seggi, e potrebbe giocare la carta di un accordo con i partiti catalani e baschi.

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Giorgia Meloni in videoconferenza a un comizio di Vox in Spagna il 13 luglio 2023. Foto Ansa/Epa Biel Alino

Il Partito Popolare in mezzo al guado

La vittoria del Partito Popolare dimostra come la principale forza di Centrodestra sia ritornata a essere prima in Spagna dopo un decennio di crisi. Ma lo ha fatto a spese del possibile alleato Vox, che quasi dimezza i suoi seggi. Mentre i socialisti di Pedro Sanchez tengono oltre ogni previsione e anzi guadagnano qualcosa. Un’operazione di cannibalizzazione ai danni di Santiago Abascal, quella del Pp. È infatti Vox il vero grande sconfitto di questo voto.

E ora Alberto Núñez Feijóo, il capo dei popolari, che già si vedeva premier ha un futuro incerto. I numeri gli danno torto: il blocco delle destre si ferma a quota 169 seggi (136 il Pp, 33 Vox), lontana dai 176 seggi necessari per la maggioranza assoluta. L’ex governatore galiziano chiedeva di averla da solo, alla fine non l’ha nemmeno sfiorata anche sommando i voti di Vox. “Come candidato del partito più votato, credo che il mio dovere sia aprire il dialogo, guidare questo dialogo e cercare di governare il nostro Paese“, ha arringato i sostenitori delusi.

Sanchez premier della Spagna?

Ma per lui la strada è in salita. “Grazie a tutta la Spagna perché abbiamo dimostrato di essere una democrazia forte e pulita” è invece la dichiarazione del socialista Pedro Sanchez. Era stato lui, lo scorso maggio, a rassegnare a sorpresa le dimissioni da premier perché si potessero indire nuove elezioni a luglio. Un colpo a sorpresa che aveva l’obiettivo di arginare una possibile sconfitta del Centrosinistra dopo le disastrose amministrative. Una tattica che ha funzionato e che adesso potrebbe riportare lo stesso Sanchez alla Moncloa, sebbene non sia facile.

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Pedro Sanchez, premier uscente della Spagna, potrebbe rimanere alla Moncloa. Foto Ansa/Epa Kiko Huesca

Il disastro di Vox

Il crollo del partito sovranista Vox è il dato più rilevante di questa tornata elettorale. Passare in 5 anni da 51 a 33 seggi malgrado l’appoggio di tanti premier europei – non solo Giorgia Meloni ma anche quello polacco Mateusz Morawiecki  e l’ungherese Viktor Orban – indica una grave battuta d’arresto.

Vox puntava a ripetere in Spagna i successi raggiunti dai partiti fratelli in Italia, Finlandia, Svezia, Polonia e Repubblica Ceca. “Durante tutta la campagna elettorale siamo stati avvisati di sondaggi chiaramente manipolati che hanno avuto una chiara conseguenza: la smobilitazione” ha detto il leader di Vox, Santiago Abascal, che non si è assunto responsabilità, scaricate sulla stampa.

La situazione politica in Spagna il giorno dopo le elezioni è caotica. È possibile che il paese torni al voto a dicembre. Il partito radicale catalano, Junts, con i suoi 7 seggi potrebbe avere in mano i destini di un possibile nuovo governo a guida socialista. La formazione guidata da Carles Puigdemont ha comunque già avvertito Sanchez che non lo “renderà premier in cambio di nulla.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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