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Elezioni in Spagna, perché sono così importanti

Oggi 23 luglio al voto 37 milioni di iberici. Popolari favoriti, così come l'estrema destra di Vox. La sinistra sembra destinata a una sconfitta storica

In Spagna sono oltre 37 milioni i cittadini chiamati a esprimere il proprio voto alle elezioni politiche de 23 luglio. In ballo c’è la composizione delle Cortes Generales e i nomi di 350 deputati e di 208 senatori. I riflessi del voto in Spagna potranno avere conseguenze sugli equilibri politici di tutta l’Unione europea.

Tra gli elettori, sono più di 1,6 milioni i giovani che hanno la possibilità di mettere per la prima volta la croce sulla scheda. Il loro voto potrà rappresentare un peso non indifferente sull’ago della bilancia del futuro Governo della Spagna.

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Da sin., Pedro Sanchez, Yolanda Diaz, Alberto Núñez Feijóo. Santiago Abascal. Foto Twitter @RepublicanoCh

Spagna, elezioni in estate

Ma c’è un fatto mai accaduto prima: l’apertura delle urne in piena estate. Un po’ come in Italia dove, per la prima volta lo scorso 25 settembre, si sono tenute elezioni politiche generali in autunno invece che in primavera. I seggi si aprono dunque in Spagna con 5 mesi di anticipo rispetto alla previsione di dicembre. E questo a causa del risultato delle elezioni regionali e comunali dello scorso maggio. In quell’occasione Il Partito Popolare di Centrodestra ha sorpassato i socialisti di Pedro Sanchez al Governo. Il premier, che dal primo luglio ha anche assunto la presidenza di turno dell’Unione europea, in base al calendario della rotazione fra i paesi membri, aveva annunciato elezioni anticipate. Con l’obiettivo di evitare un logoramento fino a dicembre della sinistra spagnola, uscita molto ammaccata dalle amministrative.

Il prossimo probabile premier

I seggi, aperti alle 9 del mattino, hanno chiuso alle 20 di domenica 23 luglio. Oltre al voto in presenza, gli elettori hanno potuto optare per quello per posta. Secondo i dati delle Poste spagnole, oltre 2,6 milioni di cittadini hanno chiesto di votare per corrispondenza: una cifra da record. In cima alle preferenze degli elettori, secondo i sondaggi, c’è Alberto Núñez Feijóo, del Partito Popolare che, però, nonostante la vittoria nelle amministrative, non gode della maggioranza assoluta al Congresso dei deputati. Maggioranza che i popolari potrebbero raggiungere sommando i propri voti con quelli dell’ultradestra guidata da Santiago Abascal, a capo di Vox, la formazione cara alla premier italiana Giorgia Meloni.

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Alberto Núñez Feijóo, capo del Partito Popolare e possibile nuovo premier in Spagna. Foto Twitter @NunezFeijoo

Cosa faranno i popolari se vincono

Alla guida del Partito Popolare (Pp) da un anno, Alberto Núñez Feijóo, 61 anni, è riuscito a ricostruire i ranghi del Centrodestra dopo una gravissima crisi politica interna. Per 13 anni presidente della sua regione, la Galizia, in caso di successo alle elezioni abrogherà molte leggi. A partire dall’indulto per i leader catalani pro-indipendenza condannati per tentata secessione nel 2017. Ma anche gli dagli accordi con il partito basco Bildu. Núñez Feijóo ha appoggiato le alleanze del suo partito per governare con l’estrema destra di Vox in diverse regioni e comuni, dopo le elezioni comunali di maggio. Le posizioni estreme di questo alleato lo mettono a disagio. Ma fino a un certo punto.

I socialisti tentano il tutto per tutto

Il Partito socialista di Pedro Sanchez è alle corde. Con l’appoggio della piattaforma progressista Sumar, guidata dalla ministra del Lavoro, la battagliera Yolanda Diaz, ha cercato fino all’ultimo una rimonta. La coalizione progressista è riuscita a unire 16 formazioni di sinistra e la scelta di Sanchez di convocare elezioni anticipate è apparsa coraggiosa e astuta. Ed è arrivata nel mese del gay pride, ossia in un momento che ha reso ancora più evidenti le posizioni della destra nazionalista ostili alla comunità Lgbt.

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Il leader di Vox in Spagna, Santiago Abascal, 47 anni. Foto Twitter @nenedenadie

La Spagna di Vox guarda a Orban

Ma la vera sorpresa delle elezioni in Spagna sarà Vox. Il leader dell’estrema destra, Santiago Abascal, fino a pochi anni fa politicamente irrilevante, punta a essere indispensabile per formare un governo. Quarantasette anni, Abascal è un ex militante del Partito Popolare e ha ridato vita a un’estrema destra marginale dopo la fine della dittatura di Franco nel 1975.

Ha predicato l’antagonismo frontale al separatismo catalano, particolarmente gradito dall’elettorato dopo il fallito tentativo di secessione della Catalogna nel 2017. Nato come scissione dal Pp nel 2013, Vox è diventato nel 2019 la terza forza politica del Congresso. Oltre a difendere a oltranza l’unità della Spagna, il suo programma nega l’esistenza della violenza di genere, critica il “fanatismo climatico” ed è apertamente contro la comunità Lgbt e contro l’aborto. Le sue posizioni ultranazionaliste e ultraconservatrici lo avvicinano all’alleato ungherese Viktor Orban.

Domenico Coviello

Attualità, Politica ed Esteri

Professionista dal 2002 è Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze. Come giornalista è “nato” a fine anni ’90 nella redazione web de La Nazione, Il Giorno e Il Resto del Carlino, guidata da Marco Pratellesi. A Milano ha lavorato due anni all’incubatore del Grupp Cir - De Benedetti all’epoca della new economy. Poi per dieci anni di nuovo a Firenze a City, la free press cartacea del Gruppo Rizzoli. Un passaggio alla Gazzetta dello Sport a Roma, e al desk del Corriere Fiorentino, il dorso toscano del Corriere della Sera, poi di nuovo sul sito di web news FirenzePost. Ha collaborato a Vanity Fair. Infine la scelta di rimettersi a studiare e aggiornarsi grazie al Master in Digital Journalism del Clas, il Centro Alti Studi della Pontificia Università Lateranense di Roma. Ha scritto La Storia di Asti e la Storia di Pisa per Typimedia Editore.

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